Il focolaio nato da una grigliata tra dominicani, o dalla festa di promozione della squadra in serie A? In ogni caso, il Paese sta perdendo un’ottima occasione per imparare dagli errori di contenimento e gestione della pandemia del Comune ligure.
La Spezia, 17 settembre 2020 – La seconda ondata è già qui, solo che nessuno se n’è accorto.
Siamo nel Comune della Spezia, più o meno uno a caso tra il centinaio di capoluoghi di provincia italiana. La seconda ondata poteva iniziare ovunque, invece è partita qui: 700 positivi nelle ultime due settimane, con punte di quasi 100 nuovi casi al giorno, quasi tutti ubicati nel Comune capoluogo (che conta circa 94mila abitanti).
Con lo stesso ritmo, in quei giorni avremmo avuto più di 60mila nuovi casi al giorno in tutta Italia, invece che poco più di un migliaio.
La Spezia oggi è un cigno nero dentro un cigno nero, ma quella che oggi è un’anomalia potrebbe essere la normalità dell’Italia tra un paio di mesi, o forse prima, a seconda dell’impatto della riapertura della scuola sui contagi – basti vedere cosa sta succedendo ai numeri dei contagi in Spagna o, ancor peggio, in Francia, nelle ultime settimane.
Un silenzio mediatico, e politico
Eppure, di questo focolaio si parla in dosi omeopatiche, quando non se ne parla affatto. Non se ne parla sui media, perché l’effetto wow di Codogno funziona solo la prima volta, e non è giornalisticamente replicabile – per quanto i casi verificati in quella città a inizio epidemia fossero ben più bassi di quelli che vediamo oggi in quest’angolo di Liguria -, e non se ne parla soprattutto in politica, dove nessuno si è sognato di portare il caso alla ribalta parlamentare, specie a ridosso delle elezioni regionali del prossimo weekend.
Nel frattempo, l’economia cittadina, già incrinata da un’estate vissuta a mezzo carico per via della consistente riduzione di turisti, soprattutto stranieri, rischia il collasso, stretto al collo dalla morsa dei provvedimenti di contenimento dell’epidemia.
Il sindaco si è affrettato a chiudere i recinti quando già metà della mandria era scappata, mentre il Governatore Toti continuava a sostenere che “la situazione fosse sotto controllo”: mascherine h24, anche all’aperto, chiusura dei locali ulteriormente anticipata di un’ora, a mezzanotte, istituzione di un’area “solo transito” nel quartiere umbertino, quello più storico del capoluogo di provincia, e storicamente uno dei più popolari e vissuti, che ha di fatto creato una sorta di “zona rossa” soft dove i cittadini, che già non si fidavano troppo per la massiccia presenza di immigrazione dominicana additata spesso dei peggiori crimini da una comunicazione cittadina a trazione leghista, ora evitano del tutto.
In tutto questo, chi ne fa le spese sono gli studenti, e le loro famiglie: l’apertura delle scuole è stata rinviata al 23 settembre – per ora.
Cluster dominicano o la festa per la promozione in serie A?
In città è nata una sorta di guerra civile interna dove le colpe sono sempre degli altri: Alisa con un comunicato ha informato che “il 60% dei casi è ascrivibile alla comunità dominicana”, ma gran parte della popolazione riversa la colpa sui festeggiamenti non troppo sobri che hanno seguito la prima, storica promozione in serie A della squadra cittadina. Si stima infatti che tra le 30 e le 40mila persone si siano riversate in alcune delle principali arterie della città, dopo la chiusura al traffico di alcune vie da parte di un’amministrazione a cui elettoralmente sarebbe costato troppo non essere connivente ai festeggiamenti, in un periodo dove la paura del contagio era ridotta ai minimi, dopo un’estate sostanzialmente serena.
In questo contesto, nessuno si fida più di nessuno, ma oltre a sospettare delle persone, come i medici ci consigliano di fare da inizio pandemia, si sospetta anche dei dati. L’associazione civica locale de “La Piazza Comune” ha avanzato un accesso pubblico generalizzato a Comune e Regione, per condividere i dati che hanno portato alle restrizioni limitate ad alcune aree e certe attività (i circoli Arci, ma non quelli della Marina Militare, per citarne una tra le più sospette), con intenti che paiono più politici che sanitari. Molto partecipata è stata anche la loro petizione online.
I disagi per il personale sanitario e la comunità civile
Le difficoltà per i cittadini e il personale sanitario sono evidenti: a un ritmo di oltre 1.000 tamponi effettuati al giorno (con un tasso di positività anche superiore al 10% in alcuni casi), i medici sono sottoposti a forte stress, che si spera non si converta tra qualche giorno o settimana in un eguale stress delle strutture ospedaliere. Ma anche i cittadini sono stremati dai ritardi nella comunicazione dei risultati: in alcuni casi il risultato del tampone è comunicato fino a 10 giorni dopo l’esecuzione, con un prolungamento intollerabile dei tempi di quarantena, in una città dove la percentuale di contratti non a tempo indeterminato è estremamente elevata.
A sei mesi dallo scoppio della pandemia, i limiti organizzativi e amministrativi di questa città di provincia sono stati palesati dal primo refolo di seconda ondata. Sarà pronto il resto del Paese, quando nei mesi autunnali e invernali tornerà presumibilmente a imperversare per la penisola?
La lezione della Spezia sarebbe da studiare: ma per studiarla, è necessario che qualcuno la racconti.
FILIPPO LUBRANO
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