Queste settimane di apparente “blocco” del taccuino sono servite a mettere insieme i pensieri, a settare l’anno scolastico del docente e a progettare nuove idee sopratutto guardando al prossimo lavoro editoriale nel medio e lungo periodo. Ciò detto, mentre provavo a ricomporre i cocci impazziti delle mie perplessità intorno alle cose italiane, mi è giunto l’ultimo schiaffo morale con lo sguardo di Venezia, sommersa dall’ingratitudine di un sistema paese malato, incancrenito, irriformabile e quindi sconfortante.
Anzitutto un’immagine paradossale: Venezia è talmente bella da essere clonata – con tutto il suo Kitsch – in orribili hotel a Las Vegas, Macau per quel turismo finto e tarocco che ci strappa una risata. Se si va in corea del sud o a Disneyland ci si può imbattere in copie terrificanti della torre e del palazzo dei Dogi la cui tristezza è infinita vista con gli occhi di chi italiano lo è per davvero e magari ha potuto godersi la Serenissima solcando le sua calle. E invece rischiamo di perderla per la mediocrità di chi ci governa da decenni, di chi ha pensato di svendere la bellezza del paese e le sue competenze ingegneristiche, esportate in tutto il mondo ma non valorizzate in patria.
Per questo si piange di rabbia nel vedere l’orrore e la miseria desolante di un malgoverno arcobaleno (non si salva nessun colore e nessun partito) che continua a dissipare lo scrigno dei tesori. Un depositum pulchritudinis condensato e concentrato – per un irripetibile regalo della storia – nel nostro paese al quale dobbiamo rispetto e attenzione per noi e per il futuro. Una bellezza che con Venezia si eleva a paradigma di armonia tra terra e acqua, un equilibrio secolare, un sodalizio fragile e inestimabile di natura e arte, di oro bizantino basilicale e le sinuosità delle curve delle logge. Una città che è invidia per gli altri ma scontata per noi, il che è un peccato contro la riconoscenza.
Tutto questo è insopportabile, inaccettabile: nel fiume (spesso a vanvera) di parole di queste ore, lo sgomento che mi lascia l’inchiesta di Piazzapulita (la7) per cui le due dighe di Rotterdam e alla bocca del Tamigi azionate da asciutto hanno meno criticità di un Mose mai finito ma che – in itinere- ha un sistema di protezione a paratie sul bagnato e già colme di ruggine ancora prima del loro funzionamento a regime. Pazzesco. La vicenda di Venezia è in home page su tutti i siti del mondo poiché per il resto del mondo siamo un paese ingrato rispetto ai doni ricevuti, un paese autolesionista, con una politica tripartisan totalmente immeritevole della nazione nelle loro mani. Dagli Stati Uniti alle Isole Fijii non importa una beatissima cippa dello shock proposto da Renzi , delle ambizioni di Di Maio o dei drink di Salvini. Se ipoteticamente il resto del mondo ci dovesse togliere – per omessa vigilanza e disattenzione dolosa – la custodia del nostro patrimonio ambientale, naturalistico e artistico, non avrebbe tutti i torti a farlo se si continua così.
Salviamo Venezia, Salviamo l’Italia e sopratutto salviamola da chi non gliene frega nulla.