Con la dovuta distanza (sia fisica che mentale) si vivono le prime elettrizzanti ore della fase 2 anche se è una ripartenza in slow motion.
Questo primo sgranchirsi le gambe degli italiani dopo quasi otto settimane di lockdown è un azzardo sociale carico di speranza e incognite in quanto si ricomincia durante (e non post) epidemia, mentre la botta della fase 1 è ancora in corso con tutto il suo carico di dolore per i tanti pazienti ospedalizzati e sopratutto per le oltre ventottomila vittime causate dal covid-19. Questo tasso di rischio sarà bene tenere sempre a memoria pena un crollo definitivo del sistema paese, il quale è sempre un organismo sociale, economico e relazionale non a compartimenti stagni ma intrinsecamente interconnesso nelle sua dimensioni.
Ci siamo resi conto – da quel che osservo – che non esiste un mondo di “isole deserte” siamo un arcipelago sociale dove le dimensioni sono interdipendenti e formano una rete di cause ed effetti. Nella gerarchia dei problemi, accanto (e non in sostituzione) alla salute da salvare, si accompagna da oggi una ripresa per la salute “collettiva” ordinata agli altri diritti e doveri. La fine “graduale” delle misure di contenimento per i primi (quasi) cinque milioni di cittadini è anche un indicatore di quello che un grande intellettuale del novecento come Bernard Lonergan filosofo epistemologo e teologo canadese chiama “consapevolezza coscienziale” di sé in relazione. Non è roba da poco il tema della consapevolezza civica degli italiani, semmai la domanda è se possiamo parlarne come acquisita. Domanda che nasconde una riserva di dubbio che vorrei fugare, considerato che il nostro paese è stato spesso oggetto per anni (anche da parte mia in alcune occasioni) di alcuni distrattori pregiudiziali secondo i quali non saremmo “strutturalmente” capaci di fare unitario, di muoverci per interesse nazionale e pertanto autolesionisti e piagnucoloni come il protagonista della famosa favola di Esopo . Ma questa contorsione ciclica dell’italica inavvertenza è un destino ineluttabile? E parlando in primis a me stesso, quanti strati di pregiudizio unilaterale e negativo c’è nel modo di pensare i propri concittadini?
Ebbene, per allontanarci da certi pesi del sospetto ci è giunta una clamorosa analisi extra moenia , fuori cioè dai confini del dibattito interno. E mi riferisco all’editoriale apparso sul “der spiegel” che frantuma decenni di prevenzione tedesca nei confronti del nostro paese con un’analisi così schietta e puntuale dalla cui lettura si ha il segno di una comunità europea che deve mettersi in discussione nella lotta alla pandemia. Leggendo questi il corsivo di Thomas Fricke si ha anche la netta percezione di un difficile dibattito anche in Germania sulla lotta condivisa (anche economicamente) contro il Coronavirus, con l’apertura di uno spazio di riflessione non pregiudicato, aperto a nuova consapevolezza del problema.
«è tempo di fermare questo dramma e gli eurobond sono il simbolo di un destino comune. Destino che noi condividiamo comunque, avendo una valuta comune. Altrimenti in un paio di anni l’Unione europea non sarà più tale. E Francia e Italia avranno al potere persone come Trump e Johnson, che non hanno voglia di giocare assieme: il gioco sul quale la Germania costruisce da decenni il suo benessere».
Morale: non possono prevalere – quindi – gli a-priori nell’affrontare una questione ma bisogna capire dagli eventi come rimodulare la nostra esistenza e le nostre strategie sia nella riflessione che nei comportamenti, rifuggendo dai pregiudizi che si stratificano come fette spesse di prosciutto negli occhi e costringono il pensiero nel vicolo cieco dei luoghi comuni. In concreto ho tanta voglia di vedere un paese che marci insieme verso una pagina nuova, faticosa di ricostruzione sociale ed economica. Tornando a Lonergan, vorrei che tutto iniziasse dall’insight italiano, dal deposito di genio e solidarietà nazionale che può farci fare un balzo di crescita e di sano orgoglio comunitario.