Il dono della sintesi spesso aiuta la chiarezza d’espressione. Saper dire cose complesse in maniera chiara e semplice è cio’ che differenzia una persona che sa di cosa sta parlando, ne ha capito il significato profondo e dunque riesce a trasmetterlo; si potrebbe anche dire che questa persona parla (o scrive) con competenza. Al contrario chi si arzigogola in parole tecniche che nascondono l’ignoranza del sapere e scambiano la quantità di fogli pieni di inutili parole per erudizione, non sa di cosa sta cianciando, non sa dove sta andando (sovente a sbattere) e soprattutto, come nel caso dei nostri decreti DCP CM, sta mandando a sbattere l’intero Paese.
E in tutto questo, sfinita dall’ennesima giornata in video call e remote working (mi rifiuto di chiamarlo smart working), mi domando cosa si puo’ fare per aiutare chi ha bisogno, per semplificare l’ammasso burocratico, per attivare in maniera efficace una distribuzione di risorse che in parte sono già disponibili, ma di cui solo pochi di quelli che ne hanno diritto ne sta usufruendo.
In tutto questo le nostre piccole e medie imprese stanno sprofondando; quelle grandi si deprezzano cosi come avviene in altri paesi, ma in questo caso mal comune non fa gaudio. Quando si perde si perde tutti, amaramente.
Forse se riuscissimo a risparmiare un po’ di carta e di inutili parole, se chi sta al Governo riuscisse a focalizzarsi maggiormente sull’immediata operatività, sospendendo almeno per qualche mese una burocrazia che non ci ha difeso dall’invasione della malavita nei nostri gangli piu’ profondi, ma ci ha solo impedito di difenderci onestamente e velocemente da qualsiasi attacco interno ed esterno al sistema, forse, ce la potremmo ancora fare.
Ma la sintesi, si sa, è ontologica; sintetici si è, non si diventa.