Da Mussolini alla Dc, il sesso ai tempi del potere

Da Mussolini alla Dc, il sesso ai tempi del potere

Il sesso compulsivo dei potenti non è certo una novità: la storia rigurgita di personaggi che badano solo alla quantità, che praticano un sesso onanistico mirato all’autosoddisfazione e che non ha alcun riguardo per la donna in quel momento coinvolta.

Una contessa veneziana racconta di esser stata un sera portata (consenziente) nella stanza occupata in quel momento da Napoleone Bonaparte, al tempo semplice generale, che aveva appena messo fine alla millenaria storia della Serenissima. Bonaparte è assiso alla sua scrivania, quando la donna entra nemmeno si volta, le dice di spogliarsi e sistemarsi nel letto, cosa che la tapina fa. A un certo punto il generale corso si alza, si congiunge per un tempo brevissimo (minuti? Più probabilmente secondi) con la contessa, si riassetta, si rimette alla scrivania e invita la nobildonna a rivestirsi e a levarsi dai piedi. La scena si ripeteva più o meno ogni sera.

Un vero e proprio malato di sesso è Vittorio Emanuele II. Non passa giorno senza che il primo re d’Italia grugnisca in piemontese di portargli una donna, cosa che gli efficienti servizi di sicurezza di Casa Savoia fanno. Gli consegnano una donna purchessia con la quale re Vittorio ha un velocissimo rapporto e poi, saziato all’istante, la paga e la manda via.

Ma chi fa giungere al parossismo questo tipo di bulimia sessuale è Benito Mussolini. Come andassero le cose lo spiega Mimmo Franzinelli, storico del fascismo, a Gorizia per èStoria, che ha curato l’edizione dei diari di Claretta Petacci 1939-40 appena uscita con Rizzoli. «La novità di Mussolini – spiega – è il culto della personalità. Non aveva bisogno che la polizia segreta gli procurasse le donne, perché gli si offrivano spontaneamente. L’Archivio centrale dello Stato, a Roma, conserva una quantità di lettere di femmine in delirio che gli chiedono un incontro».

A gestire il traffico è il segretario del duce, Quinto Navarra, che conoscendo gusti e attitudini del capo sceglie tra le lettere le donne che più si avvicinino alle sue esigenze. Gli incontri avvenivano a Palazzo Venezia, spesso truccati da udienze. Le donne venivano introdotte nell’ufficio del capo del governo, dove veniva consumato un rapporto di natura conigliesca sulla scrivania, sul tappeto, sul divano. In questo modo Mussolini vedeva rassicurata la sua mascolinità con donne che non avrebbe mai più rivisto. E cambia anche il rapporto delle donne con lui: sono soddisfatte di esser state toccate, di averlo visto da vicino, di aver subito una sorta di imposizione taumaturgica da parte del maschio più maschio d’Italia. Erano donne di tutte le classi sociali, dalla popolana alla principessa, in deliquio per aver soddisfatto le voglie del simbolo della virilità.

Tutto ciò accadeva mentre Mussolini aveva Claretta Petacci come amante e Rachele come moglie. «Nemmeno una donna giovane e desiderabile come la Petacci lo soddisfaceva», sottolinea Franzinelli. In compenso non disdegnava di prendersi ulteriori extra, come la giornalista francese (e spia tedesca) Magda de Fontanges che, ammaliata dal maschio latino, gli si concede durante un’intervista. La Petacci è gelosissima, nonostante questo (o forse proprio per questo) Mussolini la informa regolarmente delle altre, facendola infuriare. Claretta scrive nei suoi diari che Mussolini continua ad avere rapporti, seppur molto diradati, con Rachele. La moglie ogni tanto lo cerca, imponendogli di adempiere ai doveri coniugali e lui si concede purché lei si levi di torno e lo lasci in pace. «Avevano anche un gergo», osserva Franzinelli, «Mussolini diceva alla Petacci: “Oggi ho pagato il tributo”, lei capiva, lo insultava, piangeva, si disperava perché lo voleva tutto per lei».

Nel dopoguerra, con i democristiani cambia tutto. Nelle zone più bianche, tipo Veneto, se un politico diccì si fa l’amante viene convocato in Curia e il vescovo in persona gli impone di tornare all’ovile. Questo testimonia due cose: che si stava ben attenti alla non ricattabilità dei politici e che i veri capi della Dc erano i vescovi. C’erano eccezioni, naturalmente: Mario Scelba ha per amante una signora romana dalla quale ha avuto anche una figlia segreta. Ma quando il “ministro di polizia” non è più in posizione tale da poter far saltare qualche testa e si oppone al neonato centrosinistra, si vede recapitare in busta chiusa una foto di lui con l’amante al tavolini di un bar. Sono i servizi segreti: gli vogliono far capire che sanno e che è meglio se ne stia buono.

Ma gli amori etero non fanno storia nella Dc. Ben più importanti sono i rapporti gay. Emilio Colombo proprio per questo non sarà mai candidato alla presidenza della Repubblica, pur avendo le carte in regole per aspirare alla carica. Nessuno, mai, si incaricherà di opporsi alla sua candidatura, semplicemente nessuno, mai, lo candiderà (la Dc era così, per chi non se lo ricordasse). Emilio Colombo, Mariano Rumor e Fiorentino Sullo erano soprannominati le “Sorelle Bandiera” e neanche tanto riservatamente, se in un famoso congresso Dc i delegati hanno apertamente applaudito alle “Sorelle Bandiera”. Il vicentino Mariano Rumor arriva a fare il Presidente del consiglio e si narra che nel suo studio privato romano avesse un balcone con una splendida vista sulla città e che invitasse i giovani virgulti ad affacciarsi per poterne poi contemplare le forme. Fiorentino Sullo, originario della provincia di Avellino, diventa più volte ministro, ma l’ostracismo di Amintore Fanfani verso di lui si fa talmente forte che abbandona la Dc per passare al Psdi.

Ormai da qualche anno non è più un segreto che Bettino Craxi abbia a lungo avuto per amante Ania Pieroni, un’attrice romana, e che abbia avuto una più breve relazione con la pornostar Moana Pozzi. Ben più misteriosa è invece la storia di un politico della Seconda repubblica che avrebbe avuto una crisi dovuta a un’overdose di Viagra durante un rapporto con una show girl.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club