BERLINO – La nube radioattiva sprigionata dalle esplosioni della centrale giapponese di Fukushima non raggiungerà la Germania, però la sconfitta politica che la catastrofe giapponese sta causando al governo di Angela Merkel è già chiara. In un Paese dove rimangono attive 17 centrali e dove il 55% della popolazione è contrario all’utilizzo di questa tecnologia, l’impatto degli eventi degli ultimi giorni minaccia di trasformarsi in una sconfitta elettorale per Merkel, in una primavera ricca di appuntamenti con le urne. Abbandonare il nucleare si può, ma costerà caro.
«La Germania deve rivedere, nelle prossime settimane e mesi, la sua intera politica energetica», decretava domenica laFrankfurter Allgemeine Zeitung, quotidiano conservatore che da sempre difende la tecnologia atomica. Sabato, poco dopo la prima esplosione di Fukushima, Merkel ha convocato un vertice di emergenza per ridiscutere la strategia energetica del Paese. Nel corso dell’incontro, in cui hanno partecipato tanto il ministro dell’Ambiente Norbert Röttgen (della Cdu, partito di Merkel) come il ministro degli esteri Guido Westerwelle, liberale dell’Fdp, si è discusso in particolare di come verificare la sicurezza delle centrali tedesche, anche se i media di questo Paese assicurano che c’è in gioco molto di più.
Alla fine del meeting, mentre migliaia di persone (60mila secondo le agenzie) protestavano a Berlino e in altre città, Merkel ha offerto la solita conferenza stampa molto cauta. «Quello che è successo in Giappone, un Paese con alti standard di sicurezza per le centrali, significa un punto di svolta per tutto il mondo», ha detto Merkel, prima di tornare a difendere il fatto che in Germania il nucleare è una «tecnologia ponte», fino a che le energie rinnovabili non saranno in grado di coprire in modo efficiente il fabbisogno. «Un giorno come questo», ha insistito Merkel, «non è il momento indicato per limitarsi a riaffermare che le nostre centrali sono sicure».
Anche domenica migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la politica energetica della coalizione giallo nera, che in una decisione presa dopo lunghe trattative lo scorso mese di novembre, ha prolungato la vita delle 17 centrali tedesche di almeno 12 anni. Nel 2002 era stato l’ex cancelliere Gerard Schröder, che governava allora in coalizione con il partito dei Verdi (con Joschka Fischer come ministro dell’Ambiente), a programmare lo spegnimento di una centrale all’anno fino all’abbandono definitivo del nucleare nel 2021. Con la svolta di Merkel, l’abbandono potrebbe avvenire solo dopo il 2040.
La tragedia giapponese si produce nella vigilia di appuntamenti elettorali decisivi, in cui tanto i cristianodemocratici della Cdu, come i liberali dell’Fdp, potrebbero pagare care le loro decisioni in materia di energia. La perdita del Land del Baden-Württemberg, storica roccaforte della Cdu e tradizionale base politica dei liberali, che vota il 27 marzo, sarebbe un durissimo colpo per il Governo. Attualmente i sondaggi danno speranze a una coalizione di socialdemocratici dell’Spd e dei Verdi. La Cdu governa questo stato ininterrottamente dal 1953. Stefan Mappus, primo ministro del Land, ha annunciato domenica che verificherà tempestivamente la sicurezza delle quattro centrali nucleari della regione e si è detto aperto a rivedere la politica energetica del suo Stato che dipende più di tutti gli altri dall’energia atomica. L’opposizione a Berlino assicura che passare alle energie rinnovabili è già possibile.
Il dibattito riguardo al nucleare torna a essere serio. «Anche se in Germania non ci sono tsunami, è necessario che ripensiamo a questa tecnologia e la abbandoniamo al più presto», sostiene Michael Sailer, direttore dell’Öko Institut. «Stiamo osservando cosa succede quando tutti i sistemi di sicurezza falliscono. Questo può succedere anche in Germania, nonostante gli alti standard di sicurezza. Per una catastrofe, non ci vuole sempre un errore umano come a Černobyl’». Attualmente le centrali nucleari producono il 22% del fabbisogno di energia elettrica, mentre il 17% viene prodotto attraverso un mix di energie rinnovabili (eolico, solare, biomasse e idroelettrico). Il resto dipende da gas e carbone. La società tedesca è in questo momento di fronte a un nuovo calcolo di rischi e benefici. L’Sru (Sachverständiges Rat für Umweltfragen), organismo che si occupa di investigare temi di ambiente e cambio climatico, ha studiato la situazione tedesca e presentato uno scenario possibile. Si può, se c’è la volontà, arrivare nel 2050 a produrre tutta l’energia necessaria per il Paese con le fonti rinnovabili. Costarà in media 50 euro in più a testa al mese. Forse però dopo gli ultimi eventi, i tedeschi saranno disposti a spenderli.
* Corrispondente di El País