Il farmaco italiano fa rotta verso Tokyo

Il farmaco italiano fa rotta verso Tokyo

Aiuti internazionali e la ricostruzione. Mentre continua a crescere il numero delle vittime e dispersi del sisma che ha colpito il Giappone e si aggrava la preoccupazione per le fughe radioattive dalle centrali nucleari, le imprese italiane studiano come organizzarsi a rispondere alla domanda indotta dalla catastrofe. In due fasi: l’emergenza e il ripristino della normalità. Già l’economista John M. Keynes segnalava, e non scherzava, il ruolo di motore economico svolto da guerre e terremoti.

Visti dall’Europa, i bisogni più immediati della popolazione del Sol levante e, più avanti, quelli dell’economia nel suo complesso diventano un’opportunità. L’Italia è ben posizionata per cogliere le occasioni nella prima fase, mentre la ricostruzione, soprattutto quella edilizia, è più un business domestico. Sull’interscambio commerciale del Giappone (128mila miliardi di yen, circa 1.100 miliardi di euro al cambio corrente), l’Italia è al 25esimo posto come fornitore, al 27esimo come paese cliente. Il principale fornitore è la Cina, seguita dagli Stati Uniti.

Nel 2010 sull’asse Roma-Tokyo sono stati scambiati beni per circa 9 miliardi di euro; il saldo netto è positivo per poco più di un miliardo a nostro favore. Dall’Italia vengono spediti soprattutto medicinali, preparati farmaceutici, strumenti ottici e chirurgici, prodotti chimici di base, oltre ovviamente ai prodotti tipici del made in Italy (abbigliamento, tessuti, calzature, cuoio lavorato, borse, etc.) e macchinari. Nell’ultimo anno la farmaceutica è diventata il primo comparto per rilevanza nell’export italiano verso il Sol levante, davanti al settore cuoio/pelletteria. Il Giappone, invece, ci vende principalmente autoveicoli e mezzi di trasporto, macchinari e componenti elettronici.

I bisogni legati alle prime fasi di gestione dell’emergenza dovrebbero perciò generare fatturato soprattutto per le imprese del macrosettore della farmaceutica e del biomedicale. Fonti vicine a Farmindustria, l’associazione confindustriale che riunisce oltre 200 imprese del farmaco, riferiscono che diverse imprese si sono già attivate per rispondere alle richieste che arriveranno. Nel 2010 il Giappone ha importato prodotti farmaceutici italiani per 84 miliardi di yen e strumentazioni medicali per altri 19 miliardi, equivalenti complessivamente a quasi un miliardo di euro. La fase di ricostruzione, invece, potrebbe essere il momento del tradizionale made in Italy, dall’abbigliamento alla pelletteria ai mobili.

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