PromemoriaDi Maio e quei mea culpa che fanno bene

Luigi Di Maio e quell'errore di valutazione che non rifarebbe più sul Quirinale. Un percorso di coscienza e maturazione?

Luigi Di Maio in modalità Farnesina – pur con tutti i limiti – sta apparendo meno indigesto  di tanti altri in questi mesi così difficili per il paese.  La “relazione” col gemello diverso Salvini durante l’esecutivo Conte 1 con quella frenetica rincorsa  al ritaglio di propaganda e l’estenuante gioco di sgambetti interne al governo probabilmente lo aveva sfibrato e stravolto. E visti gli esiti dell’ebbrezza incontrollata e kamikaze della Lega  a fine estate, in cuor suo sa di  aver accumulato ceri votivi (a santi e cuori immacolati) a mo di ringraziamento per la fine di un incubo e per la chiusura di un governo totalmente insostenibile sul piano programmatico.  Ma si sa, quelle  dello scorso anno erano sicurezze  solo di natura algebrica ma svuotate di senso politico. Invece oggi che un (minimo) senso politico emergenziale  questo governo Conte 2 ce l’ha, nonostante de-erotizzato per la presenza al talamo  di  Pd, Leu e Iv (gulp… ), Luigi Di Maio ha potuto compensare e sublimare il deficit di focosità  dell’unione precedente con un approccio più mentale e razionale alle questioni, con uno stile meno ossessivo-compulsivo dell’agire politico al netto dell’inevitabile giovanilismo delle sue prese di posizione.  Va comunque detto che in politica non sbaglia mai chi-non-fa (certa opposizione)  e quindi per converso va messo nel preventivo la possibilità dell’errore. Non è molto ma un bicchiere un terzo pieno  sul piano umano e morale. 

 

Non è una riabilitazione, precisiamo, ma in questo parabolico   “esame di coscienza” si segnala un mea culpa significativo, una sorta di rimorso politico per quella sciagurata telefonata a Che Tempo che Fa  (pensate voi  come eravamo messi) nella quale l’ex capo cinquestelle  annunciava  di fronte alle riserve del Quirinale sulla nomina di Paolo Savona a ministro dell’economia la richiesta di impeachment a Sergio Mattarella (art 90 della Costituzione) e la sua messa in stato di accusa. 

 “Nella vita delle persone da grandi errori nascono grandi opportunità. Da quell’episodio ho rafforzato il mio senso di responsabilità istituzionale e ho imparato a credere sempre di più nel ruolo di Mattarella. La sua credibilità internazionale è stata fondamentale nella crisi del picco dei contagi e in questa fase di negoziati in Europa”. 

 

Da quel passo maldestro, puerile e irresponsabile, è stata tutta una faticosa risalita per Di Maio non solo ad extra sui sondaggi e sui consensi (perduti nel tempo ) ma probabilmente per lui è stato tutto un rientrare in se stesso ad intra come quei figli  che sperperano tutte le sostanze di famiglia  e annegano nella friabilità del suo ego. Da qui lo scatto umile e un lento ritorno a casa che nel caso del ministro Di Maio è diventata la Farnesina. Un dicastero la cui complessità non gli è ancora congeniale ma quantomeno, presumo, è un’esperienza politica altamente “formativa” in quanto  accompagnata  da un network diplomatico strutturato ed esperto. E il ministero degli affari esteri  – nemesi implacabile – dialoga per sua natura con il Quirinale. 

 

Dall’impeachment alla partnership è un un cambio di prospettiva che può fare solo del bene al ministro.  Avrà imparato dalla storia? 

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