Per provare a farne uno, di giornali ne leggiamo tutti i giorni tanti. Come capita ai giornalisti, spesso ci parliamo addosso, e spendiamo parte del nostro tempo a chiederci come mai quel direttore ha fatto una scelta, e l’altro invece ne ha fatta un’altra. Spesso, molto spesso, le differenze tra i principali quotidiani sono minime: e allora è il ricorso alla dietrologia, o alla finezza interpretativa, o all’onanismo professionale, a guidare la lettura delle scelte editoriali, gli interessi degli azionisti dei giornali o degli inserzionisti.
Però ci sono giorni – e sono questi – in cui le differenze saltano davvero all’occhio. Prendiamo il Corriere della Sera e La Stampa: due giornali, entrambi espressione della buona borghesia del nord; entrambi figli di una tradizione moderata; entrambi editi da gruppi editoriali controllati da società che hanno nell’industria e/o nella finanza il loro core business e nell’edizione di due grandi giornali una tradizione di blasone e un fiore all’occhiello. Ecco, i giornali diretti da Ferruccio De Bortoli e Mario Calabresi, sulla P4, la rete di relazioni a cavallo tra politica ed economia di Luigi Bisignani, fanno due scelte radicalmente diverse.
Partiamo da Corriere della Sera. Il quotidiano di via Solferino apre proprio sulle “carte e le lotte interne al Pdl”. E occupa da pagina 2 a pagina 9 con il contenuto delle intercettazioni e degli interrogatori di Bisignani. Il quadro che emerge – l’abbiamo già detto – non è esaltante: leggiamo così di tre quarti di governo e di mezzo parlamento che passano le loro giornale al telefono con Luigi Bisignani a parlare di Gianni Letta, di Giulio Tremonti e (quasi marginalmente) di Silvio Berlusconi. Desolante ma non particolarmente sorprendente, in realtà, è lo scenario di un potere politico di fine impero tutto avvitato su se stesso. Ne emerge il ritratto di una Roma dei Palazzi che parla soprattutto di ciò che succede nei suoi corridoi: i malumori della Gelmini per i maltrattamenti subiti dal capostaff di Gianni Letta; l’antipatia che circonda Giulio Tremonti; i movimenti di Paolo Scaroni (ad di Eni) verso Arcore. Il tutto condito valutato analizzato setacciato dai consigli di Luigi Bisignani.
La Stampa di Torino, invece, fa tutta un’altra scelta. Anche lì la politica occupa la prime pagine, ma l’inchiesta sulla P4 arriva solo a pagina 8. Prima ci sono l’ipotesi di riforma delle pensioni, i dissidi interni alla Lega Nord, il sorprendente Di Pietro che ieri ha sfoggiato toni da riformista di lungo corso. Poi, solo poi, abbiamo trovato due pagine dedicate alla P4: la prima che analizza una nuova proposta di legge restrittiva – l’ennesima – sull’utilizzo delle intercettazioni e poi una pagina di sunto sui “verbali di oggi”.
Gli altri quotidiani danno spazi variabilissimi al tema, e interpretazioni diverse, ma abbiamo preso Corriere e Stampa perché ben rappresentano l’esempio di giornali assolutamente consanguinei che fanno scelte radicalmente divergenti. Chi ha ragione? Sono davvero interessanti e rilevanti, secondo voi, oppure no? E perché? Per rispondere a questa domanda abbiamo lanciato un sondaggio.
A noi, invece, resta e resterà una curiosità di difficile soluzione: ma perché la politica italiana e buona parte del potere economico passavano le loro giornate consultandosi con Bisignani? Era l’uomo più potente d’Italia o un abilissimo costruttore della propria immagine cui in troppi hanno concesso un credito davvero eccessivo?
In nessun caso, purtroppo, la risposta sarebbe in grado di rassicurarci.