La politica al tempo di photoshop trasforma la frustrazione in un pugno di pixel. Il 2 giugno, come tutte le feste imbandite di tricolori, non è mai andato troppo giù alla Lega Nord (anche se quest’anno, a differenza del passato, il ministro dell’Interno Maroni ha partecipato alla sfilata militare di Roma. Assenti invece Bossi e Calderoli). E così basta un fotoritocco di qualche militante per prendersi gioco di tutta la retorica e il patriottismo delle Frecce tricolori, facendo rimbalzare su migliaia di bacheche Facebook del Carroccio l’immagine ritoccata delle “Frecce padane”. Fumo verde e persino un sole delle Alpi nel cielo.
Eppure, quest’anno, le dichiarazioni dei leghisti in materia sono state piuttosto tiepide, in sordina. Solo Borghezio ha provocato, proclamando l’esposizione del tricolore monarchico con lo stemma sabaudo, «per un minimo di rispetto della Storia e perché non mi riconosco in questa repubblica della mafia che si inginocchia di fronte ai fratelli musulmani». Ma essendo uscita dalla bocca di uno che in settimana aveva definito «un vero patriota» il macellaio dei balcani Ratko Mladić, questa frase è sembrata persino assennata.
Tanto poche sono state le iniziative contro la Festa della Repubblica da far meritare l’onore della cronaca a Porto Mantovano, 16 mila abitanti scarsi e pochi chilometri a nord del capoluogo di provincia lombardo. Qui la Lega ha attaccato duramente l’iniziativa della giunta di centrosinistra, guidata dal civico Maurizio Salvarani, di far cantare a scuola canzoni di tema patriottico. La cerimonia è prevista per domani, 3 giugno, e il Carroccio ha rispolverato in questa vigilia terminologie più di lotta che di governo: «Gli alunni saranno costretti ai lavori forzati», hanno sostenuto i due consiglieri di minoranza, «I bambini saranno sfruttati a scopi propagandistici».
Una protesta che rimane abbastanza muta. Anche a Mantova, in ambienti leghisti, sembra aver fatto poco rumore. Luca De Marchi, capogruppo del Carroccio in consiglio comunale, definito dai giornali locali «il Terminator della Lega» («perché – ammette lui stesso un po’ compiaciuto – ho il mascellone alla Schwarzenegger e sono molto diretto e passionale») ammette di averne sentito parlare, ma dice di saperne poco. Anche perché la cosa non ricade sotto la sua giurisdizione, ma «in un Comune dell’hinterland mantovano». Quanto a sé stesso, è abbastanza diviso nei sentimenti: «Personalmente, da ex militare, da ex paracadutista della Folgore, mi metto sugli attenti e festeggio il tricolore dei nostri soldati. Politicamente la cosa mi scalda meno, ma vedo riflessa nel tricolore la promessa del presidente Napolitano di arrivare al federalismo. E poi noi leghisti mantovani cerchiamo di occuparci più di cose concrete che di queste simboliche. Meglio tappare le buche che prendersela col tricolore. Comunque, oggi non abbiamo fatto festa. Io ero col gazebo nel difficile quartiere di Lunetta, dove abbiamo crescenti soddisfazioni elettorali».
A Porto Mantovano, a guidare la protesta contro il 2 giugno erano in due: Mario Luppi e Lorna Campari. È lei che spiega la battaglia solitaria. «Ho scoperto la cosa perché ho due figli, e una frequenta proprio quella scuola. Fa il tempo prolungato e quindi, non solo dovrà stare in classe dalle 8 alle 16, ma farsi due ore in più fino alle 18, cantando canzoni – sono rappresentante di classe e ho avuto in mano la scaletta – come l’Inno di Garibaldi [ASCOLTA], Camicia rossa [ASCOLTA], l’inno europeo [ASCOLTA], l’inno di Mameli… [ASCOLTA] Testi che non mi sembrano adatti a bambini di undici anni, che non hanno ancora sviluppato il necessario senso critico. Oltre al tempo esagerato di permanenza a scuola a cui questa cerimonia costringe i ragazzi (e le famiglie per questo scherzetto dovranno rinunciare al ponte…), a noi non piace vedere i bambini usati per gli scopi propagandistici della giunta, che si farà bella di fronte a una platea di genitori, nonni e nonne, parenti e amici. Già il 17 marzo, per l’Unità d’Italia, avevano organizzato una cosa simile a Villa Schiarino, avvolgendo tutti i bambini nel tricolore! Il Comune dà dei soldi e impone alla scuola come amministrarli. Io non sono secessionista, sono federalista (Luppi ha posizioni molto più dure delle mie). Ma non ho mai tollerato l’ostentazione dei simboli politici e religiosi. Né tricolore né fazzoletto verde, intendiamoci. E neanche di quelli religiosi. L’opposizione al Due giugno è difficile perché mescola la propaganda di sinistra a un discorso di destra, e si rischiano ulteriori tensioni col Pdl. Noi qui a Porto abbiamo voluto colpire queste messinscene propagandistiche dei cattocomunisti che ci governano. Ma certo speravamo di arrivare a questo giorno potendo festeggiare la conquista della Provincia. Avevamo grande fiducia, stavolta, nella possibilità di eleggere Gianni Fava presidente [ASCOLTA]. Invece l’onda nazionale ci ha penalizzati. La Lega deve darsi una grossa svegliata e decidersi su cosa fare. Io tra i leghisti sono sempre stata tra quelli berlusconiani, ma temo che il Cavaliere sia arrivato al capolinea. Del resto, con la sinistra non credo si possa andare, perché quelli la credibilità se la sono giocata da tempo, e anche stavolta hanno vinto mettendo a Napoli, a Milano, alla provincia di Mantova, dei burattini civici dietro cui si nascondono i partiti. Siamo stati tra i pochi leghisti a criticare il Due Giugno? Evidentemente perché ci sono malesseri maggiori. I leader non sono usciti sull’argomento forse perché hanno capito che queste cose qui non interessano alla gente. O forse perché dopo il risultato elettorale la Lega è, diciamo così, in ritiro spirituale…».