E(li's)booksIl gusto di una vita di Iaia Caputo. Recensione

La memoria è inconsolabile. Perché nel rievocare un sapore, un odore, un suono del passato giunge la consapevolezza di averlo perduto, e perduto per sempre.

Oggi vi consiglio un libro che mi è piaciuto molto perché ha toccato diverse corde della mia emotività: Il gusto di una vita di Iaia Caputo.

Il libro

In questo piccolo memoir Iaia Caputo intreccia le passioni di una vita raccontando attraverso il cibo – assaporato, divorato, rifiutato, gustato, cucinato, condiviso – l’atmosfera di un’intera generazione.

 L’autrice ricostruisce il dispiegarsi di una vita: dall’infanzia anni Sessanta a Posillipo, a una giovinezza improntata alla passione politica. 

Mentre profumi e sapori di ieri si alternano a un presente insonne e vorace, l’autrice va avanti e indietro nei ricordi e si sofferma sui legami familiari, sullo sfarinamento di un mondo che prelude al crollo, per approdare a quel “fazzoletto di terra d’esilio” da cui sgorga la voce della scrittrice, tesa a testimoniare il suo tempo attraverso lo sguardo sfocato e insieme infallibile della letteratura.

 La mia lettura

Nel ’75 avevo quindici anni, ho fatto in tempo a partecipare a quella che considero la mia avventura capitale: il femminismo; agli ultimi bagliori di un’umanità che si declinava al plurale e che si batteva per conquistare diritti fondamentali, così tanto fondamentali che oggi, ormai acquisiti, quasi nessuno ricorda più quanti sacrifici e sudore, fatica e felicità, sì, la selvaggia felicità di esserci e contare, hanno significato: divorzio, aborto, statuto dei lavoratori, nuovo diritto di famiglia.”

Non conoscevo Iaia Caputo quindi questo suo memoir è stato una presentazione ufficiale della scrittrice/giornalista di origini napoletane e la prima cosa che ho pensato leggendo è stata: “ così si scrive un memoir” perché in poco più di 100 pagine si arriva ad una “conoscenza emotiva” di Iaia Caputo, è come farle una visita di cortesia durante la quale vengono fuori ricordi belli e meno belli, odori, sapori, delusioni, traguardi raggiunti.

La particolarità del suo racconto è che si snoda attraverso piatti che appartengono alla sua vita, che rappresentano “Il gusto di una vita”.

Il cibo si comporta come vero e proprio strumento di riappropriazione identitaria, è un ponte verso i propri affetti, i propri luoghi:

“A proposito degli sciù, dal francese choux, nel 1989, appena arrivata al Nord, quando li vidi in una pasticceria meneghina la prima volta e li indicai con il nome che conoscevo, il commesso mi guardò interdetto: «Intende dire bignè, signora». Mi mortificai tantissimo. E fui presa da una sconfinata tristezza: si erano ristretti rispetto ai dolci sontuosi della mia fantasia. Adesso erano bignè e pure mignon. Non li avrei mai più mangiati. “

Io sono in giro per l’Italia da tanti anni e mi ritrovo molto in alcuni pensieri di Iaia Caputo, mangiare come nel luogo di origine per esempio, contribuisce a placare il senso di mancanza, la nostalgia!

“Chi di noi non associa uno o più sapori a un godimento infinito? O al contrario a un trauma insuperabile? No, non esiste essere umano che non custodisca la sua madeleine.”

Iaia Caputo riesce, attraverso il cibo, a “presentificare” un luogo antropologico fatto di sensazioni, colori, sapori, odori, parole, relazioni.

In Il gusto di una vita è evidente che il valore evocativo del cibo si porta dietro anche significati legati alla modalità di preparazione e le gestualità ripetute che poi diventano azione collettiva del nucleo famigliare :

(Mia madre) “era in cucina quando rientravo da scuola, e sempre in cucina la domenica, intenta alla cerimonia del pranzo festivo: è grazie a questa sua dedizione se associo le prime e più emozionanti esperienze olfattive al profumo del brodo di carne invernale”

I ricordi vengono contestualizzati in base alle pietanze e tutto assume un significato molto preciso, profondo, il cibo è una vera e propria lingua che non è possibile occultare, che riaffiora anche a distanza di molto tempo e senza preavviso!

La “telefonata che puntuale faccio a mia madre nelle prime ore del mattino. «Cosa cucini oggi?» […]. Ormai con whatsapp arrivano anche le fotografie dei suoi dolci memorabili: l’ultimo era una Sacher, sembrava bellissima. A me resta soltanto il canale sensoriale della nostalgia: spingo on e al palato arriva un ricordo perfetto. Insieme a quello di un tempo, di una città, di un’intera civiltà di sapori. E al profumo di casa mia.”

Il gusto di una vita è una lettura che mi ha fatto pensare, mi ha immalinconita un po’, mi ha fatto ricordare, mi ha rimandata indietro e mi ha fatto guardare avanti e dico grazie a Iaia Caputo per aver condiviso tutto questo.

Il gusto di una vita di Iaia Caputo

Editore: ED-Enrico Damiani Editore

Pagine: 144 p., Brossura € 15,00