PromemoriaIgnoranza, una pandemia “sociale”

Non chiamatelo choc perchè era nell'aria da tempo solo che l'Eurispes adesso ci ha messo numeri e diagrammi du quanto l'ignoranza "italica" cresce in modo inquietante e drammatico. L'ultima rileva...

Non chiamatelo choc perchè era nell’aria da tempo solo che l’Eurispes adesso ci ha messo numeri e diagrammi du quanto l’ignoranza “italica” cresce in modo inquietante e drammatico.

L’ultima rilevazione riferibile al tema della Shoà fornisce dati che i media ritengono da “brividi” e appare difficile dissentire da tale giudizio: un italiano su sei (precisamente il 15,6%) pensa (a torto) che lo sterminio contro gli ebrei non è mai esistito. Parliamo di dato preoccupante per diversi motivi a partire dal fatto che nel 2004 i ‘negazionisti’ erano solo il 2,7%. In crescita anche coloro che ridimensionano la portata della Shoah: dall’11,1% al 16,1%. I risultati del report sull’antisemitismo contenuto nella 32esima edizione del “Rapporto Italia” dell’Eurispes, sottolinenano anche che in Italia, ad oggi, il 19,8% mostra un “discreto consenso” all’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio”. Secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per meno della metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.

Da questi dati ci si convince del dramma culturale che stiamo vivendo, una vera pandemia sociale dal nome “ignoranza funzionale” capace di assottigliare sempre più l’affidamento al dato scientifico a favore delle opinioni, di perdere progressivamente la capacità critica, la riflessione dinanzi ai fatti del passato e del presente. E nel paese a maggiore consumo di devices sempre accesi e in costante navigazione si registra un sempre più alto tasso di analfabetismo scientifico, storico-logico per cui si fa fatica a comprendere un testo superiore alle tre righe (quando va bene), a concentrarsi su un esercizio matematico di basso-medio livello.

In altre parole si vede ma non si guarda, si sente ma non si ascolta, si clicca ma non si pensa: un declino che oggi intristisce per la Shoà ma è nazionale, drammaticamente globale e trasversale anche per territorio e base sociale.

Ad aggravare il quadro l’assenza di orizzonte di intervento da parte di tutto l’establishment anzitutto politico che oltretutto – in fatto di ignoranza – raggiunge in molti esponenti vette agghiaccianti: da anni tra politici di ogni schieramento trova gente che non legge un libro, non capisce sovente ciò che vota, esalta in televisione l’onestà (tranne quella intellettuale) ma non è capace di studiare i dossier, formarsi alla gestione proprio dell’ufficium esercitato. E anche se siamo giustamente invitati ogni giorno – ha scritto Galli Della Loggia tempo fa – a non cadere nella trappola dell’antipolitica, ci vergogniamo di essere rappresentati da personaggi di questa fatta.

Si può per una volta stabilire un legame – per cosi dire – etico tra elettori ed elettori, tra politica e società per cui si chiede ai primi di avere – per esempio – rispetto per la storia italiana ed europea evitandoci revisionismi che fanno ridere ai polli e scandalizzano per rozzezza dozzinale persino ostentata nei social media? Possiamo avere la decenza di distinguere tra opinione e stronzata? Oppure dobbiamo aspettarci di essere accusati di imposizione del pensiero unico?

E nello specifico, quale tristezza può provare quella parte di paese mediamente colta che deve vergognarsi di sapere per far posto ad un humus stupidamente divertito del loro vuoto?

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