E(li's)booksVoci da Uber. Confessioni a motore di Maria Anna Mariani – Recensione

Oggi voglio consigliare un libro assai particolare: Voci da Uber. Confessioni a motore. Mi sono interessata in prima persona di sarin economy qualche anno fa quindi sono molto sensibile a certi tem...

Oggi voglio consigliare un libro assai particolare: Voci da Uber. Confessioni a motore. Mi sono interessata in prima persona di sarin economy qualche anno fa quindi sono molto sensibile a certi temi e soprattutto curiosa dei mutamenti sociali che la cosiddetta “on-demand economy” sta introducendo nelle nostre abitudini e nel lavoro, preciso che economia on demand significa che “svolge una attività economica creata nei mercati digitali ed è capace di soddisfare la domanda del consumatore attraverso l’accesso immediato a prodotti e servizi” (theondemandeconomy.org fonte ).

Il libro

Nata nel 2009 nella baia di San Francisco, Uber è tra le aziende che meglio hanno incarnato l’economia degli anni Dieci di questo XXI secolo. Leggera, multiforme, tentacolare, vicina, ha presto superato oceani e continenti per imporsi su scala globale nelle abitudini di decine di milioni di persone in cerca di un mezzo veloce ed economico per spostarsi da A a B. Ma Uber non è solo una multinazionale di successo installata negli smartphone o un servizio di taxi alternativo: è un universo polverizzato in migliaia di meteoriti in movimento, a bordo dei quali s’innesca una reazione chimica sempre diversa tra autista e passeggero. Le macchine esibiscono sui cruscotti tracce delle biografie più disparate – di chi ha cominciato a fare quel lavoro per gioco, per necessità, per trovare un diversivo o per imboccare una via di fuga – e al di qua dei finestrini vanno a comporsi imprevedibili diorami umani: incontri ravvicinati tra sconosciuti da cui trapelano storie, verità, imposture.

QuesteVoci da Uber– frutto di un esperimento condotto in prima persona da Maria Anna Mariani a Chicago, dove vive – ci lasciano origliare le imponderabili confessioni che circolano da una parte all’altra dei sedili mentre la strada scorre; e intanto, tracciando di volta in volta un piccolo segmento di una mappa sconfinata, rilevano anche i contorni porosi e spesso sorprendenti della nostra vita insieme.

La mia lettura

Ho letto con sincero interesse Voci da Uber. Confessioni a motore di Maria Anna Mariani, expat italiana a Chicago che ha scritto una sorta di diario dei sui viaggi sulle macchine Uber partendo dal test di valutazione attraverso cui gli autisti vengono giudicati dai clienti. Il feedback finale è totalmente anonimo.

Le domande riguardano sia le capacità relazionali sia quelle di guida, la puntualità, il decoro dell’auto.

Ogni racconto ha un titolo che riassume l’esperienza fatta con l’autista, tutti cominciano con i dati del percorso, la durata, il tipo di auto, le condizioni del traffico e il punteggio finale.

Questo è il primo:

Maledetta memoria: David

Tragitto: Università di Chicago – Ukrainian Village

Durata: 35 minuti

Traffico: accondiscendente

Macchina: Nissan Sintra bianca

Media delle valutazioni: 4.72

Il linguaggio è svelto:

Lo seguo ansiosa mentre arranca, isolato dopo isolato, sul rettangolo del cellulare: i tre minuti promessi dall’applicazione si sfilacciano in cinque, sei, non so nemmeno più quanti, ma finalmente adesso arriva, arriva. Maria? domanda lui, David? Rispondo io, ed ecco qui: basta incrociarci i nomi per suggellare il patto di Uber, per dare inizio a questo viaggio. Comincia sempre cosi un tragitto con Uber: lo sguardo millimetra il percorso dell’auto che ti e stata assegnata, ne segue le giravolte, gli arresti al semaforo, le soste che si dilatano misteriose su segmenti di strada all’apparenza liquida e cosi ti inducono in tentazione: vorresti cancellare la corsa, troppo snervante l’attesa – ma quei cinque dollari di penale rabboniscono l’indice insofferente, e allora continui ad aspettare, a incoraggiare sbattendo le ciglia quella macchinina che striscia sul nastro grigio, a incitarla col pensiero, dai dai arriva, fino a che non e li, davanti a te: ora sei tu che devi far scattare il riconoscimento e autorizzare l’incontro, ovvero il tragitto.”

il primo “plot point” è l’inizio della conversazione tra l’autrice e l’autista:

“chiedo a David perché ha scelto di fare questo lavoro. Scopro che è cosi che si paga i corsi di macroeconomia, perché le tasse universitarie scorticano; ma lo fa volentieri, mi assicura, guidare Uber gli piace: esplora tutta la città e poi è contento di assistere alle metamorfosi del cielo, accorgersi di come la luce trascolora assieme al

tempo che scorre, mentre in ufficio non vedi niente, il giorno ti è precluso, ci sono solo le nove di mattina e le sei del pomeriggio.”

Il seguito è la descrizione del tragitto, per cui possono esserci riferimenti al luogo dove l’autrice si sta dirigendo, cosa stimolante perché il lettore può facilmente trasformare i percorsi in una piccola e singolare guida turistica di Chicago ma emergono anche informazioni personali sull’autrice il che trasforma la narrazione in qualcosa di intimo.

Io non sapevo, per esempio, che la piazza in cui più di un secolo fa è nato il primo maggio, Haymarket Square, si trova a Chicago:

“Gli operai della fabbrica McCormick erano in sciopero, sfiancati dal peso delle mietitrebbiatrici e dalla giornata lavorativa di dodici ore. La polizia fu chiamata a reprimerli: ne uccise due. Allora gli anarchici si mobilitarono a sostegno degli operai e organizzarono un presidio a Haymarket Square. Volo una bomba. Poliziotti morirono, operai morirono, anarchici morirono. Quanti fossero nessuno lo sa. E comunque negli

Stati Uniti il Primo maggio non si festeggia.”

Quando andrò a Chicago di certo farò un salto anche nel quartiere messicano, il Pilsen che l’autrice presenta così:

“Vuoi andare a Pilsen, vuoi andarci subito perché se vivi a Chicago e quel quartiere lì la scorciatoia

per il Messico […]un’enclave, piccolo-media ma pur sempre sgargiante, che ammicca all’outsider lasciandosi consumare come spettacolo gastronomico.”

Le motivazioni che spingono queste persone a lavorare con Uber sono di diverso tipo e, scontato dirlo, molte di loro sono stranieri.

A questo punto voglio fare qualche riflessione personale su Uber perché questo servizio così innovativo e utile (io l’ho adoperato negli Stati Uniti ma mai in Italia) sottende un’antropologia e una organizzazione del lavoro con dinamiche volte a generare un cambiamento storico.

Se volessimo inquadrare Uber negli stretti schemi dell’economia tradizionale, vedremmo che l’imprenditore ha a disposizione una forza lavoro infinita (è sufficiente avere la patente e una macchina per lavorare con Uber) e il valore della sua impresa è destinato a crescere man mano che questa forza lavoro aderisce all’organizzazione allargando l’area “servita” dalle macchine senza che l’impresa debba investire negli “strumenti di lavoro”.

Ma come fa Uber a obbligare gli autisti a lavorare di più? Ebbene ho letto tempo fa un articolo in cui si diceva che Uber comunica con la propria “forza lavoro” seguendo una logica tipica dei video games (piccola curiosità … gli autisti che sono per la maggior parte uomini vengono contattati quasi sempre da donne dell’azienda perchè sembra riescano ad avere più appeal e viene concessa maggiore fiducia).

I vari David, Chris, Leslie, Antonio, John di cui parla Maria Anna Mariani, ricevono messaggi di natura “premiale” del tipo: “sei quasi a metà percorso! Complimenti”, “ti mancano solo 10 dollari di incasso per arrivare al tuo premio di 300 dollari sei sicuro di voler smettere oggi di lavorare?” E come se non bastasse l’autista, quando si disconnette dal sistema di geolocalizzazione perché vuole smettere ed andare a casa, riceve un messaggio del tipo: “ Sei sicuro di voler uscire dal programma?”, Insomma non può sconnettersi e basta, deve confermare di volerlo fare … è una dinamica molto simile a quello che viene oramai classificato dagli antropologi come “ludic-loop”.

Curioso esperimento quello di Maria Anna Mariani, mi è piaciuto il suo modo di scrivere e trovo che molte storie potrebbero essere l’incipit di un bel racconto perché la realtà si sa, può superare di gran lunga la fantasia.

Voci da Uber. Confessioni a motore di Maria Anna Mariani –

Pg 160 € 15,00 (sul sito dell’editore € 12,75)

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