La falsa immagine di Dio che ci ammorba l’esistenza

La falsa immagine di Dio che ci ammorba l’esistenza

Quando uno vive veramente? Non quando nasce, perché quando nasce, nasce mortale e poi muore. Uno vive veramente quando è amato. Vive in quanto è amato ed è libero di vivere e di amare con una qualità di vita a seconda dell’amore che gli viene.

Giovanni 3, 16-18 
Dio infatti tanto amò il mondo da dare il Figlio unigenito affinché chiunque crede in
lui non si perda, ma abbia vita eterna. Dio infatti inviò il Figlio nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato attraverso di lui.  Chi crede in lui non è giudicato; chi invece non crede è già stato giudicato, poiché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Il testo parla fondamentalmente dell’amore incredibile di Dio per l’uomo. Cioè all’origine del nostro esistere non c’è il fato, non c’è un caso, non c’è una banalità, non c’è nemmeno un disegno sadico della natura che distrugge tutto ciò che produce. C’è un amore personale di tante persone: questa è la prima cosa.

Dio tanto amò il mondo da dare il Figlio unigenito, affinché chiunque crede in Lui non si perda, ma abbia vita eterna.

Dalla Croce comprendiamo l’amore di Dio per questo mondo, non per un altro. La parola “mondo” in Giovanni indica sempre qualcosa di negativo, indica la struttura negativa delle relazioni. Dio ama questo mondo. Il concetto della fede cristiana è credere nell’amore incredibile che Dio ha per l’uomo, alla passione di Dio per l’uomo.

Noi siamo abituati a parlare tanto di amore e anche a svalutarlo, ma l’amore è il pane del quale l’uomo vive come uomo. Del resto si muore: di egoismo, di odio, di violenza. Uno può vivere solo se si sa amato dalla sorgente della sua vita. Il non accettare l’amore alla propria origine, il mettere alla propria origine la violenza, la lotta, o il caso, o il nulla, vuol dire vivere una vita nella violenza, nella lotta, nel caso e nel nulla.

Se uno non si sente amato, non si sa amato, non può amarsi, non può amare. È questo il peccato originale che abbiamo tutti. Gesù è venuto proprio a toglierci questo peccato che è la cattiva immagine di Dio. Dio non è un luogo di mercato o di commercio, è un’altra cosa, è il contrario di come lo pensano le religioni: non è il giudice, non è colui che ti condanna. È Colui che finisce in croce per l’uomo; è Colui che conosce tutto lo spessore della storia umana e della sua negatività, non si dissocia da questa, ma la sa prendere su di sé e la sa portare. Tutta la Bibbia non è altro che questa rivelazione di Dio per il mondo, che si rivela nell’aver mandato il suo Figlio. 

Perché ha mandato il Figlio, non avrebbe potuto venire Lui? Ha mandato il Figlio perché prima di tutto Gli sarebbe stato più facile venire Lui che mandare il Figlio. Però il Figlio ci può insegnare una cosa che il Padre non ci può insegnare: il Figlio ci insegna ciò che siamo noi: figli. Ci insegna ad amare i fratelli come lui che conosce l’amore del Padre. Gesù può venire verso di noi come fratello, perché si sa Figlio, si sa amato infinitamente e dice: questi sono i miei fratelli, sono amati come me, io vado da loro a testimoniare questo.

Gesù è venuto a dare all’uomo la sua dignità unica, un valore assoluto. Uno vale quanto è amato: quello è il suo prezzo. Noi valiamo la vita di Dio. Da qui il rispetto per ogni persona, qualunque persona sia, a qualunque condizione appartenga. Anzi, quelli che noi disprezziamo sono quelli che hanno mostrato più pura l’immagine di Dio, perché sono quelli che portano il negativo di ciò che noi facciamo.

«Dio ha tanto amato il mondo»: questo è il centro della fede cristiana. Se noi non arriviamo alla riconciliazione con le nostre radici, non possiamo vivere. Come può vivere uno che pensa che suo padre, sua madre lo odiano e gli sono antagonisti? Questo noi non lo pensiamo solo delle persone, ma lo pensiamo di Dio addirittura. Tutte le religioni servono per tener buono Dio, che diversamente ci manda all’inferno e ci punisce.

Gesù è venuto a sdemonizzare questa immagine di Dio. È proprio la Croce che ci guarisce. Il Figlio innalzato ci guarisce dal veleno che ci ammorba l’esistenza. Chi crede nel Figlio non si perde, ma ha la vita: che cosa vuol dire credere nel Figlio? Vuol dire affidarsi al Figlio, vivere da figli. La vita eterna è vivere da figli, non da padreterni, è vivere da fratelli, è amarci come Dio ci ha amati. Questa è già vita eterna.

Uno che non accetta di essere figlio e non si ama come figlio, per sé non è nulla, fa tanto male a sé e agli altri. Sono le persone delle quali parliamo molto perché fanno tanto, ma nuocciono a sé e agli altri, cercano la loro identità nei danni che fanno, la ricerca del potere, del dominio sugli altri. Questa non è vita, è morte, violenza. Qualcuno ha detto che la religione aliena l’uomo. La fede ci dice piuttosto che Dio si è alienato: il Padre che dà il Figlio, dà la sostanza di sé, per amore si butta via, si aliena.  

Dio infatti inviò il Figlio nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato attraverso di lui.

Qui è il tema delicato del giudizio. Noi diciamo che il giudizio sul mondo spetta a Dio, e Dio, che ha le spalle buone, porta su di sé anche questo peso di essere il giudice. Innanzitutto dice che Dio non ha mandato il Figlio per giudicare. Dio non vuole condannare nessuno, vuole salvare tutti, se no che Dio è? Ha predestinato qualcuno ad essere dannato? Dio non ha predestinato nessuno alla condanna, ci ha predestinato tutti al bene, alla felicità, perché siamo amati come figli.

Dio ha però un difetto che dovremmo imitare anche noi: Egli non può non rispettare la libertà degli uomini. Non vuole costringere l’uomo a fare ciò che vuole lui, non vuole costringere l’altro all’assenso. La fede non è la costrizione all’assenso con mezzi particolari, ma è la fiducia che si dà all’amore. Quindi è chiaro che Dio non è venuto per giudicare, ma per salvare. Tant’è vero che il suo giudizio è la Croce. Qual è il giudizio di Dio sul mondo? È che il male c’è e come c’è: “L’ho visto bene – dice Lui – quando sono venuto, sono finito in Croce anch’io! Il mio giudizio è che preferisco finire in Croce io che condannare voi”. Quindi il suo giudizio è di amore assoluto.

Chi crede in Lui non è giudicato; chi invece non crede è già stato giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

La salvezza è il credere in Lui: la salvezza dell’uomo, cioè, è credere nell’amore. Se uno non crede nell’amore non può vivere. È il pane della vita quotidiana l’amore e se non c’è questo, c’è solo la morte e la tristezza. Credere all’amore è la salvezza è la liberazione dalla condanna, dal giudizio. Il non credere all’amore del Padre, il non credere, il non accettare di essere figli, vuole dire giudicarsi da sé: mi escludo così dalla vita mia che è quella di figlio e di fratello. Quindi il giudizio non lo fa Dio, lo faccio io.

Ma come sarà il giudizio universale di Dio? Non è che Lui ci giudicherà (v. Matteo 25, 31), Lui ci farà vedere ciò che noi stiamo giudicando adesso: io ero povero, nudo, forestiero, carcerato e m’avete visitato, oppure mi avete rifiutato; ciò che avete fatto a questi, l’avete fatto a me. Quindi siete stati voi che vi siete o allontanati da me o mi avete allontanato, o mi avete accolto. Il giudizio di allontanare – via da me! – o di accogliere – vieni a me! – lo facciamo noi qui e ora. Il giudizio sulla storia lo compie l’uomo e Dio ce lo fa vedere e lo assume su di sé, perché ciò che noi diciamo, lo prende: «Ogni volta che l’avete fatto a questi lo avete fatto a me». 

*biblista e scrittore

Il testo è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano nel corso di vari anni. L’audio originale può essere ascoltato qui.

Nella foto, Max Marra, «Ecce Uomo», installazione, 2011 – foto e elaborazioni M.R.Marra e Alberto Manzella – per gentile concessione di Galleria Blanchaert 

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