Sembrerà strano, ma anche in tempo di Coronavirus, epoca in cui chiusure, isolamento e quarantena sono le parole più in uso, l’attività più faticosa in assoluto è rimasta sempre attiva: si tratta dei traslochi. Non sono mai stati del tutto vietati, né nella prima né nella seconda ondata, e le ditte non hanno mai dovuto chiudere: certo, a seconda del colore in cui ci si sarebbe spostati o in cui si voleva arrivare le regole erano diverse, ma di base, seguendole, è sempre stato ed è possibile (comunicando ad esempio alle autorità lo spostamento, munendosi di autocertificazioni e sottoponendosi poi a periodo di quarantena). Insomma, per “motivi di necessità e urgenza” si giustifica ogni spostamento. Non solo: nel mese di ottobre 2020 i traslochi sono addirittura aumentati del 20%, soprattutto fuori dalle grandi città (dati www.traslochi24.it). Lavorando principalmente in smart working, infatti, per molti è stato possibile abbandonare le metropoli e trasferirsi nel paese d’origine.
Ecco perchè il grande successo che sta riscuotendo il manuale, piccolo ma intenso, “Il trasloco felice” di Ludovica Amat (Enrico Damiani Editore, 16 euro, 206 pp), cagliaritana di origine catalana trapiantata a Miano da 50 anni, non è poi un così inspiegabile mistero: “appena lo metto in vetrina qualcuno lo compra– mi ha detto il libraio della Libreria Popolare di via Tadino 18 a Milano, incuriosendomi ancora più di ciò che avevo in mente vedendo il volume esposto-. Credo che le persone abbiano sinceramente voglia di evadere”. E non solo con la mente: “grazie al Covid abbiamo capito che la città non è più così necessaria -racconta l’autrice, che riesco a contattare dopo aver letto il piccolo ma intenso volume. Parla con grande partecipazione e entusiasmo, fiera dei suoi 13 traslochi di casa e 15 cambi d’ufficio in meno di 60 anni-. Si torna finalmente ad abitare anche in campagna, e il Mezzogiorno sta ricominciando a vivere grazie al rientro di molti dei suoi abitanti, che hanno riportato con sé anche le loro esperienze maturate in questi anni di lavoro fuori”. Insomma, un libro che arriva paradossalmente al momento giusto: “forse sì- continua l’Amat, che lavora nella comunicazione d’impresa-, perché incoraggia il cambiamento. Ed è il sogno della mia vita dare forza alle persone: ho avuto una esistenza anche difficile (separazione, divorzio, ho perso il lavoro per un periodo), spero che sia un libro empatico, che porti ad un senso di adattamento e di leggerezza. Che oggi molti giovani hanno acquisito, io sono dovuta diventare così”. Ovvero? “Le nuove generazioni non trovano riferimento nelle cose, nelle abitazioni, in ciò che hanno: girano leggeri. Io mi sono abituata per forza a cambiare, e ormai sono convinta che il trasloco sia in sé un’esperienza felice: al punto che sono già nel mezzo del mio quattordicesimo trasloco di casa, e anche di lavoro (sedicesimo): a maggio mi sposto da Milano a Stresa sul Lago Maggiore”.
Tanti sono i motivi che l’Amat identifica per concepire gli spostamenti di casa non come un peso, ma come un’occasione di rinnovamento: “ogni trasloco può essere riconosciuto come un cammino, un’opportunità per guardare, anche con orgoglio, la strada percorsa, per scegliere i nuovi compagni di viaggio tra gli oggetti conservati, per liberarsi di ciò che ha fatto il suo tempo nel nostro cuore, possibilmente regalandolo, e per buttare le zavorre, che inutilmente appesantiscono le nostre ali”. talmente si è appassionata alla materia che la Amat ha elaborato una vera metodologia, che si può riassumere in dieci punti imprescindibili e che riguardano sia l’atteggiamento mentale con cui affrontare l’impresa, che aspetti pratici e concreti della questione.
- CALMA E CONSAPEVOLEZZA: forse il punto più arduo, viene prima d’iniziare il progetto ed è l’atteggiamento mentale con cui affrontare il trasloco imminente: bisogna abbattere la psicosi e non farsi prendere dal panico. Perché per l’Amat i cambi di casa sono sempre prove alla nostra portata, non sono imprese inaudite: “ci spostiamo con le nostre cose e abbiamo comunque la fortuna di poterci organizzare -dice l’autrice-. Dobbiamo concederci del tempo per raggiungere la consapevolezza pacifica di ciò che stiamo per affrontare: il trasloco è un Gigante Buono e possiamo stargli sulle spalle come amici”.
- QUADERNO: è una parte imprescindibile del trasloco, e deve essere rigorosamente di carta perchè va scritto, cancellato, riscritto. È il “diario di bordo”, e va compilato già nella fase preliminare, in cui si programma l’intero svolgimento dell’operazione. Devono essere qui raccolte tutte le tappe predisposte con cura, e poi vanno segnate volta per volta le cose fatte.
- TEMPO: è una componente molto importante per rimanere in uno stato mentale di calma (vedi punto 1) e non andare in affanno. È da unire alla parola “astuzia”: bisogna partire mesi prima, in modo da organizzarsi punto per punto, sala per sala, mobile per mobile. Infatti la fase iniziale del trasloco consiste, per l’Amat, nell’ordinare la casa in cui ancora si vive: selezionando ciò che non ci serve più, mettendo da parte ciò che vogliamo vendere, regalare o buttare. Per la vendita sono molto utili alcuni siti, come “Subito.it”, o Facebook: si trovano con grande facilità compratori.
- REGALARE: è un momento importante del trasloco. Ciò che non si vende si può regalare a chi ne ha bisogno, ma la Amat consiglia di non donare all’interno dei raccoglitori gialli ad hoc presenti per strada in città: spesso vengono svaligiati e non raccolti e ridistribuiti. L’ideale è scegliere una persona specifica bisognosa a cui donare, o rivolgersi ai frati francescani o qualche organizzazione umanitaria.
- CACCIA AL TESORO: fa sempre parte delle mosse preliminari. Bisogna girare per casa e scegliere ciò da cui non vorremmo mai separarci per niente al Mondo. Non c’è un numero limite di oggetti o mobili, ognuno ha i suoi.
- SVILUPPARE LA PROPRIA PARTE CREATIVA: “anche chi non pensa di averla, la scoprirà”. Consiste nel prendersi delle pause per andare nella casa nuova, ancora vuota, viverla, stare lì, pensare a come la si vorrà arredare. E poi girare per il quartiere futuro volendosi sentire già parte del luogo senza guardare agli aspetti pratici.
- LA CAPO PROGETTO, I BAMBINI E I MARITI: solitamente la capo progetto è la moglie e madre. Deve responsabilizzare e motivare il marito, affidandogli vari compiti, e far sentire coinvolti anche i bambini, che spesso soffrono molto per il cambio di casa. “Con i piccoli bisogna essere ‘magici’- dice l’autrice-: fare un picnic nella casa nuova ancora vuota, fare cerimonie allegre per salutare quella vecchia… celebrare fa bene anche ai più cinici”.
- GLI AMICI: sono preziosi e vanno coinvolti, soprattutto se non si ha ancora famiglia. “Non bisogna temere di chiedere aiuto -dice la Amat- anche dando dei compiti precisi a seconda delle diverse capacità e caratteri. Poi si festeggia offrendo una pizza a tutti”.
- MUSICA: è fondamentale, ogni trasloco ha la sua colonna sonora. La canzone italiana per la Amat è perfetta nei momenti di impacchettamento: “Ascolto di tutto, Tiziano Ferro o la Pausini. Anche se, a seconda dei ricordi che devi mettere via, ci sono anche dei momenti tristi: e lì ascolto rock-metal. La classica mi fa pensare alla grandezza umana, la ascolto nel momento del trasporto”.
- LE FESTE: che devono essere due. Una nella casa che si lascia e una in quella nuova. Anche in tempo di covid? “per fare festa si può essere anche in 2 o 4” conclude l’autrice.