Carovane cammellate e truppe di ascari al seguito, la Lega punta dritto verso il meridione. Forti degli ultimi sondaggi, gli uomini del Carroccio hanno capito che il bacino elettorale della Val Padana non basta più. È giunto il momento di candidarsi anche al Sud. Da Lampedusa a Napoli, adesso la camicie verdi rivendicano il diritto di un posto al sole. E Roma Ladrona, la munnezza napoletana e l’invasione degli insegnanti calabresi? Roba vecchia. A spazzare via i residui imbarazzi ci ha pensato Renzo, il figlio del capo. L’annuncio del rampollo del Senatùr è arrivato pochi giorni fa, dalle colonne di Diva e Donna: «Mi sento napoletano – il clamoroso outing – Il Sud fa parte di me e della mia storia».
Il Trota si scopre terrone. I dirigenti del partito si adeguano, i militanti del Carroccio ingoiano l’amaro boccone (di polenta). L’unico a non stupirsi è proprio Umberto Bossi. Il colonialismo padano lui lo teorizza da anni. Nella primavera 2009 il leader leghista inviò persino una piccola pattuglia di parlamentari in avanscoperta. Un viaggio dalla Puglia alla Sicilia, per presentare il progetto federalista e mettere piede in Regioni fino ad allora sconosciute.
Pochi mesi dopo quel viaggio, il Carroccio presentò una sua lista alle Europee nella circoscrizione Sud. A Strasburgo, di quei pionieri padani, non ne arrivò nemmeno uno. Ma quell’esperienza servì per tracciare la strada. Simbolo di quella campagna elettorale resta ancora oggi la figura di Carmela Santagati, calabrese, ventotto anni, la più giovane candidata della Lega. Nel comune campano di Castel Volturno raggiunse un successo sorprendente: seconda più votata, meglio di lei solo il presidente Silvio Berlusconi.
La Lega Nord e la Calabria. Un legame recente, ma già solido. In Senato il Carroccio ha depositato un disegno di legge a favore di “Catanzaro capitale regionale”. Un progetto per destinare centinaia di milioni di euro di fondi pubblici alla città calabrese, tra interventi strutturali e incentivi alle attività industriali e imprenditoriali dell’area. Il proponente è Enrico Montani. Giovane senatore piemontese, Umberto Bossi lo ha scelto due anni fa come coordinatore della Lega per le regioni meridionali. Una sorta di governatore d’oltremare, l’Italo Balbo del Senatùr.
Sempre tra i banchi di Palazzo Madama siede Angela Maraventano. Leghista marchigiana di San Benedetto del Tronto. Una missionaria del Carroccio: qualche anno fa ha deciso di candidarsi alle comunali di Lampedusa. Oggi, vicesindaco dell’isola agrigentina, combatte in prima linea contro l’immigrazione clandestina.
La ricetta leghista può funzionare anche al meridione. A via Bellerio ne sono convinti. Per raccogliere qualche consenso anche sotto l’Arno può aiutare il tema della sicurezza. Non è un caso che la scorsa estate, in una rara intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino di Napoli, il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha proposto, senza troppi giri di parole, di esportare anche a Napoli «il modello leghista».
Extracomunitari, ma anche calcio. Sono lontani i tempi in cui Renzo Bossi – team manager della squadra padana – confermava beffardo di tifare contro la nazionale azzurra. Ormai a legare alcuni dirigenti leghisti al Sud è proprio la passione per il pallone. Gente come Nunziante Consiglio, camicia verde irreprensibile a Montecitorio e tifosissimo del Napoli di Cavani. Oppure Pierguido Vanalli, deputato leghista, sindaco della città simbolo di Pontida e ultrà romanista.
E dire che Roma è una delle poche realtà italiane dove la Lega non riesce ad attecchire. A via Bellerio ci hanno provato, eccome. Nel 2005 avevano persino affittato una villetta a via di Grotta Perfetta, sull’Ardeatina. Doveva diventare la sede del partito nella Capitale. Ma la periferia sud di Roma Ladrona forse non era il posto giusto per un esperimento di questo tipo. Dopo insulti, minacce e qualche petardo, nel 2007 i coordinatori capitolini del Carroccio arrotolarono la bandiera con il sole della Alpi e chiusero la sede.