È di ieri il primo fronte polemico vero a Milano nell’era Pisapia. Riguarda i 31 dirigenti a contratto ereditati dalle precedenti amministrazioni e ieri liquidati dalla nuova giunta. Tutti, in un sol colpo, mandati a casa.
La decisione ha scatenato ovviamente reazioni nel centrodestra, con Carlo Masseroli e Giulio Gallera, uomini di punta del Pdl, che con accenti diversi hanno sottolineato la sicura lottizzazione e il bisogno del centrosinistra di mettere le mani sulla città.
Difficile dire fin d’ora come andrà. Certo la manovra, la “piazza pulita” fatta in un sol colpo, qualche dubbio lo mette. Possibile che dei 31 dirigenti licenziati non ce ne fosse nessuno, neanche uno, che valesse la pena di tenere? Possibile che nessuno avesse meriti o competenze sufficienti per continuare a lavorare in Comune, magari dando quel prezioso valore aggiunto che si chiama continuità?
Il dubbio è legittimo, tanto più che tra i 31 cacciati ce n’era più d’uno che in Comune lavorava da oltre un decennio, sempre con contratti a termine. Professionisti che, in qualche caso, avevano iniziato a operare per conto di Palazzo Marino fin dai primi anni di Gabriele Albertini.
Per capire dove porteranno le scelte di Pisapia si tratta solo di attendere, a questo punto, le nuove nomine. Che, se Pisapia manterrà fede ai principi enunciati, saranno ridotti all’osso perché tra le ragioni della scelta c’è il contenimento dei costi.
Fin da adesso, tuttavia, è lecito dubitare di scelte che – anche simbolicamente – sanno un po’ di epurazione e che – non a caso – il direttore generale del Comune Davide Corritore – che sta al fianco di Pisapia dal giorno 1 della campagna per le primarie – sul Corriere di oggi rivendica la decisione con grande prudenza: “democraticamente è emersa la scelta (di un taglio complessivo e immediato, ndr) che è stata fatta propria dal sindaco”. Come a dire, che il sindaco partiva da posizioni diverse.
E ancora, sempre Corritore, all’intervistatrice che chiedeva se è vero che ci sono liste di dirigenti di area pd pronti a trasmigrare dalla provincia che fu di Filippo Penati al Comune rispondeva che “molti aspirano a lavorare al Comune” e questo è motivo di orgoglio, negando poi che l’appartenenza politica guiderà le scelte.
Del resto, che il clima tra la struttura del Partito Democratico e quella di un sindaco “non ortodosso” potesse diventare presto complesso era dato per scontato da molti. Già in questa partita – la prima, e piccola – dei dirigenti le due anime della maggioranza – quella pd, e il “partito del sindaco” – sono emerse e arrivate allo scontro. Ha vinto quella più forte, con più apparato. “Democraticamente”, come ha spiegato Corritore.