Non tutte le bolle vengono per nuocere: gli animal spirts e le elezioni di Pisapia e De Magistris
I risultati di Milano e Napoli erano largamente imprevedibili pochi mesi fa. Sono diventati appena possibili a pochi giorni dal primo turno. Probabili tra il primo e il secondo turno.
Per dirla con altre parole: prima del primo turno, chi a sinistra aveva buone sensazioni, poteva essere tacciato di wishful thinking. In molti avremmo sostenuto che questi ottimisti stessero confondendo i propri migliori auspici con la realtà. Eppure hanno avuto ragione. Tanto da veder realizzati i propri auspici anche al di là delle più rosee aspettative.
Ma era poi così chiaro che il vento stesse cambiando?
In un’ottica semiseria, possiamo descrivere la storia di queste elezioni come un caso emblematico di aspettative di cambiamento che mutano e si rinforzano dinamicamente fino a realizzare la profezia dei pochi ottimisti. Gli scienziati sociali, e gli economisti in particolare, parlerebbero in questo caso di un misto di self-fulfilling prophecy e price-to-price feedback.
Proviamo a spiegare i concetti con un semplice ragionamento. Ipotizziamo, semplificando, che lo spettro del corpo elettorale sia composto da tre gruppi di elettori: quelli convintamente di centrodestra, quelli convintamente di centrosinistra, quelli senza convinzioni particolari che scelgono di volta in volta in base a fattori contingenti o persuasioni maturate occasionalmente. I primi due gruppi voteranno sempre e comunque da una parte, anche se con qualche mal di pancia, o si asterranno con intenzioni sanzionatorie del comportamento dei politici della propria parte. L’ultimo gruppo invece prenderà in considerazione una varietà di aspetti e sarà influenzato anche dalle aspettative collettive rispetto all’esito finale della contesa elettorale.
Ad esempio, a Milano, si è partiti da una situazione di scoraggiamento degli elettori di centrodestra, un moderato ottimismo degli elettori di centrosinistra che pensavano di poter riuscire a portare la Moratti al secondo turno e condurre una battaglia dall’esito meno scontato del solito, ma difficilmente a favore di Pisapia. Chi diceva di crederci sin dall’inizio poteva sembrare ai più un wishful thinker. Tuttavia, le buone di sensazioni di alcuni si sono velocemente trasmesse a molti, anche grazie ad eventi che esaltavano l’aspetto della socializzazione dell’ottimismo (concerti e grandi adunate) e dunque gli elettori-attori hanno lentamente modificato il proprio atteggiamento diventando in qualche modo e inconsapevolmente dei piccoli attivisti. Al bar, in metropolitana, sul lavoro, hanno avuto il coraggio di fare quello che nella spirale depressiva degli anni recenti non riusciva loro: parlare di politica, magari scherzandoci un po’ su. Il risultato è stato quello di conquistare sempre più persone alle buone sensazioni.
Dall’auspicio si è passati dunque alla profezia che si autoavvera: sempre più persone hanno cominciato a credere che si potesse arrivare al ballottaggio e finire al primo turno a un’incollatura dalla Moratti. Gli elettori di centrosinistra sono dunque andati a votare in blocco, conquistando anche qualche voto non-ideologico. Quelli di centrodestra invece si sono sentiti meno coinvolti e hanno risposto in modo meno compatto ed entusiastico all’appello, trasmettendo poca fiducia agli elettori non schierati, che hanno risposto in minor misura all’appello della Moratti.
Qui è però successo l’imprevisto. La mobilitazione e l’entusiasmo ha fatto sì che Pisapia conquistasse addirittura il primo turno, peraltro con una posizione di netto vantaggio rispetto alla Moratti. A questo punto, gli elettori di centrosinistra sono stati galvanizzati dalla propria profezia che si è più che avverata. Anche le aspettative pessimistiche di quelli di centrodestra si sono realizzate e mentre alcuni di loro provavano a correre ai ripari, altri hanno rinunciato definitivamente alla contesa. Ma la cosa più importante è successa tra le fila dei non schierati. Questi hanno interpretato il risultato del primo turno come un segnale inequivocabile di una svolta. C’era un cambiamento in atto e molti di loro non l’avevano capito. A questo punto la cosa più facile è stata per loro quella di accodarsi al prospettiva di vittoria e cambiamento più credibile: se un candidato si è dimostrato vincente, non c’è nessuna ragione perché non lo sia ancora dopo quindici giorni, e se l’hanno votato in tanti ci sarà qualcosa nella sua candidatura di positivo per tutti che forse personalmente non ho ancora messo a fuoco, ma sulla quale sono pronto a scommettere. E lo stesso meccanismo che induce gli investitori sui mercati finanziari a comprare i titoli che si apprezzano e sui quali hanno già scommesso in molti, quelli che già manifestano un trend positivo, amplificandone la tendenza fino a volte a generare una bolla (price-to-price feedback).
Una dinamica di questo tipo spiegherebbe il perché della larga affermazione di Pisapia anche al secondo turno e soprattutto di quella di De Magistris, dove l’effetto sorpresa al primo turno potrebbe aver contato ancora di più, in una situazione di complessiva delegittimazione dei partiti maggiori. E l’effetto “slavina” (o la bolla) ne è stata la conseguenza.
Ovviamente tutto questo, può spiegare il margine dell’affermazione e la parziale sorpresa. Ma prima e oltre gli animal spirits ce una cosa più semplice: la legge della democrazia. Chi fa male va a casa e viene rimpiazzato da chi offre l’alternativa più convincente e credibile. O da quella che nel dato momento appare tale.