Credo di essere una delle poche che non ha letto nessun libro di Elena Ferrante, non saprei spiegarne i motivi visto che leggo di tutto e di più (con evidente predilezione per la letteratura americana), semplicemente non ho mai sentito nessuna spinta, nessuna curiosità per questa autrice o autore (l’unica volta che ho preso in mano il primo volume della quadrilogia è stato per regalarlo ad una cliente di origini napoletane! Lo scelsi solo perché era ambientato a Napoli), ho visto però le due stagioni della serie tv tratta da L’amica geniale e mi sono piaciute.
Mi è piaciuta la regia di Costanzo, mi è piaciuta l’interpretazione di tutto il cast indistintamente, bravissimi davvero, ottimo prodotto televisivo che alla terza puntata della seconda stagione però aveva, per me, esaurito la spinta narrativa, insufficienti le vicende raccontate a solleticare la mia curiosità e vi dico perché.
La prima stagione mi è servita a conoscere la storia, le protagoniste, perché questo è soprattutto un racconto al femminile. Io capisco il dialetto napoletano ma leggere i sottotitoli mi è servito molto, avendo una memoria visiva, mi sono accorta, per esempio, che “nun tengo genio” in dialetto napoletano significa “non mi va” è una espressione che esprime un rifiuto e se penso alla parola geniale del titolo non posso fare a meno di ripensarlo nel significato dialettale perché le due protagoniste: Lila e Lenuccia che specularmente sono geniali l’una per l’altra, vivono una vita all’insegna di continui ed estenuanti rifiuti.
Proprio nelle due ragazze ho trovato la maggiore debolezza del plot, questo rapporto tossico che si consuma nelle loro vite con vicende che si ripetono circolarmente in un loop di disgrazie, fallimenti, ribellioni, rivincite mal capitalizzate, allontanamenti e riavvicinamenti credo si dovesse esaurire già alla terza puntata della seconda stagione e non oso immaginare quanto morbosi possano essere i quattro volumi!
Poco credibile è il fascino di Lila che può ammaliare solo il sottoproletariato urbano del rione che si impressiona al minimo guizzo di intelligenza, incomprensibile anche l’attrazione fisica che tutti i maschi, dominanti e non, manifestano per questa donna/bambina che per il suo carattere selvaggio non esprime alcuna sensualità se non quella derivante proprio dall’animalità che esprime.
Non ho trovato che la Ferrante sia riuscita, per i miei canoni e la mia sensibilità, a esprimere l’io femminile come tante prima di lei hanno fatto.
Quello che ho trovato interessante è stata invece la rappresentazione della figura materna (non spendo neppure una parola su padri e uomini in generale che qui sono il niente) in particolare mi è piaciuta la figura della madre di Elena che mi ha ricordato, per alcuni versi, la madre naturale de l’Arminuta, il bellissimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio che ho letto e apprezzato.
Quel che colpisce è quel senso di repulsione fisica che Elena prova per sua madre fin da piccola, il suo aspetto sciatto, la zoppia, l’occhio ballerino, l’ignoranza che ne annullano anche l’effetto autoritativo genitoriale, Elena si vergogna di lei, la vera madre di Elena è Lila che per lei sogna la laurea e un futuro radioso di pagelle con tutti otto.
Immacolata Greco si oppone sempre alle scelte della figlia, la vorrebbe “sposata bene” con un uomo abbiente, ricordo due sole volte in cui chiama in causa l’istruzione scolastica della figlia, per impedirle di frequentare Antonio e per sottolineare che in fondo il matrimonio di Lila con Stefano Carracci è stato un fallimento!
Immacolata soffoca Elena che sente l’urgenza di prenderne le distanze, la vede quasi come un pericolo per il suo futuro, lei insieme a Nunzia la madre di Lila e tutte le altre madri del rione hanno abdicato al ruolo di donne per piegarsi a quello di madri e l’idea che mi sono fatta è che in realtà tutte loro detestano la maternità.
Ripensate un momento a Immacolata … quante volte avete visto un gesto tenero verso la figlia? Io ne ricordo uno o forse due! Sicuramente la volta in cui vincendo i suoi limiti va a Pisa dalla figlia febbricitante per accudirla e la prima volta invece quando piange alla vista dei libri che Lila regala ad Elena, sono i libri che le servono per l’anno scolastico, non so sinceramente se le lacrime erano di gioia per la figlia che così avrebbe potuto continuare a studiare nonostante le loro ristrettezze economiche, o se erano lacrime di riconoscenza verso Lila o di semplice disperazione.
Melina, la vedova pazza, è prima donna e poi madre.
Lila, madre poco più che adolescente è anche lei una pessima madre, pretende dal figlio che brilli fin da neonato, ossessionante con i giochi che devono essere solo istruttivi, non divertenti! Il figlio per Lila è solo l’ennesimo “progetto” in cui concentra la sua attenzione al pari delle scarpe, dello studio da autodidatta, di tutto quanto nella sua giovane vita.
Immacolata e Lila hanno in comune la rabbia che fermenta nel loro petto instancabilmente, ma alla prima Elena riesce in qualche modo a ribellarsi, alla seconda si sottomette spontaneamente e se a volte si lascia proteggere, altre è lei stessa che si scambia di ruolo e protegge l’amica.
La sorellanza si sostituisce all’intera famiglia.
Ma veniamo ad Elena, la vera perdente della storia. Se Lila è quella dannata, con il suo male di vivere che la divora, Elena ha avuto molte occasioni per emanciparsi, prima tra tutte l’istruzione che la porta a studiare all’Università Normale di Pisa.
Ebbene, neppure questo servirà a guarirla dal rapporto disfunzionale con Lila perché man mano che cambiano i tempi si scopre che una laurea non è sufficiente a sancire una scalata della gerarchia sociale! Franco Mari, lascia l’Università perché in piazza ci sono gli operai che lottano, bisogna fare la rivoluzione, studiare non serve più a niente! Il mondo sta cambiando e quella sorta di ideologia dell’istruzione di cui Elena è ferma sostenitrice forse non le assicurerà la rivalsa che sta cercando.
Elena che subisce il condizionamento di tutto ciò che la circonda è irritante tanto quanto Lila anche se più credibile nella sua fragilità, nel rapporto conflittuale con la madre, nella gelosia cieca verso Lila da cui pure non riesce ad emanciparsi.
Guarderò le altre stagioni? Sinceramente non lo so, al momento propendo più per il no che per il si! Tanto, a naso, immagino che la solfa non cambierà più di tanto!
P.S. Nino Sarratore è un povero stronzo che può sedurre giusto loro due!