Tra il 13 febbraio e l’11 marzo il vostro blogger preferito ha avuto a che fare con il sistema regionale del Lazio quanto a vaccinazioni anti-Covid. Abbiamo testato due strutture differenti: la Sala Polivalente “Enrico Berlinguer” di Fiano Romano e “La Nuvola” di Roma EUR. Vi preannuncio l’impressione: 3P, tutto ha funzionato in modo preciso, puntuale e perfetto.
In famiglia siamo in 4: mamma, ultraottantenne in RSA con Alzheimer, papà ultraottantenne pensionato, mia moglie insegnante in una scuola internazionale e io, insegnante del MIUR. Così la nostra famiglia è una delle prime in Italia a vaccinarsi tutta. Due di noi hanno ricevuto Pfizer in febbraio, e due la prima dose di Astra Zeneca, l’11 marzo. Non assisto all’inoculazione di mia mamma: da quando siamo in zona rossa non si può più andare in visita nelle RSA. Discorso diverso per le due dosi di papà: scegliamo, dal portale Salute Lazio, di raggiungere il punto vaccinale di Fiano Romano, che rispetto a quelli della capitale ci assicura tempi più rapidi.
Con una mezzora d’auto arriviamo allo splendido splendente punto vaccinale di Fiano Romano, istituito dentro alla sala polivalente “Enrico Berlinguer”. E’ una struttura inaugurata nel 2014, di circa 360 metri quadri, dall’architettura gradevole con un elegante tetto spiovente in legno, all’interno del “Parco Caduti di Via Fani”. Come arrivamo al cancello, dei volontari in divisa verificano identità e prenotazione. Ci dicono che possiamo entrare con l’auto nel piazzale davanti l’ingresso, far zompettar fuori l’arzillo ottantenne, e in dieci passi raggiungere la sala.
Qui papà è accolto con calore e allegria da una braverrima assistente che lo chiama per nome e cognome, gli chiede come sta e se il viaggio da Roma è stato faticoso. “All’interno”, racconta mio padre Ernesto, “ci hanno trattato a tutti con il massimo della gentilezza e della cura, anche troppa! Anzitutto ci hanno fatto sedere e abbiamo atteso il nostro turno da seduti. Ero uno dei pochi uomini, ahimè, quasi tutte le persone in fila erano infatti donne, e devo dire tutte o quasi sembravano in buono spirito. Dopo un paio di minuti d’attesa, non di più, ho parlato con degli infermieri che hanno fatto un triage, chiedendomi quali medicine prendevo, e in generale il quadro della mia salute. Alla fine hanno deciso che avrei potuto ricevere il vaccino.”
Fatta l’iniezione, mio padre attende un quarto d’ora seduto in un’altra area della struttura, monitorato in caso di improbabili reazioni allergiche. Come molti ottantenni, vuole poi raggiungere l’auto affrontando a piedi la salitella che porta al parcheggio di fianco al piazzale. Anche la presenza di un vasto parcheggio a 15 secondi di distanza a piedi dalla struttura è mossa astuta.
L’11 febbraio a Fiano stavano montando a fianco della sala polivalente una tensostruttura piuttosto grande, di circa 100 metri quadri. Quando torniamo il 6 marzo per la seconda dose è pronta e funziona come sala d’attesa per i parenti o chi arrivi con troppo anticipo rispetto al proprio orario. Al nostro ritorno, ecco di nuovo la braverrima assistente della prima volta, che ora chiede a papà se la struttura è di suo gradimento. In questa occasione io riesco anche a scambiare due parole col medico di turno, un ragazzo molto giovane sotto i 30 anni, che mi spiega come loro ogni giorno hanno esattamente il numero di dosi sufficienti per ogni paziente che si è prenotato per quel dì.
L’11 marzo è il turno di mia moglie e io. Come insegnanti, ci prenotiamo fra gli ultimi e dunque la scelta del punto vaccinale è ormai ridotta: solo la Nuvola all’EUR o il punto vaccinale di Fiumicino, che proprio da ieri a mezzanotte opera 24 ore al giorno. Per noi è più semplice raggiungere la Nuvola. Arriviamo alle 15.00 spaccate e sin dalla strada, Viale Asia, notiamo un’organizzazione di stampo prussiano.
I romani già in fila sono stati suddivisi in gruppetti da decine e decine di personale fra vigili urbani, vigili del fuoco, infermieri, volontari, militari. Lì per lì non capiamo il significato di questi gruppetti, all’interno dei quali ogni persona è distante circa 2 metri da chiunque altro, e tutti indossano la mascherina. Poi comprendiamo che sono stati suddivisi dal personale della Nuvola a seconda del loro orario di prenotazione del vaccino. Quelli arrivati mezzora prima molto più indietro rispetto a quelli arrivati solo 10 minuti prima. Siccome noi siamo belli puntuali al minuto, ci fanno passare avanti a tutti coi nostri fogli di prenotazione: se arrivi puntualissimo, non fai la fila fuori.
Una volta dentro è sembrato entrare in un’astronave spaziale, con tanto di musichetta di sottofondo rilassante che però, data la circostanza, a me ricordava più le musiche tensive di Kubrick. L’immensa struttura è suddivisa in modo scientifico. C’è un grosso e attento studio di logistica dietro all’organizzazione del punto vaccinale della Nuvola, qualcosa mai vista in Italia. Si fa pochissima fila, quasi sempre da seduti e guidati e rassicurati da personale assai gentile.
Passiamo per 5 diversi ambienti: l’anticamera l’unico in cui siamo in piedi. Mostriamo la nostra prenotazione e riceviamo il nostro numeretto. Le altre 4 enormi sale offrono sedie distanziate di circa 2-3 metri una dall’altra, con grandi primule adesive attaccate sul pavimento a mo’ di distanziometro. Ogni ambiente ha schermi piatti che riproducono i tabelloni meccanici degli anni Settanta della stazione Termini: quelli a rollio, con tanto di finto rumore di rollaggio dei numeri. Un dettaglio che trovo azzeccato, perché ti cala psicologicamente nella soglia di consueta attenzione di quando devi capire quale binario raggiungere. Su questi schermi appaiono delle coppie di numeri e, dal ritmo incessante del loro alternarsi, intendiamo che avremmo atteso non più di 5 minuti.
Viene il mio turno, raggiungo la sala del triage. Una infermiera molto giovane mi intervista riguardo al mio stato di salute e ai vaccini fatti. Dopo un breve consulto con una dottoressa, decide che ho vinto la lotteria della vaccinazione. Ho diritto a raggiungere la sala successiva, dove di nuovo vedo sedie distanziate.
Qui la cosa che mi colpisce è che a noi vaccinandi ci fan star seduti, mentre i medici e gli infermieri si spostano in modo bustrofedico e super efficiente con un carrellino a rotelle: il team in camice bianco raggiunge lui, uno a uno, ogni persona. Il personale alla guida del carrellino è giovane, sui ventanni. Noto fra loro cadenze del Nord Italia, ma forse è un caso. Noi dobbiamo solo denudarci la spalla che si era decisa con l’infermiera del triage: questo dettaglio è stato annotato con cura: la seconda dose di fine maggio si farà sull’altro braccio.
Assisto financo a un attacco di panico di un giovane poco prima dell’iniezione. Noto professionalità nella reazione del personale sanitario: un atteggiamento che mescola solerzia, precisione e sdrammatizzazione. Vengono fuori la romanità e l’ironia giuste per l’occasione: è chiaro che l’obiettivo è anche quello di non creare spavento per noi altri.
Ricevo l’inezione, raggiungo la sala d’attesa del dopo-vaccino e qui becco mia moglie, bella radiosa. Siamo di nuovo tutti seduti e ho anche la possibilità di scattare qualche foto. Ne approfitto e chiedo all’infermiera Rachele Buonaiuto di posare per me. Passato il canonico quarto d’ora sempre sotto la guida degli schermi piatti e delle loro combinazioni numeriche, mia moglie e io traguardiamo l’ultima stazione: consegniamo il numeretto e ci danno un foglio che attesta quale lotto di Astra Zeneca ci hanno inoculato, quando, dove, da parte di quale settore del personale sanitario, usando quale metodologia. Quindi, usciamo a riveder le stelle. Orecchio quel che altri romani urlano all’esterno mentre telefonano: intendo che a qualcuno è stato negato il vaccino Astra-Zeneca. Si tratta però di persone diabetiche o che hanno altre condizioni. Li attende un diverso tipo di vaccino da prenotare in ospedale.
Mia moglie, caraibico-canadese, è meravigliata di tanta precisione e organizzazione, ma devo dire che il più sorpreso di tutti sono io. Sorpreso e anche un bel po’ fiero: in questa vicenda la Regione Lazio di Nicola Zingaretti sta dando lezione di organizzazione e logisitca al resto d’Italia. Forse anche al resto del mondo.