Il libro di oggi è un’anteprima: Dominicana di Angie Cruz arriva oggi in libreria.
Il libro
Ana ha quindici anni, e non ha mai desiderato l’America. Vive a Santo Domingo, in campagna, con la sua famiglia, povera, rumorosa e dall’incerto futuro. La proposta di matrimonio di Juan Ruiz, che le promette una nuova vita a New York, è un’opportunità che non può perdere. È questa l’idea di sua madre, che vede in questa unione una via d’uscita non solo per Ana, ma per tutti i Canción. Non importa che il promesso sposo abbia il doppio dei suoi anni, non importa che non si sia mai parlato d’amore, fra loro due. Ana Ruiz, con un passaporto che le attribuisce diciannove anni, atterra a New York. Lontana dai suoi affetti, sperimenta nella più pesante solitudine la violenza di Juan. Una storia coinvolgente in cui finzione e autobiografia si mescolano, mostrando con crudezza e ironia le ambiguità del Sogno Americano.
La mia lettura
“La prima volta che Juan Ruiz si dichiara io sono una ragazzina di undici anni, pelle e ossa e senza tette.”
Ecco Ana, la protagonista di Dominicana, il romanzo che ha permesso all’autrice Angie Cruz (americana con genitori dominicani) di essere candidata al Women’s prize for fiction, Dominicana è il ritratto triste di una delle tante donne immigrate negli Stati Uniti che hanno dovuto (e purtroppo credo sia ancora così) far fronte alle discriminazioni razziali come accade anche agli uomini e alle discriminazioni di genere che subiscono invece anche dalla propria comunità.
Andando oltre i riferimenti semplicistici al sogno americano infranto io ho trovato particolarmente coinvolgenti le parti del romanzo che raccontano della società dominicana, nonostante Angie Cruz sia nata a New York è riuscita a dare ai suoi personaggi il calore, il carattere, i colori dei dominicani, la storia ricorda quella di sua madre arrivata negli Stati Uniti giovanissima e come Ana costretta ad una vita ricca solo di mancanze materiali e affettive.
Fin dalle prime pagine troviamo riferimenti alla situazione politica di Santo Domingo, sono gli anni Sessanta, Rafael Leónidas Trujillo Molina era stato il dittatore del paese per oltre trent’anni e la storia comincia nel momento in cui lui viene ucciso e nel paese incombe la miseria, la violenza e il disordine sociale:
“[…] dopo che hanno ucciso Trujillo con un colpo di fucile. Nella sua automobile! Dopo che è stato El Jefe per trentun anni! La cosa diverte Papá. Per tutta la vita ha dovuto guardare la foto di Trujillo con lo slogan: Dio in cielo, Trujillo in terra. Difficile trattenersi dal ridere, di fronte alla sua mortalità. Si vede che anche Dio ne aveva avuto abbastanza. Ma Trujillo non se n’è andato in pace. La Capital è nel caos. Un casino pazzesco. Nessuna legalità degna di quel nome.”
Lasciare Santo Domingo era una priorità per tutti, farlo era difficile per cui le famiglie povere come quella di Ana usavano le figlie come “passaporto” per una vita migliore, darle in moglie ad un uomo da cui avrebbe dovuto pretendere denaro per se stessa e per la sua famiglia.
Ana è una sposa bambina, ha solo 15 anni e non conosce l’amore quando sposa Juan Ruiz, non capisce perché dovrebbe considerarsi fortunata:
“Ci vieni con me? Andiamo a cercare il giudice di pace, mi dice Juan più di una volta. Non ho mai visto un passerotto dagli occhi verdi come te, dice con i suoi occhi vitrei e iniettati di sangue piantati nei miei, e mi fa drizzare i peli della collottola. Sin dalla nascita, dice Mamá, i miei occhi sono stati un biglietto vincente della lotteria; ereditati da mio nonno”
Diviso in capitoli piuttosto brevi Angie Cruz lascia che le vite, vecchia e nuova, della sua protagonista si svelino al lettore, Ana deve crescere velocemente a New York, la solitudine di questa bambina è accentuata dall’ostacolo della lingua, dall’isolamento a cui la costringe il marito che non la ama, ha bisogno d’amore Ana, ripensa con nostalgia alla sua famiglia e fantastica su un futuro non troppo roseo:
“E se Juan lasciasse la casa e non tornasse più? Una vedova come la moglie di Malcolm X […] Come Jackie Kennedy, rimasta sola con due figli, ma elegante e fragile come una bambola. Anche la mia voce, come quella di Jackie, è diventata ansante quando sono con Juan, perché trattengo il respiro prima di ogni parola.”
Fa sorridere il fatto che la piccola Ana contestualizzasse anche le disgrazie potenziali immaginandosi come una delle vedove illustri di quel nuovo mondo. I suoi pensieri sono pensieri infantili e anche quando passa il tempo e si fa più smaliziata, conserva sempre questi aspetti fanciulleschi.
Tra i sensi di colpa per non poter aiutare la famiglia come vorrebbe, le delusioni per il raggiro subito dall’unica persona che credeva amica Ana arriva a conoscere finalmente l’amore e in automatico il suo atteggiamento e il suo rapporto con la città cambiano.
Il tema dell’integrazione razziale è affrontato attraverso la descrizione delle condizioni di vita e di lavoro dei vari personaggi, nessuno sembra essersi davvero integrato, nessuno è riuscito con mezzi leciti a fare progressi significativi, neppure le star dello sport:
“[…]sul campo da baseball i giocatori che non sono bianchi devono comportarsi bene con i bianchi, perché il mondo li guarda.”
Il sogno infranto di Ana è il sogno infranto di tutti gli immigrati erano gli anni Sessanta eppure quell’amarezza, quella delusione di ritrovarsi in un paese inospitale oggi più che mai appaiono attualissimi.
Dominicana di Angie Cruz – Solferino libri – (Traduzione di Lucia Fochi)
Pp 384 € 18,00 brossura con alette