C’è un filmetto (Fellini lo chiamava così) consigliabile di questi tempi grami, ritrovatelo, c’è tutto quello che avete visto ieri a Montecitorio e molto di quello che vedrete ancora perché il crepaccio è senza fine. Si intitola «Prova d’orchestra» e il maestro lo girò appena trentadue anni fa, era il ’79. Racconta il grande Tullio Kezich, che la pellicola venne molto criticata a sinistra perché «attraverso la metafora di un’orchestra che si ribella al suo direttore, Fellini sembrò suggerire un urgente “ritorno all’ordine” o, meglio, la necessità di saldi valori etici per affrontare l’urgenza di un cambiamento comunque. Nonostante le critiche, nella sua icastica brevità il film sembrò molto riuscito». Era l’epoca di un’Italia in piena sindrome terrorismo.
Secondo Giampaolo Pansa, da qualche tempo editorialista di Libero, saremmo nuovamente in piena sindrome terrorismo. Sentite cosa scrive: «La battaglia politica è degenerata in rissa brutale e prima o poi si muterà in guerra civile, combattuta non soltanto con le parole della rabbia, o con i lanci di monetine, bensì con altri mezzi». Quanto a Berlusconi, Pansa prefigura un tragico destino: «Il capo del governo non è più in grado di mettere la testa fuori dai suoi uffici senza essere contestato, insultato, assediato. Prima o poi, qualcuno regalerà il bis del pazzoide Tartaglia, non più armato di un piccolo Duomo di Milano fatto di marmo, bensì di qualche arma da fuoco».
Se in questo Paese è ancora possibile scegliere, noi a Pansa preferiamo Fellini. E lo facciamo mica per nostalgia del maestro, oh no, ma semplicemente perchè preferiamo quel modo delicato e sensibile di valutare i fenomeni, alla vanga che scava forsennatamente nel qualunquismo. Dire, scrivere, che da qui a poco si prenderanno in mano le armi per abbattere il tiranno, significa non esercitare più la profondità di un’analisi, o anche il legittimo esercizio di critica, ma solo proiettare nel futuro i propri desideri giornalistici. La vena pacifica di Pansa non è neppure in discussione, ci mancherebbe, ma se un giornalista autorevole e di lungo corso come lui se ne esce così, c’è da pensare che l’autoreferenzialità che spesso affligge i giornalisti stavolta abbia preso il sopravvento.
Quali sarebbero, di grazia, le avvisaglie di una guerra civile? Pansa ne identifica una, enorme, invadente, tracimante: Pierluigi Bersani. Il timido e un filo depressivo Pierluigi, nelle mani del nostro editorialista diventa uno di quei cattivi maestri di un tempo. Per un motivo, soprattutto, perché non ha moderazione. Bersani? Scrive Pansa: «Tanti di loro ignorano dove stia di casa. Mi allarma vedere il leader del Pd, un signore che apprezzavo per saggezza, trasformarsi in un capopopolo urlante». Bersani? Così prosegue: «Non sopporto più il suo intercalare urlato. Con gli “okei!” che sottolineano ogni concetto. Quasi per dire: avete capito bene, teste di cazzo?» E poi, la pistola fumante dell’inclinazione terroristica: l’aver convocato un sit-in davanti a Montecitorio.
Vero che a Bologna non si perde neanche un bambino, come racconta Dalla, ma se c’è una cosa che il tenero Pierluigi ha perso sin da piccolo è l’attitudine al conflitto, ma te lo vedi con quelle maniche arrotolate, emaciato, sconfortato, a muovere le folle verso la casa del tiranno? Su Pansa, ci pensi un momento.
Federico Fellini diceva che la mediocrità è insopportabile. E Prova d’Orchestra ne era la sintesi mirabile, in cui i personalismi e le piccole miserie sovrastano ogni idea di squadra, in cui scartare alla radice la possibilità di una sintesi virtuosa, in cui le invidie personali diventavano il bacino di coltura di un fallimento collettivo. Qualche attinenza con la nostra situazione, forse?
Per creare un clima, non basta evocarlo. E pensare che qualcosa di tragico sia praticamente inevitabile, vuol dire non avere aderenza con la realtà. La nostra realtà parla di un’assenza completa di passioni, politiche e sociali, di un’atarassica tendenza ai personalismi sterili, per cui – giusto per fare un paio di esempi – l’immondizia e i migranti sono sempre problemi degli altri. Qualcuno sparerà a Berlusconi? Questo, a parte Pansa, non lo pensa proprio nessuno.