Il libro
“Il Veneto, con la sua identità ambigua e sfuggente, oscilla fra l’autosufficienza quasi separatistica e la volontà di proiettarsi nel mondo, ma solo interpretando la sua Serenissima capitale si può intravederne il ruolo attuale e un futuro. Scrisse all’editore il suo indimenticabile maestro Cesare De Michelis: “raccolgo (per te) una serie di testi sulle Venezie scritti negli anni scorsi e ora appena rivisti, perché mi pare aiutino ad avvicinarsi a un territorio cangiante, del quale cercano di fissare qualche immagine meno effimera“.
La mia lettura
Quante Venezie, pubblicato postumo da Italo Svevo edizioni, è un piccolo saggio di Cesare De Michelis, il “Signore dell’editoria” non solo veneta ma italiana, instancabile intellettuale dalle mille risorse, insignito dell’onorificenza di cavaliere del Lavoro che parlando della sua vita disse:
“Far libri, stamparli, leggerli, scriverli, raccoglierli, venderli, recensirli, nella mia vita mi sembra di non aver fatto altro, come se un’ossessiva passione mi avesse travolto appena ragazzo. Eppure da sempre mi è sembrato non privo di significato farli qua, dov’ero cresciuto, nella nostra terra, magari a Venezia. Quando cominciai lo sapevo e non lo sapevo che la Serenissima era stata la patria del libro, che proprio nell’isola aveva preso forma e si era definito all’alba del Cinquecento, quello strano mestiere che è far l’editore, grazie a Aldo Manuzio, il principe e il principio di tutta la storia dei libri. Per questo continuo a fare libri a Venezia, come se il tempo che intanto è passato non sia bastato a cancellare una storia che ha ormai cinque secoli e più.” (Come lo capisco)
Ho apprezzato molto l’approccio di De Michelis soprattutto la scelta di descrivere nelle pagine iniziali le contraddizioni di una regione come il Veneto che ha vissuto fame e progresso (in epoca più recente) e nel passaggio dall’una all’altro ha conservato l’ingenuità che è propria di chi viene dal lavoro della terra, di chi s’è rimboccato le maniche e ha consumato la sua vita nel “capannon”.
Io vivo in Veneto per un marito veneziano e le diverse Venezie di De Michelis sono per me motivo di sgomento, affascinata della grandezza del passato, incapace di comprendere la pianura “capannonizzata”, consapevole dei complessi di inferiorità rispetto alla Lombardia, competitor inarrivabile; ascolto le arringhe dei lagunari (mia suocera è veneziana pura) che guardano come una seccatura “quelli in terraferma” da cui si vogliono separare.
Molto bella la scelta di descrivere la Venezia della prima Guerra Mondiale e quella dei primi decenni del Novecento, città aperta prima, arroccata in una posizione di isolamento dopo.
La Venezia di oggi io dico sempre che si è trasformata nella Las Vegas italiana (non è un complimento …) , le alluvioni degli anni Sessanta facevano scattare la solidarietà, quelle di oggi si portano dietro recriminazioni sulle ruberie e le scelte sbagliate di quella politica che reclama indipendenza pur nella consapevolezza che il virtuoso Nord-Est è poco più che una fake news!
Ma sto divagando, De Michelis amava la sua terra e ne ha fatto un ritratto bellissimo perché sincero, la Venezia dei teatri fatica a svettare rispetto a quella del MOSE e Mestre viene fuori come un “non-luogo” tutto sommato con una sua dignità.
Cita autori del passato e autori moderni De Michelis, nessun lettore rimarrà col dubbio su quanto possa valere la città e la regione, varieranno i sentimenti a seconda se si è veneti e veneziani, turisti curiosi o “foresti” expat come me.
Cesare De Michelis – Quante Venezie – Italo Svevo editore – Pg 152 € 15,00