Il temporale sul concerto di Giuliano Pisapia forse si è abbattuto per colpa di Flavia Cavaler. «Io votare a sinistra?», aveva scherzato chissà quante volte in vita sua, «sì allora piove! Anzi… grandina!». Invece ieri sera era in piazza del Duomo, dopo una campagna elettorale in cui ha sostenuto il candidato dell’opposizione con l’impegno e quella disponibilità ad emozionarsi che hanno solo i convertiti.
Flavia Cavaler era a capo di uno dei comitati nati in Zona Fiera, a Milano, per contrastare (ognuno con diversi accenti e in diversa misura) il progetto urbanistico CityLife, la riqualificazione di circa 255.000 metri quadrati di città, liberati in seguito dello spostamento di gran parte della fiera campionaria a Rho. Un progetto che risale al 2004 e che è stato firmato da archistar come Arata Isozaki, Daniel Libeskind e Zaha Hadid. Tra i tre comitati sorti nel quartiere il suo era quello più «collaborazionista». Si diceva apolitico ma raccoglieva – sostanzialmente – tutte persone di centrodestra e di destra che proprio non ce la facevano a entrare nel comitato (Vivi e Progetta un’altra Milano) guidato da Rolando Mastrodonato, troppo targato a sinistra.
Il Comitato residenti Fiera di Flavia Cavaler aveva tra le sue fila Luisa Rigobon che era stata in lista con la Moratti nel 2006 e molta della borghesia conservatrice del quartiere Fiera.
«Davvero, non avrei mai creduto in vita mia di votare a sinistra», ripete la Cavaler, «sono sempre stata orgogliosamente di centrodestra». E poi? «Abbiamo avuto circa un anno di contatti con questa amministrazione. A differenza degli altri comitati che cercavano lo scontro, che erano in contrapposizione anche ideologica, noi credevamo di poter risolvere i nostri problemi dialogando con il Comune, anche perché li avevamo votati noi. Così abbiamo avuto ripetuti colloqui. E sembrava proprio che ci ascoltassero. Ci contrapponevano come esempio positivo agli altri comitati. Invece ci hanno solo preso in giro».
«A un certo punto cominciamo ad accorgerci che le cose non vanno. Vogliamo proclamare un’assemblea pubblica. Interviene il sindaco in persona che, con fare un po’ intimidatorio un po’ gentile, ci invita caldamente a non farla, e ci offre per una assemblea non pubblica i locali della Fiera. Accettiamo, ma vogliamo qualche risposta. Invece niente. Andando avanti ci rendiamo conto che su molte cose siamo molto più informati noi che il Comune. Questi arrivano qua senza conoscere la zona, le sue problematiche… niente. Per non parlare della mancanza di progetti credibili sia sulla viabilità che sulla riqualificazione, per esempio, dell’ex palazzetto dello sport o del velodromo Vigorelli. L’assessore alle Attività produttive, Politiche del Lavoro e dell’Occupazione Giovanni Terzi veniva spesso e ogni volta con un’idea diversa dalla precedente. Una volta diceva che avrebbero fatto un museo d’arte, una volta un museo dello sport, l’altra un museo dei bambini, poi Eataly, poi un campo con venti ristorantini regionali e chissà quanto altro. A un certo punto pure una moschea provvisoria. Quanto al progetto CityLife, solo silenzi, rinvii, false rassicurazioni. Lo ripeto, io avevo sempre votato centrodestra in vita mia, ma dopo averli conosciuti… Abbiamo capito in tanti che è impossibile ottenere una città per i cittadini. La città è solo territorio di spartizione per i soliti noti. Ma non siamo così stupidi come credono. Tra i miei amici quasi nessuno ha votato. Non ce l’hanno fatta a mettere la croce sui postcomunisti, ma certo nemmeno sulla Moratti. Io invece ho fatto il passaggio, e posso dire che condivido nella quasi totalità il programma di Pisapia. Quanto alla battaglia per il quartiere, ci siamo fusi con l’altro comitato. Purtroppo la situazione è ormai pregiudicata, compromessa. I lavori procedono a rilento tra mille incertezze, anche se da Citylife ostentano tranquillità. Il degrado è evidente. Mi piange il cuore quando vedo la zona più bella di Milano, piazza Giulio Cesare, tagliata dalle barriere del cantiere, sapendo che chi ha in mano le sorti del nostro quartiere naviga a vista».
Il progetto Citylife (la società è partecipata da Generali Properties spa, Gruppo Allianz e la Immobiliare Milano Assicurazioni spa del Gruppo Fondiaria-Sai) prevedeva tre grattacieli al centro (il Dritto, lo Storto e il Curvo) dei tre grandi architetti Isozaki, Hadid e Libeskind e altrettante residenze «classe A». Ovvero, come pubblicizzano i giganteschi cartelli che circondano tutto il cantiere e le numerose brochure distribuite al Centro informazioni di viale Duilio, «a emissioni zero. Zero caldaie a gas, zero fonti di combustione, zero CO2, zero inquinanti nell’aria. Impiantistiche e accorgimenti costruttivi sapienti, come i materiali di facciata che garantiscono l’isolamento termico e l’abbattimento fino all’80% del consumo energetico…». La crisi ha cambiato le cose. Dei tre grattacieli ancora non si sa niente. E così di uno dei tre complessi residenziali di alto design («non è ancora stata bandita la gara architettonica», spiegano al Centro). Avanzano invece i lavori per i complessi della Hadid e di Libeskind.
La battaglia dei comitati è ormai praticamente perduta. L’avvocatessa «antigrattacieli» Veronica Dini, che ha seguito l’inizio della vicenda, la spiega così: «In primo grado, al Tar, i comitati avevano ottenuto una parziale vittoria sulle monetizzazioni. I terreni sono infatti stati ceduti a un prezzo bassissimo rispetto al mercato. Ma in appello l’ha avuta vinta CityLife, perché il Consiglio di Stato ha rigettato senza nemmeno entrare nel merito, sostenendo che i cittadini non potevano vantare un danno patrimoniale. Adesso si pensa alla possibilità di fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo perché il sistema italiano avrebbe, in questo modo, impedito ai cittadini di chiedere giustizia. Ma il procedimento sarebbe lungo e complesso, quindi si sta valutando. Intanto resta l’opposizione dei cittadini al tunnel di via Gattamelata che porterebbe tutto il traffico dalle autostrade in una via incapace di riceverla. Sono state fatte osservazioni al Pgt. Vedremo».
A capo della lotta contro il nuovo quartiere c’è Rolando Mastrodonato, una vita in Generali (quindi con gli ultimi anni della carriera in condizioni psicologiche piuttosto difficili, vista la proprietà di CityLife). «Abbiamo perso», dice, «ci sarebbero ancora molte battaglie da fare. Ma i 25 mila euro di spese con cui il Consiglio di Stato ci ha legnati (mentre finora di solito si andava a spese compensate) ci hanno messo in una situazione difficile, anche perché si aggiungono ai 20mila di parcelle per gli avvocati. Per questo sono molto polemico con i partiti, perché nessuno neanche a sinistra fa le battaglie. Le devono fare i cittadini, ma poi le spese restano sul loro gobbo. Il consiglio di Stato ha detto che non basta la vicinitas ma serve un vulnus per poter ricorrere. Gli avvocati amministrativisti di Milano sono messi peggio di noi. La loro professione è finita con questo sistema politico, con questa privatizzazione totale de facto del territorio. Le sconfitte dell’Isola, di Sesto San Giovanni, la nostra a altre ancora, hanno fatto capire che per i cittadini non c’è possibilità contro i poteri forti e organizzati dei costruttori e della finanza».
Mastrodonato era candidato nella lista dell’Arancio di Milly Moratti (verso la quale non è tenerissimo: «Poteva starsene a casa come la cognata»). Ha preso 132 voti («io sono di sinistra da sempre, ho fatto il ’68, ma queste sono tutte preferenze di destra. Tutti borghesi arrabbiati per come è stato trattato il quartiere. Quella che costruire il nuovo aumenti automaticamente il valore delle vecchie case è un falso. Qua ci stiamo rimettendo»).
Mastrodonato si è studiato un po’ i numeri del primo turno: «In zona 8 la Moratti ha perso diecimila voti. Ora, la zona è vasta e varia, perché comprende anche il quartiere popolare di Quarto Oggiaro, ma lo scontento in zona Fiera mi fa pensare che qua il sindaco sia caduto molto nei consensi. Tanti non hanno il coraggio di votare a sinistra ma sono andati al mare, pur di non dover mettere la croce sul nome Moratti. Il clima è cambiato. Al mercato di via Fuscè nelle altre campagne elettorali la sinistra era quasi invisibile. Stavolta l’arancione dominava. I leghisti che qui erano onnipresenti non si sono quasi visti. Cl è arrivata solo dopo il primo turno, pagando dei ragazzini – siamo riusciti a farcelo confessare da più d’uno – trenta euro per volantinare. Il centrosinistra stavolta ce la può fare davvero. Vedremo poi cosa cambierà. Le anime dentro la coalizione di Pisapia sono tante. Nella sua civica ci sono pure i socialisti. Non quelli riformisti, proprio quelli di Craxi, quelli là… Non so. Vedremo. Quanto a me, dopo anni di lotte (prima contro la nuova stecca della Fiera, contro Ghilardelli e Monguzzi, centrosinistra in Regione, quindi, poi contro Citylife) sono assai stanco. Speriamo che il vento cambi davvero, come dice lo slogan». Previsioni del tempo: in attesa del ballottaggio, intanto ha piovuto. Con grandine.