Di questo passo finirà che Renzi si rottamerà da solo

Di questo passo finirà che Renzi si rottamerà da solo

Parlando di Matteo Renzi, c’è innanzitutto da sfidare l’indice di gradimento che raccontano altissimo in larghi strati della sinistra con infiltrazioni consistenti anche nella destra, cosicché il confronto è assolutamente impari. Nel tempo, l’uomo si è progressivamente svincolato da quell’angusta gabbia lessicale che lo costringeva nella figura del principe Rottamatore, e oggi – complice un passaggino glam dalla Bignardi – il sindaco fiorentino può tranquillamente essere selezionato come il meglio fico del bigoncio. Va da sé che criticarlo sul piano politico costa la disapprovazione preventiva di interi eserciti di groupies, che marciano al suo fianco, cantandone lodi preventive. Ma qui ci proveremo.

L’ultima di Renzi è sul Primo Maggio e sul valore di una festa che mantiene ancora un qualche significato. Il sindaco, in tutta semplicità, dice che non ha senso che una città come Firenze si chiuda commercialmente al mondo, per cui regola il dì di festa come fosse un qualunque feriale.

Negozi aperti, insomma, per la gioia di grandi, piccini e turisti. Strillano i sindacati, strilla la Camusso, si minacciano scioperi, magari si faranno anche. E la contrapposizione diventa assolutamente politica, tutta, e solo apparentemente, all’interno della sinistra. Fin qui, onestamente avrebbe vinto Renzi e noi ci faremmo volentieri (sue) groupies, se la questione fosse questa. Ma questa non è.

La questione, infatti, non è tra il liberista che è in Renzi e i vecchi arnesi a difesa dello statu quo. No. Il limite della sua proposta, un limite davvero grave per un uomo sinceramente di sinistra, è quello di dimenticare la fragilità dei lavoratori, la loro non-indipendenza intellettuale sui luoghi di lavoro, l’evidente sproporzione tra i padroncini e le povere commesse, alle quali non si può chiedere di trasformarsi in piccole eroine, opponendo al datore di lavoro il diritto a riposare il Primo di Maggio, chè quello, nei giorni e nei mesi successivi, gliela farà pagare amaramente.

Pochi giorni fa, in un grande centro commerciale di Roma, una dipendente è stata presa a mazzate dalla sua titolare, completamente impazzita solo perché la ragazza aveva osato rivendicare i suoi diritti.

In un empito di immediata solidarietà, le commesse degli altri negozi, insieme alla gente comune, hanno stretto d’assedio il negozio costringendolo a una democratica serrata. Le Iene hanno poi testimoniato la vicenda in televisione: le colleghe della malcapitata confermavano pienamente l’episodio, confessando però che non avrebbero testimoniato in tribunale. Motivo: la paura di perdere il lavoro.

Per tornare a Renzi. È in questa strettoia psicologica che si annida la sua debolezza, nell’ignorare l’importanza delle sfumature, privilegiando i muscoli, nel credere che la semplificazione fatta sistema possa diventare una formula magica buona per tutte le occasioni. Se lo stile è sostanza, si può dire serenamente che il sindaco di Firenze è rimasto quel simpatico spaccone di provincia di un tempo e da lì poco si è mosso.

Pensare che gli possa sopravvivere D’Alema è un tormento e un contrappasso che non ci meritiamo davvero, noi che volevamo il vecchio Massimo pensionato da almeno un paio di lustri. E che ce l’abbia addirittura riabilitato, almeno in termini di tenerezza umana, per la volgarità con cui lo ha trattato insieme a molti altri della vecchia guardia, beh questo è un qualcosa che non gli perdoneremo più.
Ci sarebbero anche da spendere due paroline sulla sua gitarella ad Arcore, novello Albertone alla corte di Re Silvio. Ma non ci regge il cuore, e in fondo la questione l’avrà risolta felicemente raccontandola al bar con gli amici. What else?
Resta da stabilire cosa sarà di Renzi nel cuore dei cittadini. Probabilmente un ottimo sindaco, per quel che saprà fare nella sua città. Quanto al politico nazionale, la questione rimane aperta, apertissima. Ma senza l’eleganza di un pensiero, senza la delicatezza della proposta, si riduce drasticamente la comprensione altrui.

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