Professor Bordignon, a che punto siamo con il federalismo?
Indietro. Tecnicamente. La riforma è contenuta in una legge delega, quindi servono numerosi decreti attuativi. Inizialmente ne erano previsti dodici, poi un paio sono stati accorpati, ma la gran parte resta comunque ancora da approvare. La scadenza è a maggio. Quasi certamente ci sarà un’estensione di sei mesi. Verrà chiesta al Parlamento una proroga per motivi tecnici. Visto che in passato anche l’opposizione aveva chiesto più tempo per analizzare meglio il tema, il governo non dovrebbe avere problemi a farla passare in aula.
Cosa è stato fatto finora?
Poco. Anche se le prime basi sono state messe. È stato ad esempio approvato il decreto sul cosiddetto federalismo demaniale, sul tipo di funzioni e asset del demanio pubblico che possono essere trasferiti agli enti locali. C’è già anche una lista di beni papabili. Ma la cosa ha aperto discussioni e ci sono perplessità da parte di province e comuni. E poi è stato approvato il decreto sul federalismo municipale (con dentro i costi standard della Sanità)…
E cosa manca?
La lista è ancora lunga. E i decreti ancora da approvare contengono spesso questioni importanti di governance. Essenzialmente tutto il sistema sanzionatorio. E anche i poteri speciali di Roma capitale. Il decreto è stato sì approvato, ed è stato modificato lo statuto del Comune della capitale, ma manca la definizione delle funzioni.
Ormai entro maggio niente da fare. Ma, quanto ai sei mesi di proroga: basteranno?
Dal punto di vista formale sì, possono essere sufficienti. Ma da quello sostanziale è ben diverso. Perché finora solo in pochi casi e parzialmente l’approvazione dei decreti ha portato a sciogliere nodi, a decidere davvero. Il più delle volte si sta invece solo rimandando il problema al futuro. Nel senso che si approva un decreto attuativo che però al suo interno rimanda a successivi decreti ministeriali. Questo semplifica l’iter per il governo, che non avrà bisogno del passaggio parlamentare. Ma al momento ci consegna una scatola piuttosto vuota di contenuti. Anche su elementi di importanza centrale, come la definizione dei costi standard, dove si annuncia solo la metodologia ma non si fanno calcoli, per ora.
Ma cosa cambierà dopo l’approvazione di tutti i decreti?
Poco o nulla nell’immediato. Al momento manca la possibilità di una visione e di una valutazione di lungo periodo. Nel breve non ci saranno rivoluzioni. Quanto al dopodomani, per adesso non abbiamo la possibilità di giudicare, perché molto ancora dipende dalle decisioni rimandate. Sono ancora tante le scelte da fare e i nodi da sciogliere.