Tutti sappiamo cosa sia una negoziazione, o trattativa che dir si voglia. A pensarci bene, partendo dai due anni di vita in su – i famosi “terribili due” quando, a detta degli psicologi infantili i bambini tentano di dimostrare ai propri genitori che loro sono i più forti in famiglia – noi negoziamo su tutto: quanti giocattoli possiamo ottenere, quanti soldi possiamo avere in una settimana, come evitare di andare a scuola il giorno dopo, come ottenere una promozione o un aumento di stipendio, come far lavare i piatti a qualcun altro quando toccherebbe a noi, e così via per tutta la vita.
E tutti abbiamo un’idea, almeno empirica, di cosa sia un’asta, come l’asta alle grida, la più famosa l’asta del mercato ittico, dove un numero di potenziali compratori grida il prezzo per cui è disposto a comprare il pesce proposto in vendita, fino all’aggiudicazione finale da parte del venditore.
Per capire cosa sia invece una negotiauction, dobbiamo rivolgerci all’Università di Harvard, in particolare a Guhan Subramanian autore appunto di Negotiauction (Norton, New York, 2010, pp. 236) una crasi tra le parole negotiation (negoziazione) e auction (asta). Subramanian è una delle stelle emergenti del firmamento di Harvard, l’unico professore nella storia dell’università contemporaneamente titolare di cattedra sia alla Harvard Business School, sia alla Harvard Law School.
L’Università di Harvard ha fondato il proprio Program on Negotiation (Pon) nel 1983, quasi trent’anni fa, primo ed unico al mondo, ma già da anni Roger Fischer, il guru di questa materia, teneva il suo corso all’università, ed era uno dei pochi corsi inter-facoltà, in cui si ritrovavano, alla facoltà di Legge, studenti anche della Harvard Business School e della Fletcher School of Diplomacy, per creare quella sintesi fra diversità di esperienze e di stili che è il sale di ogni buona negoziazione. Harvard continua ad essere leader in questo campo, anche se gli studi sulle tecniche di negoziazione hanno ormai raggiunto un livello di maturità notevole, anche in altre parti ed altri centri nel mondo. Subramanian, che insegna materie legate alla negoziazione oltre che il classico diritto societario, ha notato come abbondino sia gli studi sulla negoziazione classica cosiddetta “bilaterale”, fra due parti contrapposte, attraverso il tavolo, sia gli studi sui meccanismi di asta, tipici dei mercati regolamentati, come i mercati dei titoli azionari.
Subramanian si è accorto che la realtà economica degli ultimi anni, in particolare le grandi operazioni di cessione o acquisizione di aziende, è invece caratterizzata da fenomeni ibridi di negoziazione-asta, in cui un venditore fronteggia un potenziale numero di acquirenti (fino a non più di 10 per volta) in gara fra loro, che poi si restringono ad uno o due, con i quali si finisce a trattativa diretta. Si tratta di meccanismi caratterizzati da due diversi livelli di competizione: da uno stesso lato del tavolo, fra i vari partecipanti alla fase di gara, ed attraverso il tavolo tra il venditore ed i singoli partecipanti. “Negotiauction” studia le dinamiche di interazione fra questi due elementi e le diverse tecniche che possono essere adottate.
Da bravo professore americano, Subramanian cita tuttavia una serie di casi reali per esemplificare il concetto di negotiauction: uno di essi appare così suggestivo, da meritare di essere richiamato.
Siamo a Manhattan, una fredda giornata di inizio 2004. Il 21 gennaio nelle stanze di una famosa banca d’affari si tiene quella che noi definiremmo una procedura di vendita fallimentare. Oggetto della vendita è la Cable and Wireless America (Cwa), società di telecomunicazione in crisi profonda. La banca d’affari che funge da advisor nella procedura di vendita ha stimato a 125 milioni di dollari il valore di realizzo della procedura. Ma se qualcuno avesse offerto anche 80 milioni di dollari, forse si sarebbe aggiudicato l’azienda.
Per estrarre il massimo dalla vendita, tutti i potenziali acquirenti (7 società), i bidder, sono tenuti sullo stesso piano in stanze separate. Gli advisor legali e finanziari del venditore fanno la spola fra una stanza e l’altra, negoziando direttamente con ciascun potenziale acquirente. Questi, da parte loro, sanno solo che nelle altre stanze ci sono altri potenziali acquirenti, ma non sanno molto di più. Il negoziato va avanti ininterrottamente per 21 ore consecutive. Alle 6 del mattino del 22 gennaio la best offer, la miglior offerta fra quelle dei 7 partecipanti era di 65 milioni di dollari, ben lontani dai 125 milioni stimati dall’advisor finanziario.
Tutti sono esausti, ma la trattativa non procede. Perché non si va avanti? Semplice – suggerisce Subramanian dall’alto della sua teorizzazione della negotiauction – perché i venditori non avevano mostrato con credibilità quale era il punto di arrivo. In altre parole non avevano spiegato quando la trattativa sarebbe stata fermata ed uno dei bidder avrebbe vinto, oppure perso. Al contrario, la trattativa ad oltranza aveva indotto i bidder ad adottare la strategia minima di sopravvivenza, cioè quella di fare ciascuno piccoli rilanci sul prezzo semplicemente per “restare nel palazzo”. Finché resto nel palazzo sono dentro alla trattativa e non mi sono esposto ad offrire più di tanto. Finché resto nel palazzo ho una possibilità di aggiudicarmi la Cwa ad un prezzo molto inferiore a quanto era stata valutata anche dagli analisti dei bidder, così pensavano.
A questo punto uno degli advisor si ricorda di un principio fondamentale di ogni negotiauction, la possibilità ,per chi detta le regole del gioco, di cambiarle nel corso della procedura, informandone i partecipanti, ovviamente. E si ricorda di un’altra cosa, un programma famoso alla televisione “Survivor Round”, l’equivalente della nostra “Isola dei Famosi”, dove si vota l’espulsione periodica dei partecipanti. Mette insieme le due cose ed annuncia a ciascun bidder: le ultime due offerte saranno escluse. A questo punto i bidder hanno una regola certa: se offrono troppo poco, saranno immediatamente espulsi dalla trattativa. Per dare un chiaro segnale, i venditori poco dopo accompagnano rumorosamente alla porta uno dei bidder, in modo che tutti possano notarlo.
Le offerte salirono vertiginosamente fino a 143 milioni di dollari in pochi minuti. Rimasero due bidder. A questo punto, nuovo cambio di regole: si passa all’asta aperta gridata e la Savvis Communications si aggiudica la Cwa per 168.3 milioni di dollari. Il tutto in un paio d’ore, dopo che per 21 ore ci si era mossi di poche centinaia di migliaia di dollari all’ora.
Subramanian formula una teoria definitoria del fenomeno: negotiauction è l’area grigia tra pura trattativa ed asta pura quando si ha competizione sia dallo stesso lato del tavolo, sia dall’altra parte del, ovvero attraverso il, tavolo. Ricordate: all’inizio i bidder del nostro esempio non sentono la pressione “dallo stesso lato del tavolo”, cioè fra di loro, perché i venditori trattano sempre e solo bilateralmente con ciascuno di loro e non li mettono sufficientemente in gara fra loro stessi. La Negotiauction comporta una negoziazione simultanea sia dell’oggetto della trattativa sia del processo (sequenza di atti e loro regole) negoziale. Dunque si deve riflettere non solo su come impostare la trattativa per ottenere il miglior prezzo dell’oggetto che si vuole vendere, ma anche su come ci si deve comportare per giungere a questo risultato.
L’autore individua le 3 fondamentali mosse del processo:
1) setup moves: stabiliscono le regole di entrata in una situazione di negotiauction (ad. es. il “bando” di gara nella vendita all’asta).
2) rearranging moves: ri-definiscono i beni, le parti o ambedue in modo da creare valore aggiunto nella negoziazione: questo avviene, ad esempio, cambiando le regole del gioco, quando il venditore annuncia che l’azienda non viene più venduta nella sua interezza, ma viene divisa in due sub-aziende composte di beni diversi.
3) Shut down moves: chiude prematuramente la competizione tra parti sullo stesso lato del tavolo. E’ il momento, ad esempio, in cui il venditore elimina alcuni dei concorrenti o stabilisce scadenze ravvicinate con conseguenze eliminatorie per alcuni partecipanti.
Infine, Subramanian ci spiega quali sono gli elementi comuni in una negotiauction: Più di uno (ma non troppi = tra 3 e 10) potenziali acquirenti. Asimmetria informativa = almeno all’inizio il venditore ha una migliore conoscenza della struttura dell’operazione (tocca ai compratori colmarla con Process Moves). Ambiguità di ruolo tra chi detta le regole e chi le subisce. Incontri diretti che somigliano alla negoziazione tradizionale. Uno o più round di offerte e altre forme di competizione diretta tra i compratori con modalità simili alle aste.
Alla luce di queste regole di processo, possiamo chiederci, come fa Subramanian, cosa sarebbe successo nel caso CWA se, ancora nella fase iniziale, uno dei bidder avesse effettuato una re-arranging move seguita da una shut-down move, ovvero avesse offerto subito 80 milioni di dollari ma dicendo che l’offerta era aperta solo per dieci minuti? Forse si sarebbe portato a casa subito la società. O forse il prezzo si sarebbe subito allineato al rialzo su 80, risparmando ore di penosi tira e molla a 60 milioni. Forse alcuni bidder avrebbero abbandonato subito la procedura.
Il libro è utile anche per questo. Subramanian ci ricorda nella prima parte la storia dei processi di negoziazione e dei meccanismi di asta. Ci avverte delle tecniche più famose, ma anche delle contro-mosse utilizzate e non si stanca di ripetere che, sebbene affrontate con metodo quasi scientifico, asta e negoziazione non sono scienza, ma piuttosto un’arte. È chiaro perciò che non tutte le operazioni economiche si prestano ad un processo di negotiauction. Se pensiamo poi alla incredibile rigidità dei processi di dismissione dei beni pubblici che adottiamo in Italia, le famose gare di privatizzazione, la tecnica ci sembrerà alternativamente avveniristica o utopistica, a seconda che ci si sia svegliati ottimisti o pessimisti.
Ed è altrettanto chiaro che Subramanian conosce molto bene non solo le tecniche negoziali, ma anche le regole fondamentali del marketing, inserendo esempi accattivanti che possono determinare il successo o il fallimento della negotiauction e che rendono il libro godibile da leggere anche ai non addetti ai lavori.