Se durante la lettura sinottica dei quotidiani ti accorgi che tutti i quotidiani ( e dico tutti) osservano da giorni l’offuscamento degli orizzonti da parte della politica sulla ripartenza del paese nel dopo emergenza allora vuol dire che bisogna buttarci dentro gli occhi per capire lo stato (infausto) delle cose.
All’aumentare delle cabine di regia e delle commissioni diminuiscono le risorse nelle tasche dei cittadini che definire preoccupati è poco. E lo sguardo ai prossimi mesi è tutt’altro che roseo allorquando per la nostra economia si prevede un collo del Pil pari all’oltre 8 per cento a tutti i livelli ( consumi, produzione industriale, liquidità, fiducia e propensione al rischio).
E le richieste di univocità politica nella ricostruzione restano inascoltate, ma si va a colpi di picconate tra governatori verso il premier e dichiarazioni che fanno lievitare la confusione e la rottura tra Governo e Regioni (in totale inosservanza con il principio sancito dall’art. 5 della Costituzione) le quali da un lato battono cassa allo stato centrale ma poi pontificano disinvolte sul domani con idee ad alto tasso di banalità. Per dire la più recente delle amenità a basso costo, le “quattro D” (distanziamento, dispositivi,digitalizzazione e diagnosi) lanciati dalla regione lombardia assomigliano alle “tre I” per l’istruzione di qualche anno fa (internet,inglese,impresa).
Brividi, insomma.
La storia insegna che tutte le scelte politiche gravose portano con sé potenziali errori valutazioni lungimiranti (poche) o infelici (tante), molte sviste e pochi rimedi. Se è nell’ordine dell’umano quello di centrare il bersaglio os sbagliare figurarsi in politica la quale è l’arte del possibile nel provvisorio. Ma se c’è una cosa da cui imparare dalla tragedia del Coronavirus è che esiste, nella crisis management, una proporzionalità diretta tra chiarezza delle azioni e impatto positivo sui risultati. In buona sostanza, più si è univoci e più ci si avvicina alla soluzione del problema, rifiutando la corsa all’ottimo, il più acerrimo nemico del bene.
Tuttavia sembra il ripetersi di quanto imparato da bambini, con la famosa espressione dell’Italia divisa in tanti piccoli staterelli. Le cronache di queste ore, infatti, ci parlano di una confusione pericolosissima, da molti chiamata la Babele del dopo lockdown. Un puzzle disomogeneo fatto di stop and go locali dove ognuno fa quel che vuole tanto per metterci la propria bandierina o mascherina d’ordinanza a seconda del tasso di narcisismo posseduto, un quadro dove i livelli dell’amministrazione vanno in ordine sparso tra ordinanze, divieti, deroghe o proroghe. Stiamo vedendo di tutto: dal restiamo a casa fino a che non sappiamo all’apriamo subito ma con brio-gel alcolico all’entrata dei negozi, dalla jogging oltre i 200 metri in un comune alla passeggiata nell’isolato se non becchi la multa passando per le librerie-cartolerie aperte alla mezza apertura di altri esercizi che non possono alzare nemmeno le saracinesche. Ma non è il caso di parlare ancora con una sola voce, tenere tutti le stesse regole e gli stessi comportamenti? In questi momenti la strategia (univoca) è tutto per vincere la battaglia.
Ciò detto è davvero urgente (pensiero ecumenicamente letto da più parti) riformare quelle storture tra sistema sanitario nazionale e gestione regionale (leggasi titolo V ) aggiustando la concorrenza (spesso inutile quanto ostile) tra Stato e regioni in materie “cruciali” offrendo dunque un perimetro chiaro di intervento e riconsegnando nuovamente al governo centrale la regia, il finanziamento e la responsabilità di urgenze di questa portata. Se persino tutti i cinquanta stati negli USA hanno federato il problema d hanno giustamente chiesto a Trump di fare il presidente senza scleri e scaricabili a piacimento (l’ultimo sputtanato è stato il consulente Fauci via twitter) chiediamoci il senso di uno spettacolo del tipo che al mattino Zaia che ordina una cosa, Fontana a mezzogiorno un’altra, seguito da Bonaccini nel primo pomeriggio ordina l’esatto contrario di Zaia e di Emiliano in Puglia mentre Musumeci nel tardo pomeriggio s’inventa per la sicilia l’ulteriore norma in attesa – puntuale alle 18 – che il povero capo della Protezione Civile Borrelli risponda in solitudine alle domande della stampa su un ragionamento che non può ammettere localismi approssimativi. C’è chi ha messo sul piatto del dibattito da oggi anche il pur legittimo tema degli ombrelloni estivi con tanto di calcolo di metri per distanziarli lungo le nostre magnifiche spiagge è fondamentale mantenere un unico codice fino a quando non si entrerà in una nuova fase. Per dare certezza e per affrontare insieme quel tratto di strada che manca per raggiungere il traguardo.
Tutto molto estemporaneo ma credo inidoneo.