Per Tremonti, questa ultima giornata ufficiale di campagna elettorale, è stata particolare. Mentre Berlusconi prova a strappare Napoli alla sinistra, lui è sul fronte di Milano, al fianco di Letizia Moratti, espostasi molto su questioni poco congeniali al Ministro dell’Economia (Lassini e attacchi al passato remoto di Pisapia), e molto poco su quelle che riguardino il suo operato (l’Expo, per dirne una). È un Tremonti che, per tutta la giornata, si affida alla battuta, in prima fila in una battaglia che non era proprio la sua. Per capirci: di Pisapia, men che mai delle gravi accuse lanciate dalla Moratti, per tutto il giorno non parla proprio, oppure si avvale della facoltà di non rispondere.
«E se Pisapia fosse in risalita dopo l’uscita della Moratti a Sky?», gli chiediamo. «Non conosco i sondaggi e non vedo Pisapia da tempo». Nonostante ciò che lascerebbe intendere la risposta, è un Tremonti sorridente e disteso quello arrivato oggi a Milano, per chiudere la campagna elettorale della Moratti. In mattinata, in collegamento da Roma con Belpietro, a Canale Cinque, parla di crescita, Banca del Sud, ed evasione fiscale.
Sua premura, in particolare, sottolineare le esigenze del Mezzogiorno: per il quale sogna «una grandissima banca per il piccolo credito» e delle infrastrutture per collegare il Sud stesso con la Padania. «Una banca che non faccia grande finanza, per quello ci sono già le altre», dice nella città in cui le “altre” hanno tutte la loro capitale. Qualche ora più tardi – a Torino, Salone del libro – Giuseppe Mussari, presidente della lobby delle banche italiani, l’Abi, premia le manovre del ministro dell’Economia al timone della crisi: «Tremonti ci ha condotto in una fase complicata con mano ferma: credo che questo glielo riconosca l’intero mondo, è un dato oggettivo». Giunto a Milano intorno alle cinque, il ministro più potente d’Italia – «sono l’unico ministro dotato di portafoglio», disse una volta – illustra a un commerciante, in un gazebo del Pdl, i collateralismi di un voto al centrosinistra: «Lo so che l’Irap è un problema, del resto è stata messa dalla sinistra. Se vincessero loro, raddoppierebbe».
Mezz’ora più tardi, poco prima di sedersi col sindaco nella Galleria del Duomo per una conferenza rapidissima, molto in ritardo sull’agenda, rivolge un pensiero implicito al suo capo di Governo Silvio Berlusconi: «È più bello fare campagna a Napoli che a Milano. La città è più bella, c’è il mare e il clima è migliore». Un fotografo obietta: «Però qui a Milano si lavora di più». Lui replica, ridendo: «Non faccia il leghista». In realtà, il Ministro sembra declinare l’intero intervento di oggi più sulle urgenze del Sud. La Moratti? «Ha fatto bene e vincerà al primo turno». Anche se lontano da Napoli si muore, Tremonti due parole buone per Milano le spende: «La crisi ha colpito anche Milano che rimane però una città con un grande patrimonio, ricca e con un futuro. La crisi ha colpito in maniera molto più forte da altre parti». Nella piccola saletta sotto la Galleria del Duomo, sindaco e Ministro spendono il loro intervento unicamente su Expo.
Ancora, al centro delle polemiche, una macchina partita con estrema lentezza e, sebbene pressoché immobile, già in perdita. Tremonti rassicura sull’evento e sul balletto che ha tenuto in ostaggio comune e governo per parecchi mesi: quello sul rilascio dei fondi, a livello nazionale: «Letizia ha detto che ho dato subito tutti i fondi per Expo. Forse da subito subito no, ma poi abbiamo trovato la quadra, e questo è quello che conta: Expo è partita». Un evento – promette – che regalerà ricchezza, lavoro per i giovani e attirerà capitali dall’estero: «Sarà una Expo straordinaria, una Expo che farà vedere a tutto il mondo l’attrattività di Milano, un’Expo in cui ci saranno anche delle sorprese, ci saranno anche delle iniziative stellari». Se si prende la metafora astronomica sul serio, e gli si chiede quali sorprese bisogna attendersi risponde che bisogna «votare la Moratti, e vedrete».
E ancora, restando su Milano ma guardando alla sinistra cittadina: «Gli altri hanno un’idea grigia della città, un’idea tipo “quartieri del dormitorio della Germania est”. Il governo è assolutamente impegnato a fianco di Letizia perché l’Expo non vada in mano di chi non la vuole e non la farebbe certamente bene». «La Milano a cui pensiamo non è quella di Leonardo da Vinci, anche se la Milano di Leonardo non è esattamente quello che si immagina, ma quello che abbiamo in progetto di fare è qualcosa che a Leonardo piacerebbe». Insomma: «Faremo una città che forse sarebbe piaciuta a Leonardo da Vinci, una cosa diversa da via Gluck», dice sistemando i conti con Celentano, appena intervenuto giovedì sera telefonicamente ad Anno Zero a sostegno di Pisapia.
«La mia campagna elettorale è stata il decreto – continua – per lo sviluppo che mi ha impegnato per un po’, poi sono stato un po’ in giro, in Lussemburgo, ad Aquileia per il Papa e poi sono andato in Emilia, in Calabria, in Campania, prima di arrivare qui a Milano». Conclusa la conferenza stampa, Tremonti congeda la Moratti che raggiunge Bossi poco più in là, al Castello sforzesco, per il comizio finale. Con la sua scorta si concede una lunga camminata in via Dante, che collega Duomo e Castello, dove è montato il palco del pdl. Poco gremita, a dir la verità, da un pubblico accorso qui per l’aperitivo: ultimo magnete per attrarre voti, congegnato dalla macchina elettorale del centro-destra. Una stretta di mano a Lupi, che nel frattempo si unisce al Ministro nella passeggiata, e Tremonti sale sul palco, chiamato dal collega La Russa: «Sono fiducioso sul buonsenso dei milanesi. Votare due volte sarebbe uno spreco di denaro e la perdita di tempo di riposo». Poi lui e La Russa rivelano che durante il consiglio dei ministri spesso litigano per i biscotti. «Il confronti con Giulio è interessante e prezioso, l’unico problema è che all’ora del caffè in consiglio dei ministri mi ruba i biscotti».
Prima del silenzio elettorale, Tremonti concede un’ultima precisazione: «Non sono io che sostengo Letizia, è lei che sostiene me».