Giappone, mistero sul suicidio dell’Ad di Tepco

Giappone, mistero sul suicidio dell’Ad di Tepco

A porre in modo velato la domanda è stato il Washington Post. “Ma che fine ha fatto l’ad di Tepco?”. Nessuno lo vede dal 13 marzo, la notte di quella drammatica conferenza stampa. Vive, o viveva in una lussuosa torre a Tokyo, ma nessuno sa dove sia ora. 

Le ipotesi che circolano sono diverse: secondo alcuni avrebbe lasciato il paese per scappare, coperto di vergogna. Per altri, invece, si sarebbe tolto la vita come un samurai sconfitto. Il massimo della vergogna, da un lato, e il massimo dell’orgoglio nipponico e della punizione di sé, dall’altro. Non manca, naturalmente, chi invece sostiene che sia al suo posto, alacremente al lavoro.

In Giappone, peraltro, i rumors corrono da giorni. Un suo ricovero in ospedale è stato dato quasi per certo già nei giorni scorsi, e diversi media hanno accreditato la versione del suicidio mancato.

Certo è strana questa scomparsa improvvisa e assoluta, per un manager che più di ogni altro dovrebbe dare risposte e sulle cui spalle sta il pesantissimo compito di dare una visione più rassicurante sul futuro, ma anche – e soprattutto – di convincere un mondo sempre più perplesso che tutto, nel passato, è stato fatto per il meglio. 

La notizia del suicidio è stata lanciata meno di un’ora fa in rete da Nhk, la televisione giapponese, subito dopo smentita da un comunicato di Tepco. La società, dopo un iniziale imbarazzo,  ha ufficialmente dichiarato che tornerà al lavoro domani stesso. 

Ad aggiungere ombre sulla difficile situazione che stanno vivendo i vertici di Tepco ci ha pensato inoltre Naoto Kan, primo ministro giapponese. Secondo quanto riferisce l’agenzia Bloomberg, la gestione Shimizu, salito ai piani alti della compagnia nel 2008, avrebbe fatto perdere 29 milioni di dollari alla società. Ironia della sorte, la promozione del 66enne Shimizu, tre anni fa, era parte di un’operazione per ridare fiducia al Paese dopo che un altro terremoto comportò la chiusura degli impianti di Kashiwazaki Kariwa, i più grandi del Paese. Se di suicidio, dunque, non si può ancora parlare, le dimissioni del numero uno della utility nipponica sono soltanto una questione di tempo.  

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