Come rendere un’azienda significativa ed efficace nella comunicazione nell’era dell’invasione digitale? Come emergere e distinguersi nel mare magnum della rete? Non basta conoscerne i linguaggi, presidiare i canali e produrre buoni contenuti. Bisogna ri-progettare tutta la comunicazione attorno alla visione “Human to Human”, ovvero una comunicazione capace di interpretare e dialogare con i cambiamenti cognitivi, sociali e del contesto. Sono questi i temi dello studio proposto da Santina Giannone, è giornalista e fondatrice dell’agenzia di comunicazione, reputazione aziendale e personal branding Reputation Lab, che ha dato alle stampe il libro “Comunicare Human to Human. Dai valore alla tua impresa attraverso il purpose marketing e il brand journalism”, in uscita i prossimo 3 dicembre. In questo dialogo proviamo a capire quali le nuove strategie e le possibili frontiere, da superare, del purpose marketing e del brand journalism.
Comunicare Human to Human, al tempo del distanziamento sociale. Una bella sfida, non trova?
Una sfida che però non è solo cerebrale o agonistica, ma che è diventata oggi più necessaria che mai. Il distanziamento sociale, paradossalmente, ci ha messo più in contatto con la nostra natura, fatta di aspirazioni a partecipare alla vita degli altri. Abbiamo trovato altre strade in questi mesi per sostituire, rappezzare, accorciare le distanze ed essere presenti. Questa presenza reale nella comunicazione Human to Human passa dal sostituire l’interazione con la relazione. Tra queste due modalità di rapportarsi sta tutta la differenza tra una comunicazione old style e una comunicazione human to human.
Il titolo del suo libro rimanda alla centralità della persona per la scrittura delle nuove strategie di marketing. C’è forse un nuovo umanesimo che si fa strada?
Forse abbiamo pensato in questi anni che l’umanesimo fosse un concetto da museo o da conversazione colta, dimenticando che esso è alla base dei principi fondamentali della nostra società e della nostra cultura. Come ci ricorda Martha Nussbaum nel suo “Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica”, la nozione stessa di democrazia “è costruita sulla nozione di persona singola, mentre il modello della crescita ragiona solo in termini di aggregati”. Ecco, qui sta la transizione di questo nuovo umanesimo, o piuttosto una riscoperta delle parti vitali dell’umanesimo di sempre, che oggi ci chiede un balzo in avanti: passare anche nella comunicazione e nel marketing dal concetto di “massa” e “folla” a quello di “gruppo” e “pubblico”. Dedico una parte del mio libro proprio a questo, cercando di capire che applicazioni pratiche possano avere questi concetti.
Ne parla nel suo libro, ma può spiegarci cosa si intende per “essere significativi “?
Essere significativi significa coagulare ed esprimere significato, renderlo fruibile nella vita delle persone, consentire che esso sia condivisibile e allo stesso tempo che costituisca una base su cui altri possono costruire nuove parti di senso. Per essere significativi occorre essere parte del dibattito pubblico, esprimere un’identità, prendere posizione. Dedicare tempo. Anche per i brand.
Adesso che ha spiegato il concetto di “Human to Human” può dirci che bisogno c’era di usare questo inglesismo?
In realtà si tratta di una codificazione che è avvenuta da parte di Bryan Kramer, CEO di Pure Matter, agenzia di comunicazione della Silicon Valley, che lanciò il concetto partendo dalla divisione tra comunicazione B2B e B2C: ““There is no more B2B or B2C: it’s Human to Human, H2H” (tr. Non c’è più distinzione tra B2B e B2C: è solo Human to Human) e che è stato poi ripreso nella letteratura di marketing e management. Quando qualcuno apre la strada e fonda una nuova visione bisogna rendergli merito, anche a costo di prendere a prestito qualche parola dalla sua lingua!