Con le sue ovvie particolarità, la Spagna rappresenta in questo momento l’altro “grande ammalato” d’Europa, sia in senso medico sia in senso (probabilmente) economico. All’orizzonte si addensano nubi scure sui cieli del Mediterraneo.
Partiamo dalla politica.
Si avverte una profonda mancanza di fiducia nei confronti del governo e del suo operato. L’esecutivo sostenuto dai socialisti e da Podemos sta infatti vivendo una fase critica, sottolineata anche dai sondaggi secondo i quali la connessione tra cittadini e governanti è ormai corrotta. Molte sono state e continuano ad essere le critiche mosse al premier Pedro Sanchez per il modo in cui ha gestito e sta gestendo la crisi. Di sicuro non aiutano la strana opacità informativa che accompagna l’azione di governo e l’assenza di una road map da seguire per uscire dalla morsa del Covid-19 e dei suoi effetti.
Inoltre, se le conseguenze della crisi a livello economico saranno gravi per tutti i Paesi colpiti, sulla Spagna incombe uno spettro ulteriore che è quello della disoccupazione. Come purtroppo dobbiamo ricordare, nel post 2008 il Paese iberico arrivò ad avere un tasso di disoccupazione superiore al 23%, una percentuale altissima, seconda solo ai valori greci. Il grande timore, naturalmente, è che nel post Covid-19 ci si riavvicini a numeri di questo tipo, con tutti i rischi – anche sociali – connessi a ciò.
Al netto di queste problematiche, ci sono almeno tre lati positivi o indizi per la speranza da analizzare.
Il primo interessa il possibile, e forse anche probabile, raggiungimento di un grande accordo istituzional-politico tra il Partito socialista del premier Sanchez da una parte e, dall’altra, il Partido Popular e Ciudadanos, per arrivare ad un ampio e solido consenso sui grandi temi strutturali anti-crisi. Questa mossa, che esclude l’altro partito di opposizione Vox, potrebbe portare a una stabilizzazione degli equilibri interni, con un allontanamento del baricentro politico dall’estrema sinistra di governo, Podemos, che perderebbe così il suo ruolo predominante.
Il secondo aspetto riguarda invece la situazione economica pre emergenza sanitaria. Il tessuto produttivo spagnolo era in discreta forma quando è giunta la crisi. L’indice di crescita per il 2020 era di poco sotto al 2%. Inoltre, anche se può sembrare una lettura leggermente cinica, la crisi del 2008 aveva già fatto “piazza pulita” delle realtà imprenditoriali e finanziarie più deboli e peggio strutturate. È quindi plausibile pensare che, nel post Covid-19, la reazione del tessuto produttivo sarà più solida ed efficace rispetto al passato.
In ultimo, voglio scommettere ottimisticamente su un aspetto socio-culturale: il consumo interno schizzerà alle stelle non appena verrà allentato il lockdown. Questo significherà che il denaro dei privati si muoverà, entrerà in circolo rapidamente e contribuirà in maniera importante alla ripresa del Paese.
Fiducia, creatività e resilienza a livello privato, serietà, appoggio alle imprese e senso di responsabilità a livello politico: è ciò di cui avrà bisogno anche la Spagna per risalire la china.