«Mediobanca sfrutta Generali e non sa fare affari»

«Mediobanca sfrutta Generali e non sa fare affari»

«Allora venite a vedere un perdente?». Antoine Bernheim non perde il gusto dell’autoironia, e neanche quello dell’ironia puntigliosa nei confronti degli avversari. La lettura del libro del grande giornalista economico francese Pierre de Gasquet regala spunti sapidi. E una polemica anti-italiana che il vecchio banchiere porta fino ai confini della ferocia.

«Infami» definisce i responsabili della sua cacciata dalla presidenza di Generali. “Anche a 85 anni – annota il giornalista – non comprende come abbiano potuto non rinnovarlo ai vertici di Generali, o lasciargli almeno un posto in consiglio”.
Bernheim non ne fa una questione personale, naturalmente, ma di mercato: «È una pagina nera, uccideranno la compagnia». E di fronte alla domanda sulle responsabilità di quanto accaduto è ancora una volta categorico. «Sicuramente non è colpa di Berlusconi, che anzi mi aveva garantito che non mi avrebbe rimosso fino alla fine della crisi». Emerge, dalle parole di Bernheim, il fortissimo attivismo della politica italiana sul colosso internazionale della finanza incardinato a Trieste. Tremonti è a più riprese accreditato di voler «mettere le mani su Trieste».

Del resto, anche i rumors che attraversano in queste settimane i corridoi della finanza italiana, quelli che tutti riportano e a cui nessuno ammette mai di credere, dicono di un Tremonti che vorrebbe addirittura un posto per sé, in un futuro lontano, ai vertici del glorioso Leone. Fantapolitica? Fantafinanza? Con ogni probabilità sì, ma le voci restituiscono bene il clima in cui si gioca la partita di potere in Generali: le continue polemiche tra il socio Diego della Valle e il presidente Cesare Geronzi sono solo il punto di emersione di una dinamica assai più profonda.
E tra Geronzi e Della Valle con chi sta, il vecchio Bernheim? Difficile a dirsi, anche se nel libro qualche indicazione si trova. Con Geronzi «ho ottimi rapporti, e non è stato certo lui il colpevole del mio defenestramento». Su chi ha preso il suo posto, fa una notazione ai confini tra governance societaria e sistema relazionale: «Non avrà alcun potere», mentre a Vincent Bollorè imputa la poca eleganza di chi segnalava il problema di una «società quotata amministrata da un 85enne».

Ma il dito è puntato duramente verso qualcun’altro. Verso i soci privati, anzitutto: Del Vecchio, Pelliccioli e Caltagirone sono i responsabili della sua cacciata. Proprio tra i soci privati, peraltro, si annidano anche i principali avversari della nuova presidenza di Geronzi: Della Valle (che Bernheim non cita tra chi non l’ha più voluto), e Del Vecchio.
Verso Mediobanca, anzitutto: un posto popolato da «mediocri che non fanno mai un deal» e poi, rincarando, dei «macrò che sfruttano Generali», cioè dei «papponi». La scelta delle parole di Bernheim non onora certo Mediobanca. Ma neanche le sue «Generali», a rigor di metafora, son trattate con particolare rispetto.  Del nostro paese, per coerenza, l’ex presidente dice senza mezze misure che è un posto in cui «si allevano generazioni di mediocri».

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