La rabbia e l’orgoglio dei blogger di destra

La rabbia e l'orgoglio dei blogger di destra

L’appuntamento al teatro Capranica di Roma è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Nel centrodestra hanno cominciato a circolare termini come primarie e Internet, parole non così diffuse nel vocabolario del Popolo della libertà, ma che in queste ore hanno fatto breccia. Lunedì è cominciato quello che il direttore del Tempo Mario Sechi ha definito “il tam tam della foresta” ed è partito dal web, per iniziativa di due blog: da una parte Right Nation di Simone Bressan e Andrea Mancia, dall’altra Daw di Diego Destro. «Scegliere noi per non far sceglie loro» è l’appello dei firmatari che non le mandano a dire e affrontano di petto le questioni sul tavolo.

Spiega Destro che l’idea delle primarie «è venuta dopo il ballottaggio delle Amministrative con il disastro di Milano e Napoli e nel resto d’Italia, figlio di una gestione fallimentare di tutto il centrodestra». E allora la strada da percorrere è quella delle primarie perché «Berlusconi non basta più e quando è lui ad essere in difficoltà, crolla tutto». L’immagine metaforica che più volte riprende l’anima di Daw è quella della campana di vetro sotto la quale si trovano i dirigenti del Pdl, ai quali dare una scossa: «Si devono svegliare tutti, devono far scegliere alla base. Non hanno il contatto con la realtà. L’unico che c’è riuscito è stato Berlusconi, ma ora fatica a scaldare il cuore della gente». Dall’intervento di fronte alla platea di Confindustria a Vicenza nel 2006 si è passati «ai soliti discorsi, alle solite barzellette, all’alleanza con i Responsabili. E ai video messaggi, con quel luogo tristissimo alle spalle: se trovo qualcuno che li ha ascoltati completamento, giuro che gli regalo un premio. Sarà stanco, ma deve svegliarsi anche lui».

Il punto, secondo Destro, è che occorre mettere nei posti di comando la gente che sa e conosce. Tipo Internet. «Il centrodestra in rete è fatto solo dai blogger. Nel Pdl chi se ne occupa è vecchio, fanno robe da Anni ’80, hanno una concezione di comunicazione che va bene per il bollettino parrocchiale».

Anche Pietro Salvatori è un blogger ed è pure uno dei redattori di Notapolitica, il sito che ha fatto parlare di sé proprio durante l’ultima campagna elettorale per le corse clandestine di cavalli, pretesto per fornire i sondaggi che sarebbero dovuti rimanere segreti. Affronta l’argomento con una visuale allargata, mettendo in chiaro prima di tutto il fatto che in Italia «ci stiamo illudendo che si possa tornare ad un modello di leadership da Prima Repubblica e non carismatica. Un modello che in quest’epoca di grandi comunicazioni non è più possibile e il problema riguarda non solo il Pdl, ma l’intero sistema, quindi anche il Partito democratico».

«Berlusconi è un unicum e nessuno deve tentare di imitarlo, sarebbe solo una pallida imitazione», afferma Pietro che vede nelle primarie il modo per convogliare il sostegno di un partito nel nuovo leader. Mentre nomine come quella di Angelino Alfano quale segretario unico del Pdl «per come sono fatte, rischiano solo di bruciare il nome».

Poi c’è l’affare Internet: «È ironico che due partiti come Forza Italia e il Popolo della libertà, siano stati tra i primi a dotarsi di un responsabile web. Il web fa notizia, è ripreso da tv e giornali – ricorda Pietro-. I ragazzi che vanno oggi a votare sono cresciuti con un computer tra le mani. Nel centrodestra si rendano conto che il web non è fatto per spammare, ma per creare un sistema comunicativo. Non si tratta di fare campagna elettorale per l’ultimo provvedimento in cantiere, come la riforma fiscale in questi giorni, ma di fare comunicazione”.

Domanda: ma le primarie possono trovare spazio nella cultura politica italiana? Andrea Mancia è stato tra gli ideatori di Tocqueville.it, il portale di blogger conservatori, liberali e libertari sorto agli inizi del nuovo millennio e che ancora oggi fa da punto di riferimento per quest’area. Giornalista, per lavoro e passione segue da vicino le vicende americane e dà una risposta secca: «Sì. Anche negli Stati Uniti non c’era una cultura delle primarie, fino agli Anni ’70 i partiti dominavano. Le primarie sono state introdotte per ridare una parvenza di democrazia, diventando un sistema collaudato in gioco del quale fanno ancora parte i partiti, le lobby, i sindacati. Non sono la panacea per tutti i mali, ma la scelta viene delegata ai cittadini».

Ecco perché spera che vengano introdotte per legge e che ci sia «una strada bipartisan che appoggi l’iniziativa presentata dai veltroniani con il senatore Enrico Morando. Se non si fanno per legge, si faranno per furor di popolo». Ha una risposta altrettanto secca per l’altro quesito, come mai il Pdl latiti nella rete e non abbia appoggiato con decisione l’esperimento di Tocqueville: «Sono rimasti al Vhs, mentre il mondo è andato avanti e quando se ne renderanno contro, sarà troppo tardi. A sinistra si sono accorti di Internet dopo la vittoria di Obama, hanno copiato maluccio che ha fatto, ma si sono messi in moto. Il centrodestra è già in ritardo».

Il suo socio, Simone Bressan, si trova nel mezzo: è uno dei volti del Popolo della libertà a Udine e una delle firme tra i blogger di destra. «Internet non è tutto, chiaramente. Però serve per stimolare il dibattito all’interno, è parte attiva. Ci sono i dirigenti, gli iscritti, i sostenitori e il web». Ricorda come «Tocqueville prosegua solo grazie ai volontari, mentre dai politici è stato lasciato a se stesso» e come «la presenza del Pdl sui social network sia irrilevante». «Mi sconvolge pensare – rivela in merito alle primarie – che chi le proponga da una parte passi per rivoluzionario, dall’altro per pazzo. Si tratta dell’applicazione del principio per cui una testa una voto. Saranno in pochi quelli che si opporranno, temo però che saranno quelli che contano e possono aprire o chiudere i rubinetti della democrazia interna».

«C’è bisogno – conclude Bressan – che un’intera generazione, quella della mia età (Simone è un classe ’81, ndr), chiede di essere giudicata. Il centrodestra deve agire per la gente, per il mercato e per il merito. Altrimenti ci ritroveremo a votare per la sinistra o il centro».  

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