Fiat andrà negli Stati Uniti. È questa la soluzione di comodo che fonti vicine a Sergio Marchionne, amministratore delegato della casa torinese, hanno confidato a Reuters durante il Salone di Ginevra. «Se io pago il 70 per cento di tasse in Italia e solo il 30 per cento negli Usa, non è difficile immaginare dove andrò», scrive l’agenzia stampa attribuendo le parole a Marchionne. Torino smentisce, affermando che non è ancora stata scelta la sede legale. Ma stando a fonti interne, la soluzione americana è quella più probabile.
Una scelta che non deve stupire, specie osservando i profondi cambiamenti che il Lingotto sta vivendo, a cominciare dallo stabilimento di Mirafiori, vicino alla dismissione. La reazione degli investitori non è stata neutra. Da un lato, il titolo di Fiat Spa è risultato uno dei più frizzanti, con una crescita di oltre uno punto percentuale a metà pomeriggio, salvo poi chiudere con un rialzo dello 0,54 per cento. Dall’altro, Fiat Industrial ha ceduto l’1,3 per cento.
Il report della Reuters non deve stupire. L’obiettivo di Marchionne rimane il raggiungimento di sei milioni di vetture prodotte all’anno. Per fare ciò, è inevitabile che si vada a cercare la soluzione più economicamente conveniente. Del resto, la posizione delle società di rating su Fiat è nota. La più negativa è Standard & Poor’s. Il 24 febbraio ha declassato il rating di Fiat Spa, portandolo da BB+ a BB. Pesa il debito, circa due miliardi di euro per l’anno in corso, ma non solo. Proprio l’ipotesi di fusione con Chrysler, stando alle indiscrezioni sempre più vicina, è uno degli elementi che potrebbe portare S&P a tagliare ulteriormente il rating di Fiat. Non è ancora chiaro infatti quale potrebbe essere il risultato della nuova società, né sotto il profilo delle vendite né dell’indebitamento.
Per ora Piazza Affari ha registrato un andamento controverso per i titoli del Lingotto. Fiat Spa, in un seduta piuttosto piatta, ha utilizzato i rumour per balzare in alto di mezzo punto, mentre Fiat Industrial ha avuto la maglia nera di giornata (-1,69%), spinto al ribasso dal report Reuters. Vivace invece la seduta di Exor, cassaforte di Casa Agnelli. Parlando della società di John Elkann, vale la pena ricordare l’intervista che quest’ultimo ha rilasciato al Financial Times pochi giorni fa. Elkann ha parlato dell’uscita di Exor da parte del capitale di Fiat – attualmente è al 30% – senza però specificarne tempistica e modalità.
Debito e profittabilità sono i due punti focali per la Fiat voluta da Marchionne. I due miliardi di euro di indebitamento stimati da S&P per il 2011 probabilmente aumenteranno. Gli investimenti per Fabbrica Italia restano ingenti e saranno effettuati a debito. I mercati finanziari lo sanno e lo hanno già scontato al Lingotto. Riguardo ai profitti, Marchionne non ha dubbi. I concorrenti internazionali si stanno facendo sempre più aggressivi, specie quelli originari del Sud-est asiatico. Kia e Hyundai stanno compiendo grandi passi avanti nel mercato europeo e americano, anche grazie a margini che per le compagnie continentali sono difficili da raggiungere. C’è poi la questione nipponica. A seguito del terremoto dell’11 marzo, le big del settore automobilistico giapponese hanno dovuto fermare la produzione per alcuni giorni e subiranno gli effetti della devastazione nella regione di Sendai, una delle più industrialmente avanzate del Paese. Questo si traduce in una probabile contrazione della quota di mercato per Toyota negli Stati Uniti, dove Marchionne vuole accrescere la presenza di Chrysler e del Lingotto.
La liquidità rimane la maggior virtù di Fiat. Gli oltre 13 miliardi di euro potranno essere utili per le acquisizioni all’estero per aumentare la caratura internazionale della casa torinese. Continua infatti l’espansione nei mercati emergenti, Brasile e Cina su tutti, tramite joint-venture e alleanze strategiche per la componentistica. Ma aumenta anche la potenza di fuoco del Lingotto negli Usa. La 500 continua a raccogliere successi, specie dopo uno speciale sul New York Times di alcune settimane fa. In virtù di ciò, Marchionne sta spingendo sull’acceleratore per cavalcare l’onda statunitense. Non è difficile immaginare quale sarà la scelta del manager sulla futura sede del Lingotto.