Dalla Calabria alla Basilicata. Da Castrovillari a Matera. 188 km passando per quel Pollino che unisce le due regioni e sulle acque dove, leggenda narra, la regina barbara che era di passaggio sulle sponde del Mercure, intenta a dissetarsi alle fonti del fiume, fece cadere l’anello nuziale in acqua ritrovato da un suo fedele che gridò “Vidi anello”, dando così il nome a quel borgo di acqua e cime, di alberi secolari e pietre come statue, oggi conosciuto come Viggianello. Dal Mercure giù verso i Calanchi, attraversando la Sinnica con il vento contrario. Le telecamere regalano campi larghi e verde ovunque, lo sguardo dello spettatore non appassionato della rosa si illumina di luce bellissima e sottile mentre sull’asfalto la corsa delle due ruote procede a ritmi intensi e le vene dei ciclisti pompano sangue che spinge sulle gambe di marmo. L’azzurro del cielo e quello della diga di Monte Cotugno sono tagliati dalla lingua di asfalto e cemento del ponte che unisce la terra e tiene in piedi le speranze, chissà cosa rimarrà negli occhi dei cicliti di tutta questa armonia, di tutta questa bellezza. Quando la corsa arriva sulla via dei calanchi e degli ulivi, con il gruppo che corre per recuperare i quattro in fuga e non molto distanti, si vede da lontano lo sguardo discreto della Rabatana che incrocia Craco e da del tu a Pisticci. Un poesia di Albino Pierro avrebbe raccontato questa giornata di gambe e sudore meglio di chiunque altro. Il racconto della tappa si incrocia con la storia del luogo e con quella dei suoi protagonisti.
E ci sono le lacrime trattenute dei genitori di Pozzovivo, una commozione contadina che sa di buono, di famiglia. Emozioni che riportano alla luce le parole di Gioânn Brera “fu Carlo”: «Solo in provincia si coltivano le grandi malinconie, il silenzio e la solitudine indispensabili per riuscire in uno sport così faticoso come il ciclismo». Domenico le conosce le malinconie della provincia, conosce la fatica ed il dolore come conosce questa terra attraversata da parte a parte che serve alla corsa per avvicinarsi al traguardo di Milano. Verso Matera il plotone raggiunge i fuggitivi, le ruote incrociano la Murgia e la corsa è ai suoi ultimi chilometri. Il vento è contrario, soffia da nord, come spesso succede in questa geografia che non è più un destino infausto ma felice e squadernata, aperta al futuro.
Traspare tutto questo futuro nelle ore di collegamento televisivo che raccontano la corsa a tappe italiana e la Basilicata che la sta ospitando. Traspare tutta la bellezza di un luogo mai uguale a sé stesso, ideale per l’En plein air come da fortunato slogan dell’APT lucana che tanto bene ha fatto in questi mesi di pandemia per promuovere la Basilicata come luogo ideale per vacanze sicure, vincendo la scommessa con numeri e dati molto incoraggianti. Veniva voglia di toccarla con mano questa Basilicata, di sentirne il profumo ed il respiro. La sua è una bellezza di acqua e fiumi, di alberi secolari e pietre come statue. Qui il mito incontra il sogno, le radici sono quelle di tutti e le urgenze sono come quelle di tanti, ma il sole ed il vento che arrivano qui fanno di questo luogo un angolo eterno, poetico e bello, come lo sguardo delle sue donne. In un luogo così il silenzio è un dovere e la fatica è un sinonimo. Perché nella terra dei calanchi e degli ulivi, del bel sole e del mare poco più in là, l’aria che si respira a pieni polmoni è buona e fa bene ai cuori. Li rigenera, li fortifica, li rende vivi e affamati. Qui nuove domande si aggiungono e le risposte sembrano più semplici. Nei suoi giardini verticali di case bianche e storie difficili, le vite si sommano e si difendono. Come la vita degli scalatori e dei gregari che sanno inventarsi ottimi finisseur.
L’arrivo a Matera è in salita, si fa fatica a stare al passo dei migliori, ma il gruppo resta compatto con i leader tutti nelle prime file per aumentare vantaggi o ridurre distanze e secondi dalla maglia rosa. Nibali è lì che si difende e controlla, Pozzovivo da solo lotta contro il vento e le paure, proprio come tutti noi. Taglia per primo il traguardo il francese Arnaud Demare (Groupama – FDJ), seguito da Michael Matthews (Team Sunweb) e Fabio Felline (Astana Pro Team). Il vincitore di tappa, subito dopo l’arrivo, ha dichiarato: “Due giorni fa non ho fatto uno sprint perfetto, oggi invece una super volata! Non ero sicuro di poter restare davanti sullo strappo finale, poi mi sono trovato in buona posizione nell’ultimo km. Che soddisfazione conquistare un successo anche oggi, il mio secondo in questa Corsa Rosa“. La Maglia Rosa João Almeida, subito dopo l’arrivo, ha detto: “Negli ultimi km ho cercato di restare nella parte anteriore del gruppo per evitare cadute, non volevo perdere secondi preziosi. È il mio quarto giorno in Maglia Rosa, incredibile!“
La corsa è giunta alla fine ma nessun Diavolo rosso ha dimenticato la sua strada e si è fermato con noi a bere un’aranciata.