Margherita Abita nasce nel 1993 a Levanzo, la più piccola isola delle Egadi, in provincia di Trapani.
João Silva nasce nel 1991 a Ponte de Lima, una cittadina carica di storia situata nel nord del Portogallo.
Margherita e João si incontrano casualmente nel luglio del 2018 a Porto in “Rua da Alegria” (la Via della Felicità) e poco dopo nasce, oltre ad un rapporto di coppia, il sodalizio artistico che oggi conosciamo con il nome di Still Life.
Nel maggio di quest’anno, dopo avere superato una selezione impegnativa con candidature arrivate da tutto il mondo, gli Still Life si aggiudicano la XIII^ edizione del Premio Andrea Parodi, una delle più importanti manifestazioni internazionali dedicate alla world music.
Oltre al titolo assoluto, si aggiudicano il riconoscimento per la migliore musica, per la migliore interpretazione, la menzione speciale del Premio Bianca d’Aponte ed il premio della Giuria dei Ragazzi.
Con grande piacere ve li presento, o meglio lascio che si presentino da soli.
Margherita presentaci João. João presentaci Margherita.
Margherita: João è il fondatore del progetto Still Life, cominciato un anno prima del mio arrivo. E’ un violinista, molto virtuoso e nel medesimo tempo sentimentale. Non perde mai di vista nei suoi virtuosismi l’emozione, la giusta direzione, il senso di quanto sta componendo e suonando. Caratterialmente è uno stacanovista; lavoro, lavoro, lavoro… piedi ben piantati per terra e grande voglia di lavorare.
João: Margherita è una ragazza che non smette mai di sorprendermi. Quando ci siamo incontrati per la prima volta non sapevo che cantasse; sono rimasto molto sorpreso quando l’ho sentita per la prima volta e questa mia meraviglia si ripete ancora adesso. Tecnicamente ha una voce molto particolare ed è una donna molto creativa. Quando lavoriamo insieme non smette mai di interrogarmi sul mio lavoro e le sue domande mi aiutano a capire meglio quello che sto facendo.
In fotografia si usa spesso il termine still-life, espressione inglese traducibile con “vita immobile”, l’equivalente dell’italiano di “natura morta”. Di still-life si parla nelle arti figurative per indicare quel genere in cui sono ritratti oggetti inanimati, non in movimento. La vostra musica mi sembra tutt’altro che inanimata.
Margherita: Still Life è il nome originario del progetto. Generalmente quando suoniamo abbiamo un’infinità di oggetti sul palco, cavi, computer, pedali, tastiere collegate al computer, siamo circondati dalla tecnologia.
Personalmente tutto questo hardware sul palco mi tiene sempre un po’ in stato di allerta, ma noi abbiamo trovato il modo di far prendere vita a tutte queste cose inanimate, questi soggetti da natura morta, con la nostra musica – violino e voce – con la nostra semplicità. Utilizziamo delle basi che non sono mai preregistrate, ma vengono create e suonate dal vivo da João: con la sua loop station; sono basi minimaliste, molto semplici, che ci aiutano a trasformare questi supporti tecnologici in qualcosa di vivo.
João: quando ho avviato il mio progetto ed ho iniziato a prendere confidenza con questa tecnologia ero chiuso in casa in quarantena, reduce da una malattia presa tre anni fa. Durante il ricovero in ospedale e durante la quarantena ho capito che una volta risolto il mio problema sanitario per me ci sarebbe stata “ancora vita”. Letteralmente “still life” significa “c’è ancora vita”!
Avete vinto recentemente a Cagliari la XIII^ edizione del Premio Andrea Parodi, il più importante contest di world music italiano, probabilmente uno dei più importanti al mondo. Cosa è per voi la world music?
João: non è per niente semplice trovare una definizione certa che possa andare bene sempre e per tutti. La parola world è un termine che si utilizza spesso per simboleggiare il concetto di universalità, per noi la world music è uno stile di comunicazione globale, che travalica i confini fisici e politici dei nostri tempi.
Margherita: questa world music è anche un po’ un calderone nel quale inserire molto di quello che non si riesce a catalogare con differenti “etichette”. Quando ci chiedono “ma voi che genere di musica fate?” ci mettono sempre in difficoltà.
João: non ci piacciono le etichette, quelle vanno bene al supermercato, meno nella musica. La musica è stile, sensazione, tecnica e sentimento. Quando tutto ciò funziona bene e funziona in ogni angolo del pianeta, forse siamo davanti ad una composizione di world music.
Margherita: world music è respiro, libertà, uno stile che prevede un’appartenenza culturale e territoriale ma nessun confine.
Vi attrae maggiormente il concetto di destino o quello di coincidenza, di caso fortuito?
Margherita: siamo legati ad entrambi i concetti. Il nostro incontro è stato certamente caratterizzato da una scintilla di casualità, di coincidenza. Io e João ci siamo conosciuti a Porto in Rua da Alegria, la strada della felicità, in un giorno in cui entrambi avremmo dovuto essere altrove, lontani da quella città.
Sembrerebbe un caso, ma potrebbe anche essere stato tutto predestinato. Credete al libero arbitrio dell’uomo?
João: dopo questa nostra esperienza pensiamo che le cosiddette coincidenze siano le prove dell’esistenza del destino.
Margherita: si, però attenzione, le coincidenze si colgono ( o si lasciano sfuggire) anche grazie al nostro libero arbitrio, o meglio grazie a quanto siamo aperti e presenti nel momento in cui si presentano. Se quel giorno io avessi avuto le scatole girate, se fossi stata nervosa o immusonita, se non avessi avuto un’attenzione positiva per quanto accadeva, molto probabilmente non avrei colto l’attimo fuggente. Conviene sempre vivere la vita positivamente…
Per consuetudine e per regolamento i partecipanti al Premio Parodi devono cimentarsi in un’interpretazione personale di un brano di Andrea. Quale pezzo avete scelto e cosa vi ha lasciato dentro una volta ripartiti da Cagliari e dalla Sardegna?
Margherita: noi abbiamo scelto due brani, “Mirade” e “Non mi giamedas Maria”, due pezzi che di solito si eseguono insieme. Avevamo una selezione di trenta brani tra i quali scegliere ma abbiamo avuto pochi dubbi nell’individuare quello giusto; non appena l’abbiamo suonato per la prima volta ci è calzato subito a pennello, anche se poi l’abbiamo stravolto, con un briciolo di incoscienza. Non ci siamo aggiudicati il premio per la migliore cover version di un pezzo di Andrea Parodi, ma in ogni caso per noi è stato utilissimo, ci ha consentito di tirare fuori un aspetto della nostra musica che non era uscito con le altre interpretazioni.
Dalla Sardegna portiamo via un desiderio enorme di registrarla e di eseguirla ancora dal vivo.
João: quando siamo arrivati in Sardegna sapevamo che la nostra interpretazione non sarebbe stato solo un omaggio ad Andrea ma anche una lettura diversa di un pezzo tradizionale che sull’Isola tutti conoscono. E’ un brano che tratta il tema del dolore; noi abbiamo cercato di mettere in connessione il mondo sardo con quello africano e brasiliano, pensando ad esempio al baião. Abbiamo mischiato tutto con la cultura afro-brasiliana, dove l’espressione del dolore si presenta anche attraverso il ballo. Abbiamo cambiato il ritmo rendendo la canzone molto diversa dall’originale; l’obiettivo era dare una forma diversa al concetto di dolore
Cosa inserite nella vostra musica della tradizione della vostra terra natìa?
João: la nostra è una musica multicolore, le nostre canzoni sono abbastanza varie e differenti tra di loro. Proprio dopo il Parodi abbiamo pensato che fosse giunto il momento di avvicinarci di più alle nostre radici. La canzone vincitrice si avvicina allo stile musicale del fado, alle mie origini, per me è stato un grande piacere poterla interpretare.
Margherita: dopo il Premio Parodi per noi è stato chiaro che è giunto il momento di scavare alla ricerca delle nostre radici, portoghesi e siciliane. Non abbandoneremo totalmente la nostra vena british e pop, ma certamente guarderemo di più al passato per trovare i punti cardinali delle nostre origini.
Gli Still Life scrivono un testo e successivamente lo musicano oppure prima disegnano armonia, ritmo e melodia e solo al termine lo arricchiscono con le parole?
Margherita: generalmente tutto parte da João, che ha la grande dote di sapere creare melodie dal nulla, lui vede la musica. Poi io mi infilo le cuffie e mi perdo nelle sue composizioni. Io scrivo i testi in base alle immagini che vedo, in italiano, portoghese ed inglese. La scelta della lingua non è una scelta tecnica, sono le immagini che mi parlano, una volta in italiano, una volta in inglese, una volta in portoghese.
“Pagura” è una parola inventata che deriva dalla fusione di paura e paguro. Il protagonista è un piccolo paguro che una volta cresciuto è costretto ad abbandonare la sua conchiglia per cercarne una più grande. É la metafora di quanto ci spaventino i cambiamenti, ai quali poi in realtà ci adattiamo facilmente. Nell’inciso cantiamo “Quanta paura ci vuole per avere coraggio?”, una domanda che deriva da una riflessione profonda che forse ancora non ha una risposta. Questo brano gode della preziosa collaborazione del violinista polacco Adam Baldych a cui va la nostra stima e la nostra amicizia.
Still Life
Il video, totalmente autoprodotto, è stato girato in Paradiso, ovvero nelle acque di Levanzo. Buon ascolto, buona visione. CS
Come si sostiene economicamente la realizzazione di un progetto artistico come il vostro?
Margherita: noi lavoriamo entrambi nel mondo della musica, che ci da un reddito adeguato a vivere ed a sviluppare il nostro progetto. Siamo anche dei “mercenari”, andiamo a suonare e cantare con altre formazioni. Quello che incassiamo in altre attività lo riversiamo nel progetto Still Life (che al momento forse costa più di quanto rende) perché ci crediamo fortemente.
Noi viviamo a Barcellona, una città che ci abbraccia e ci fa lavorare tanto…
E voi la ringraziate non proponendo nemmeno una canzone in catalano o in castigliano! Bravi, ingrati…
Margherita e João: (sorridendo) hai ragione, ma non lo sentiamo, non viene. Sarebbe un pochino artificioso per noi scrivere in queste lingue, certo ci potrebbe aiutare ad entrare meglio nel “giro discografico” di qui, ma non viene. Per ora no.
João: non suoniamo per soldi, facciamo quello in cui crediamo. Sino ad oggi non è stato necessario fare compromessi, la nostra musica ci ha garantito una buona autonomia; se mai dovessi avere bisogno di un introito extra… non cambierei la mia musica, piuttosto andrei a fare il cameriere. Ma per ora per fortuna non abbiamo questa necessità.
Una voce bellissima, un violino vibrante… e poi?
Margherita: e poi… MAGIA.
João: e poi… SPERANZA.
Quanto ha inciso dentro di voi l’esperienza funesta della pandemia covid?
Margherita: è stata un’esperienza oscura. E’ stato un momento di grande crescita. Doversi fermare, dovere staccare dal ritmo frenetico della vita ordinaria mi ha portato ad avere il tempo ed il modo di confrontarmi con i miei “scheletri nell’armadio”, con la “polvere” che mettiamo sotto il tappeto. E’ stato un momento di dolore ed anche di crescita. Musicalmente non ci siamo fermati, anche se non abbiamo sentito la necessità di riempire lo spazio vuoto con un nuovo cd. Sarebbe stata una forzatura, abbiamo evitato di fare una scelta non sentita davvero.
João: tutto si è fermato, la gente ha iniziato a spostare i propri pensieri su cose diverse da quelle del proprio tempo ordinario. Anch’io che suonavo ogni giorno in un locale di flamenco (ogni giorno prove, concerti etc) non avevo il tempo e la tranquillità per pensare a fondo a cosa volessi davvero. Lo stop causato dal covid mi ha aiutato a riflettere; ho fatto una selezione e delle scelte, oggi faccio la metà delle cose che facevo prima e quello che ho lasciato dietro le spalle non mi manca.
Dove immaginate di essere, artisticamente e nella vita privata, tra dieci anni?
João: io in Sicilia, su una barca di pescatori.
Preparati, perché io sarò a bordo con te!
Margherita: saremo a Levanzo, l’isola dalla quale provengo. E mentre voi sarete sulla barchetta di legno con le mani tra ami ed esche, io veleggerò con la mia barca a vela, perché nel frattempo avrò fatto la patente nautica.
L’ultima volta che vi siete commossi? L’ultima volta che vi siete adirati?
Margherita e João: arrabbiati? Mezz’ora fa!
Margherita: un mese fa ho provato un’emozione immensa, in Sicilia. Ho fatto un bagno di mezz’ora nell’acqua gelata e mi sono sentita “acqua”. Il mare, la natura, la mia terra. Splendido.
João: un giorno sono andato da solo al faro di Levanzo, Margherita era a Barcellona. Sono salito sul faro ed ho guardato il mare. Mi ha fatto paura, era sterminato, infinito, mi ha commosso.
Margherita sai suonare? João sai cantare o sei stonato come una campana?
Margherita: ti dico di no per rispetto nei confronti dei musicisti veri, qualcosina so fare ma non sono una vera musicista.
João: non sono stonato ma non canto perché mi vergogno da morire. Ogni tanto canto con Margherita, ma sono timido. Piano piano… prima o poi, canterò!
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All’incantevole Margherita ed al mio futuro collega di pesca João, buon lavoro e buona vita.