Con gli 80 milioni del Trivulzio risanavamo le scuole

Con gli 80 milioni del Trivulzio risanavamo le scuole

Quanto vale lo scandalo del Pio Albergo Trivulzio? Quanti soldi ha perduto l’Ente? E quanto, alla fine, potrebbero recriminare il Comune di Milano e la Regione Lombardia, che ne sono azionisti al 50%, se non fossero proprio Palazzo Marino e il Pirellone a nominare i vertici che gestiscono il Trivulzio? Circa 7 milioni di euro all’anno per i soli contratti iniziati a partire dal 2000. Almeno un’ottantina di milioni, quindi, il mancato introito complessivo degli affitti nell’ultimo decennio. Molti contratti però sono ancora in essere, e le casse dell’Ente continueranno a perderci; molti altri risalgono a ben prima. Abbiamo calcolato il valore degli affitti pagati negli ultimi dieci anni per le 857 abitazioni situate in città e li abbiamo confrontati con i valori di mercato dei canoni di locazione riconosciuti, per le stesse zone di Milano, dalle principali agenzie immobiliari. Un calcolo che non comprende gli affitti degli spazi commerciali, i box, gli immobili situati fuori Milano (circa il 15%), e le compravendite di cui solo oggi si sono avute notizie ufficiali.

«Un consistente patrimonio immobiliare frutto di 500 anni di lasciti e donazioni». Così viene descritta sulle pagine web del Pio Albergo Trivulzio la disponibilità di case e appartamenti che serve per la «produzione di reddito»: 160 stabili per un totale di circa 1.400 unità immobiliari, una superficie complessiva di circa 100 mila metri quadri ai quali si aggiungono 1700 ettari di terreni e poderi. Le proprietà sono in tutta la Lombardia (alcune anche a Torino) ma è a Milano che si concentrano gli affari più redditizi, perché in città la richiesta di alloggi è tra le più alte in Italia, confermata anche dai dati del Gruppo immobiliare Toscano: più 32% per le compravendite nel primo semestre del 2010 rispetto al 2009, mentre Roma si attesta +16,9% nello stesso periodo. Un mercato che coinvolge anche gli affitti che toccano punte di 27.600 euro all’anno per un trilocale nel quadrilatero della moda di Milano.

Ma nel caso del patrimonio immobiliare del Pio Albergo Trivulzio affittato anche a un quarto dei valori di mercato, il danno erariale (anche la Corte dei Conti è impegnata nell’inchiesta) è un danno di mancato introito per le casse del Comune e della Regione Lombardia che hanno rispettivamente il 50% dell’ente. Un’amministrazione pubblica senza scopo di lucro che raggruppa l’Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio che gestisce case di cura, servizi per anziani, case per minori e ambulatori.

Comparando gli affitti per metro quadro della banca dati di Tecnocasa (che ha 3200 filiali in Italia che si occupano di compravendite e locazioni) e si ottiene una differenza tra valori «reali» di mercato e valori «calmierati» degli inquilini dell’ente pubblico: 7 milioni di euro di mancato introito all’anno.
Ecco alcuni esempi di abitazioni all’ombra della Madonnina: in Corso di Porta Romana ci sono 60 appartamenti dati in affitto dal 2000 a un prezzo medio di 106 euro per metro quadro per anno, per un importo complessivo di 541mila euro. I dati di locazione di Tecnocasa per i bilocali e trilocali in zona sono quasi il doppio con una media di 193 euro per metro. Un «ammanco» pari a 439mila euro all’anno.

Valori simili a pochi passi da lì, in Corso Italia, dove i 508 metri quadri del Pio Albergo Trivulzio hanno portato in cassa poco più di 38mila euro contro gli 82mila euro del valore di mercato. Altra zona di Milano al centro della shopping come corso Buenos Aires dove il valore per metro quadro all’anno è pari a 132 euro ma gli inquilini pagano 52 euro.  Ma i pezzi «pregiati» sono altrove: a ridosso del quartiere di Brera in via Moscova, via San Marco e piazza Mirabello ci sono 141 appartamenti affittati con contratti da 5, 8, 12 anni a partire dai primi anni Duemila, quando il mattone ha avuto la sua crescita più impetuosa. Tutti insieme danno un ricavo annuo di 832mila euro per oltre diecimila metri quadri che, a prezzo di agenzia, avrebbero assicurato una resa da 2 milioni e 167 mila euro. La somma complessiva porta dunque a un mancato introito stimato per la sola città di Milano in oltre 7 milioni di euro (e sono escluse le 136 case sparse tra Cesano Maderno, Peschiera Borromeo, Sesto San Giovanni, Colturano e Torino, i box e gli spazi commerciali).   

Una vicenda spinosa, insomma, che deve ancora mostrare tutto il suo potenziale negativo. Ci sono le polemiche politiche, che riguardano Giuliano Pisapia e la sua compagnia Cinzia Sasso che non possono sciogliersi con una sola alzata di spalle. Ci sono tanti nomi illustri di persone notoriamente non indigenti che vivono a tariffe agevolate, e questo è l’ennesimo schiaffo a una città e a un paese sempre più insofferenti nei confronti delle proprie élite. Ma più di tutto resta il dato tecnico e quantitativo: perdite e mancati guadagni sono senz’altro più elevati di quanto riportato più sopra. Non fossimo in un’epoca di rigore di bilancio, di enti pubblici tenuti sotto rigoroso controllo dai vincoli europei e interni, sarebbe semplicemente uno scandalo. Ma in quest’epoca, mentre la finanziaria nazionale tira la cinghia e il Comune di Milano va vendendo e privatizzando quel poco che resta, è uno scandalo che non possiamo permetterci.

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