Bocciata ieri la proposta di concordato preventivo, questa mattina il Tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento della Norman 95, società immobiliare della famiglia Cimatti finita in crisi, dopo aver accumulato debiti per 200 milioni di euro. Negli anni Unicredit è stato il principale creditore della società (57 milioni), un legame suggellato dal fatto che il vicepresidente della banca, Fabrizio Palenzona, è stato anche vicepresidente della Norman dal 2001 al 2008. L’immobiliare della famiglia Cimatti è stata finanziata anche da Intesa Sanpaolo (45,4 milioni), Ubi (23,2 milioni) e da altri otto istituti per un totale di 150 milioni di debiti bancari, cui vanno aggiunti i debiti erariali e l’esposizione verso i fornitori. «Risultando dalla situazione patrimoniale aggiornata debiti per un ammontare complessivo di oltre 50 milioni di euro – si legge nella sentenza – a fronte di un attivo stimato in circa 6 milioni di euro, la società versa in grave squilibrio patrimoniale tale per cui non risulta in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni».
Il timore dei banchieri è che da questo fallimento possano derivare complicazioni sotto il profilo penale per tutti gli ex amministratori della società. Non è un caso che sia stato tentato il possibile per evitare che si arrivasse alla dichiarazione ufficiale del crac. La proposta di concordato era stata accettata dalle banche, era stata ma bocciata dal 70% dei fornitori. Nel respingere l’istanza, ieri, i giudici hanno notato che il voto favorevole delle banche si è basato su considerazioni più «complesse» rispetto alla valutazione della probabilità di recupero dei crediti. Tradotto: più che a recuperare i soldi, nell’accettare il concordato i banchieri hanno forse pensato a evitare le eventuali complicazioni giudiziarie del crac.
È significativo che la proposta di concordato sia stata presentata da un trio di soggetti – Concilium, dalla Fondazione Cassa di risparmio di Alessandria e alla Fondazione Crt (azionista quest’ultima di Unicredit) – dietro il quale si intravede l’ombra dell’uomo forte di Piazza Cordusio, grande regista peraltro della cacciata dell’amministratore delegato Alessandro Profumo. Oltre che politico di riferimento della Crt, Palenzona è anche consigliere di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, mentre Concilium è una società controllata dall’imprenditore Vittorio Farina, patron della Ilte, una delle maggiori stamperie italiane, di cui, secondo la Procura di Napoli, sarebbe “procuratore” Luigi Bisignani. Ossia il lobbista al centro delle indagini sulla P4, agli arresti domiciliari da metà giugno, grande mediatore, secondo i pm napoletani, di nomine e favori nelle aziende controllate dal Tesoro. È almeno a partire dal 2005 che Palenzona e Bisignani hanno intessuto rapporti sempre più stretti. In una telefonata, finita nelle intercettazioni disposte dai magistrati napoletani, il vicepresidente di Unicredit parlava così a Bisignani: «L’unico amico mio che ho è Bisignani e Geronzi invece mi fa la guerra. Porca puttana io sono contento di avere amico Bisignani, ricordatelo è un onore per me».
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