Non dite alla Spagna che il suo sistema bancario è al collasso, non ci crederebbe. Questa è l’impressione che si ha leggendo i principali quotidiani iberici, da El Pais a La Vanguardia, nel giorno in cui Moody’s ha tagliato il proprio giudizio sul debito sovrano spagnolo. Nonostante le prospettive siano negative soprattutto sul fronte bancario, l’opinione mediatica è sicura che si tratti solo di speculazioni. E sono poche le critiche all’operato di José Luis Rodríguez Zapatero, l’ex enfant prodige del socialismo europeo. Tutto il contrario di quanto accadeva sei mesi fa. Eppure, le situazioni di rischio continuano a non diminuire, come fa notare il Banco de España nel suo ultimo rapporto sulle banche e sulle Cajas, le casse di risparmio. Per loro c’è bisogno di 15 miliardi di euro.
In mattinata ci ha pensato Moody’s a far tremare nuovamente Madrid. La scelta di abbassare il rating sovrano iberico non è stata immediata. A termine del processo di revisione, gli analisti si sono accorti che nel programma di ristrutturazione bancaria ci sono ancora troppe lacune. Secondo Moody’s i costi di questa operazione «supereranno le stime fornite attualmente dal Governo con un conseguente aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico». La Moncloa ha messo sul piatto circa 20 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle Cajas, le casse di risparmio. Ma l’agenzia di rating ritiene che «in uno scenario di particolare stress, possano essere necessari circa 110-120 miliardi di euro» per risanare le passività.
Nonostante questo, l’unità e lo spirito patriottico sembrano aver preso il sopravvento sul resto. Secondo El Economista, il primo quotidiano economico spagnolo, quello che è in corso «è un attacco organizzato», mentre per El Pais «è chiaro che il downgrade è arrivato a tempo debito». Poche sono le critiche a Zapatero, che invece è considerato uno degli artefici della lotta contro quella che i media iberici considerano «solo speculazione internazionale», come fa notare La Vanguardia, storica testata liberale. Sono pochi i titoli contro l’esecutivo di Zapatero, considerato più una vittima del sistema che l’origine della crisi debitoria che ha visto un’impennata del deficit pubblico nel 2009. Il rapporto fra entrate e uscite in un dato anno, parametrata al Prodotto interno lordo, è passato infatti dal 4,1% del 2008 all’11,2 dell’anno successivo. Il 2010 si è chiuso con un disavanzo di 9,2 punti percentuali, sempre sull’onda delle spese per il sostegno delle banche. Sebbene il target individuato dagli accordi di Maastricht, il 3% del Pil, sia ancora lontano, la stampa spagnola non sta attaccando Zapatero. E come lei, nemmeno il Partido Popular sta spingendo contro il premier, conscio delle difficoltà che sta attraversando il Paese.
Sembra quindi cambiata la tendenza che aveva contraddistinto l’opinione pubblica spagnola nello scorso biennio. A Madrid ricordano ancora con dolore il programma di austerity varato nello scorso maggio da Zapatero. Congelamento degli stipendi pubblici, riduzione della istituzioni pubbliche, tagli agli enti locali, innalzamento dei controlli sull’evasione fiscale, cancellazione dei bonus bebè, riforma della previdenza sociale: queste sono state le prime azioni di Zapatero per riportare il deficit entro il 5% del Prodotto interno lordo nel 2013. Sebbene le critiche del leader dell’opposizione, Mariano Rajoy (Partido Popular), si fossero fatte aspre nei giorni neri della Grecia, ora non vertono più sulla conduzione politica di Zapatero, bensì sul nodo più spinoso per il numero uno socialista, le Cajas.
In attesa degli esiti degli stress test europei condotti dalla European banking authority (Eba), il Banco de España ha reso noti i coefficienti patrimoniali delle casse di risparmio spagnole. Flagellate da una crisi bifronte, immobiliare ed energie rinnovabili, per le banche operanti nel Paese (comprese Barclays e Deutsche Bank) servono immediatamente nuovi capitali per «almeno 15 miliardi di euro, il 2% del Pil iberico». È stato lo stesso governatore Miguel Angel Fernandez Ordonez a definire «preoccupante» l’attuale situazione del sistema creditizio spagnolo.
Sempre secondo la banca centrale di Madrid, l’esposizione del sistema bancario alla bolla residenziale è di circa 605 miliardi di euro per potenziali perdite pari a 198,4 miliardi. Lo ha reso noto José María Roldán, direttore generale della regolamentazione bancaria del Banco de España, nel suo rapporto sullo stato finanziario della Spagna di inizio anno. Non è quindi servito il consolidamento delle casse di risparmio fortemente voluto da Zapatero. Proprio su questo punto, arriva l’affondo di El Economista, che si domanda «fino a che punto si vorrà andare avanti con un programma così tenue, quando il problema è molto più profondo?». Il riferimento è al piano di ristrutturazione, che porterà il numero delle Cajas da 45 a 17 tramite anche una dotazione di capitali freschi di circa 90 miliardi, per buona parte già utilizzati senza troppi risultati.
Le previsioni del Governo Zapatero per l’anno in corso continuano a evidenziare una congiuntura appesantita dal mercato immobiliare. Secondo Moody’s per riportare serenità a Madrid saranno obbligatori altri sforzi fiscali. Per effettuarli, oltre a un profondo ridimensionamento del segmento bancario, è necessaria anche un’unità politica di fondo. Almeno questa pare esserci.