MillennialsLa guerra delle mascherine e la debolezza del mercato unico (e dell’Europa)

Chiedersi se esista un’Europa delle persone, oltre a quella dei mercati e dell’Euro, è troppo spesso la chiave di volta di certe discussioni sull’Unione europea, sia in televisione che tra gli amic...

Chiedersi se esista un’Europa delle persone, oltre a quella dei mercati e dell’Euro, è troppo spesso la chiave di volta di certe discussioni sull’Unione europea, sia in televisione che tra gli amici. Ok, la domanda suona un po’ stantia e retorica. Anche i più europeisti però, guardando impotenti un’Europa che raramente si è scoperta così frammentata come in questi giorni, avranno sicuramente sofferto di quello sconforto che si prova quando ci si sente improvvisamente aggrappati a una causa che sembra persa.

Il fatto è che l’Europa delle persone si fa (anche) con il mercato unico. Di fatto, la declinazione pratica di molti dei diritti e dei valori europei si risolve inevitabilmente in certe dinamiche del mercato, dal quale questi valori, per quanto afferiscano alla persona, non possono prescindere. Ed è proprio per via di un fallimento del mercato unico che l’Europa delle persone dà segno di sgretolarsi di fronte a una pandemia.

Il fallimento, in questo caso, sono le misure precipitose di diversi Stati membri (non solo la Germania) che hanno vietato l’export di dispositivi di protezione individuale (mascherine e affini, per intenderci), chi in toto, chi con eccezioni marginali. In sostanza, una corsa per tentare di bloccare e accumulare all’interno dei territori nazionali uno stock più esteso possibile di questi dispositivi, in aperto contrasto alla libertà di circolazione dei beni e con il rischio che restino temporaneamente inutilizzati quando c’è un’emergenza a due passi dal confine.

Il fatto è che l’idea di solidarietà tra Stati membri, che ne esce totalmente svuotata, non è un’idea astratta, ma un qualcosa di terribilmente concreto. Un mercato unico funzionante è un formidabile strumento per affrontare crisi come questa, che non conoscono confini nazionali, perché permette di unire le risorse di tutti e di incanalarle efficientemente laddove ce ne è più bisogno. Oggi in Italia, domani in Francia, dopodomani in Germania, in Belgio, in Polonia. E’ uno strumento efficiente e flessibile che permette di mettere assieme risorse che uno Stato membro da solo non avrebbe, e di spostarle rapidamente in base alle necessità. Oggi la minaccia è una pandemia, domani potrebbe assumere un’altra forma, ma la ricetta rimane la stessa, ed è vincente. Il mercato unico è il principale ingranaggio dell’Europa delle persone, e attraverso il suo funzionamento prende forma la solidarietà che tutti chiediamo.

La fragilità di tutto ciò sta anche nel fatto che la paura e gli interessi nazionali, nel giro di qualche giorno, possono distruggere tutto. Questa volta fa ancora più male. Certo, queste misure sollevano più di un dubbio sulla conformità al diritto europeo, e la Commissione si è mossa annunciando procedure di infrazione in arrivo. Ma a livello politico, di fronte a un’emergenza sanitaria mai vissuta dal dopoguerra, gli sforzi di coordinamento, pur esistenti a livello di consiglio europeo, sono andati a vuoto quando i leader politici sono tornati nei loro Stati. E così chi ne aveva davvero bisogno ha dovuto chiedere le mascherine alla Cina o a altri Paesi extra Ue.

Vedendo arrivare le tonnellate di materiale spedite da Pechino, peraltro assieme ad alcuni medici, non si può fare a meno di pensare come questa sia un’altra picconata alle fondamenta dell’Europa. Quei grandi scatoloni di legno, che siamo felici di ricevere, sembrano anche dire un’altra cosa: fidatevi di noi, perché sui vostri amici europei non potete fare affidamento. Magari, in un altro scenario, sarebbero arrivati lo stesso, perché l’Europa probabilmente non ha la stessa capacità produttiva della Cina. Ma l’effetto sarebbe certamente stato un altro.

La situazione, in realtà, sta migliorando e si iniziano a vedere gli emendamenti e i tamponi a questi provvedimenti nazionali per assicurare il movimento dei dispositivi di protezione personale. Ma il danno, almeno all’immagine, è ormai fatto. Alla base di tutto, in ogni caso, fa bene ricordare che l’Europa può rispondere alle sfide solo nella misura in cui ha il potere di farlo, e non è un caso che i limiti dell’Europa si manifestano proprio laddove questa ha meno poteri conferiti dai Trattati, come nell’ambito della salute pubblica dove i poteri degli Stati membri prevalgono (vale anche per l’immigrazione, l’asilo politico, la sicurezza, la politica estera). Dove prevalgono gli Stati membri c’è più divisione. Sarebbe utile ricordarlo a quelli che, politicamente, vivono denigrando l’Europa, salvo poi lamentarsi quando questa non può fare abbastanza per colpa dello stesso sovranismo che difendevano fino a ieri.

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