La battaglia per Torino si combatte sul debito. Piero Fassino, che ieri sera è uscito trionfante dalle primarie del Pd, dovrà fare molto bene di conto, se sconfiggerà anche il candidato di Pdl e Lega, quando ci sarà il voto per eleggere il sindaco che sostituirà Sergio Chiamparino alla guida del capoluogo sabaudo. Il primo nodo da sciogliere sarà proprio quello dell’indebitamento, pari a 3,1 miliardi di euro nel 2008, ultimo dato certificato, circa il 225% delle entrate, il valore più alto d’Italia. Un fardello che pesa per circa 3.500 euro sulla testa di ogni torinese. Ma Fassino continua a glissare: «Il problema del debito? Lo risolveremo a tempo debito». Del resto, non ci sono ancora proposte concrete in programma per la riduzione delle esposizioni creditizie, né dal punto di vista del centrosinistra né da quello del centrodestra. Anzi, oltre al danno, la beffa. A Palazzo Civico avevano appena installato un avveniristico autovelox su Corso Moncalieri, una delle principali arterie veloci della città, salvo poi vederselo considerare illegittimo dalla Corte di Cassazione. Risultato? 300 mila euro andati in fumo e 5.800 multe elevate nel solo 2010, per complessivi 500 mila euro che potrebbero tornare nelle tasche dei cittadini.
In origine furono le Olimpiadi invernali del 2006. Volute con forza dal Comune di Torino, hanno fatto più danni che altro. Se nel 2001 il debito era di circa 1,7 miliardi di euro, nel 2007 era salito a 2,98 miliardi. Gli ultimi dati della Cgia di Mestre, l’associazione di artigiani solita nel effettuare studi statistici alternativi, facenti riferimento al 31 dicembre 2008, hanno visto questa cifra salire fino a quota 3,1 miliardi di euro. E secondo le ultime previsioni del Comune di Torino, che Linkiesta ha potuto visionare, per il 2010 l’indebitamento netto dovrebbe attestarsi a circa 3,8 miliardi di euro. E le previsioni condotte dalla facoltà di Economia dell’Università di Torino non sono ottimistiche. Nello scenario meno avverso nel 2012 saranno sorpassati in pianta stabile i 4 miliardi di euro di debito, in larga parte provocati dall’ampliamento della metropolitana e dai progetti di riqualificazione urbana già attivati a supporto degli eventi olimpici. Il tutto senza dimenticare l’eredità di Torino 2006, che cinque anni fa faceva brillare di gioia gli occhi dei torinesi, ma che ha lasciato oltre 300 milioni di euro di scoperto, fra i buchi di bilancio del Toroc, il comitato organizzatore, e le perdite derivanti dagli impianti olimpici, ormai inutilizzati.
Oltre alle Olimpiadi c’è di più. Se da un lato l’enorme mole di spesa pubblica per le grandi opere collegate all’evento sportivo sono state finanziate a debito, dall’altro c’è la certezza che il Comune ha ampiamente giocato coi derivati, finendo sotto per più di una volta. Al centro delle polemiche c’è sempre il ruolo dell’assessore al Bilancio Gianguido Passoni, anche lui in corsa per le primarie contro Fassino. Passoni nel 2006, nella relazione al rendiconto, ha spiegato che «l’utilizzo di nuovi strumenti alternativi di reperimento di capitale si va diffondendo sempre di più». In altre parole, stava parlando dei derivati. La relazione infatti continua in un modo che, dopo il crac di Lehman Brothers, lascia ben più di un interrogativo sulla gestione dei conti pubblici sabaudi. «Non si possono tralasciare le operazioni di Interest Rate Swap (IRS) per la migliore gestione del debito già contratto. Ora alcune operazioni contratte in anni precedenti segnano un Mtm (mark-to-market, ndr) negativo e nel quadro di una gestione dinamica delle posizioni di debito strutturato diviene improrogabile modificarne le caratteristiche». Tutto ciò si traduce in perdite, circa 150 milioni di euro per circa 23 contratti derivati sottoscritti per un valore nozionale di 1,2 miliardi di euro. Mica male per una città che ha fatto dell’understatement il suo storico cavallo di battaglia.
Come se non bastasse, a Torino dal 1993, quando nello scranno più alto della Sala rossa c’era Valentino Castellani, a oggi, con Chiamparino come deus ex machina, il debito è servito a finanziarie mostre, concerti, attività ricreative di qualsiasi genere. Lungi dall’immaginare una città senza divertimenti, è chiaro che qualcosa è andato storto. Non a caso, negli ultimi due anni il Comune ha ridotto al lumicino le sponsorizzazioni che fino al 2008 erano approvate con molta leggerezza. Un consigliere comunale che ha chiesto l’anonimato dice a Linkiesta: «Ogni anno almeno 100 milioni di euro vanno a finire nelle casse degli eventi presenti nell’area metropolitana di Torino e non solo. Forse si sono accorti in ritardo che non ci sono più soldi». Del resto, Passoni nella sua biografia è assai esplicito sulla sua condotta: «La mia bussola in questi cinque anni di assessorato è stata puntata in una sola direzione, le finanze della città devono poter continuare a supportare i servizi sociali che le politiche di questo governo nazionale di centrodestra hanno messo a forte rischio».
Ma se a Palazzo Civico piacciono le feste, è ancora più grande la passione per l’arredo urbano. A forza di rinnovare gli assi portanti della città, Chiamparino ha speso circa, spiegano dal Comune, 400 milioni di euro. Il Passante ferroviario è costato oltre 750 milioni di euro, mentre la metropolitana ha già superato quota un miliardo. Il tutto finanziato sempre a debito, meglio se coadiuvati dai derivati. Tanto, come ha più volte ricordato Passoni, «Dire in assoluto che i derivati sono un male è una mistificazione della realtà – ha ancora detto Passoni – certo chi gestisce il denaro pubblico deve farlo senza rischiare». Parole sante, se si fosse a piena consapevolezza dei rischi connessi al loro uso e all’estrema volatilità del prodotto in sé. Certo, ora Torino è più vivibile, più a misura d’uomo, come dice spesso il sindaco. Ma ha anche sul groppone un fardello da 3.500 euro a cranio. Un po’ troppo, considerando anche il clima congiunturale non particolarmente favorevole.