Guido Crepax (al secolo Guido Crepas; Milano 1933-2003), è stato uno dei più grandi autori italiani di fumetti. Ha profondamente influenzato il mondo del fumetto erotico europeo della seconda metà del XX secolo. È noto soprattutto per il suo personaggio Valentina, creato nel 1965 e molto rappresentativo dello spirito degli anni Sessanta. La serie di fumetti e libri di Valentina sono rinomati per il sofisticato disegno di Crepax e per la psichedelica e sognante trama (generalmente con una forte dose di erotismo).
La casa editrice Black Velvetnasce nel 1997 grazie a Omar Martini e Luca Bernardi, prefiggendosi inizialmente due scopi: cercare di aprire uno spazio (allora inesistente) a un certo tipo di fumetto americano che, basandosi sull’autobiografia e sul quotidiano, allarga le capacità espressive e di comunicazione del mezzo e fornire nuovi esempi di quello che può essere un approccio diverso, più concreto e professionale, alla critica del fumetto.
La scommessa vinta di riscrivere a fumetti i classici
Il desiderio di Guido Crepax di riprendere in mano alcuni classici della letteratura e di riscriverli secondo il proprio stile si manifesta alla fine degli anni Sessanta, dopo un lungo periodo di pubblicazione intensiva delle avventure di Valentina sulle pagine della rivista Linus, e quasi un quinquennio di intensa attività come illustratore per editori e campagne pubblicitarie. Le sue capacità narrative e artistiche sono al massimo della loro creatività e si sente pronto ad affrontare in maniera sistematica quelle narrazioni da cui aveva imparato la grammatica e la sintassi dell’arte del racconto; quegli stessi testi che si è ripetuto innumerevoli volte fin da bambino ponendo così, quasi senza accorgersene, le basi del narratore futuro che è diventato.
La trasposizione di classici della letteratura non è certo una novità. Basta osservare le tante varianti di miti greci ed episodi biblici che riempiono le mura di chiese, musei e collezioni private, come anche le tantissime variazioni su temi che si pensa abusati, come la Sacra famiglia, di cui artisti di ogni tempo hanno dato la loro personale versione. E fin dall’inizio della loro storia moderna, anche i quasi coetanei cinema e fumetto si sono cimentati nella trasposizione di opere letterarie. I motivi sono essenzialmente due: il primo è ovviamente di natura commerciale. Un film o un fumetto è anche un prodotto che deve far guadagnare chi lo realizza e chi lo commissiona. La scelta di rifarsi a opere già note, meglio se di successo, può essere la chiave di volta per costruire un successo annunciato. Il secondo è quello di impadronirsi di un’opera amata e raccontarla nuovamente, ma secondo il proprio punto di vista. Anche questa è un’operazione antica, come dimostrano i racconti mitologici rielaborati da autori diversi, in tempi e luoghi differenti. Se da un lato questo processo di riscrittura crea da subito un legame con il lettore, il quale sente la necessità di confrontarsi e trovare un corpo materiale al proprio immaginario che gli sia affine, dall’altro nasconde una trappola spesso mortale per l’autore. Per quanto descritto minuziosamente, un personaggio o un ambiente letterario non sarà mai oggettivamente definito e lascerà a ogni lettore la possibilità di modellarlo secondo la propria sensibilità. Quando invece questo personaggio o questo ambiente trovano la loro rappresentazione, sia su uno schermo cinematografico sia su carta stampata, ecco che allora comincia lo spietato gioco del trovare le differenze tra quello che si è immaginato nella propria testa e quello che viene realizzato con attori e disegni, tra quello che è nel libro e quello che manca o che è aggiunto o travisato nella nuova versione. È un gioco che spesso si conclude tragicamente per l’adattamento. Questa delusione nel rilevare il naturale scollamento tra opera originale e derivata è anche il motore del meccanismo che porta autori diversi, in tempi e luoghi diversi, a confrontarsi con gli stessi fantasmi letterari, a tornare su strade già battute per aprirne altre, magari laterali e su sentieri impervi, che spesso si risolvono in grandiose sconfitte, appassionanti quasi come l’oggetto narrato. Un esempio per tutti potrebbe essere la storia dei tentativi di trasposizione delle tremila pagine della Recherche di Marcel Proust in un film di due ore, che hanno impegnato per decenni registi come Luchino Visconti e Joseph Losey, e autori come Suso Cecchi d’amico e Harold Pinter.
Rispetto al cinema, il fumetto ha dalla sua parte la possibilità di poter realizzare qualunque scenografia a costo zero, a parte carta, matite, chine e colori e, ovviamente, l’inventiva dei disegnatori. Molti autori della generazione di Crepax, come Hugo Pratt oppure Dino Battaglia, si sono a loro volta cimentati con le trasposizioni letterarie, e non a caso sono proprio quelli che hanno avuto il “romanzo” quale medium formativo – sarà Pratt tra i primi a parlare di Fumetto come Letteratura disegnata – e che vedevano le proprie storie come romanzi tout court, in netto anticipo sulla definizione di “graphic novel”. Se per alcuni questa produzione è stata una parte importante ma minoritaria della propria attività, in Crepax è invece ampia e variegata, come dimostra la lista degli autori da lui riscritti e in parte raccolti in questo volume: E.A. Poe, R.L. Stevenson, Giacomo Casanova, Franz Kafka, Karen Blixen, Henry James.
Sono scrittori di cui sono presenti tracce e citazioni anche in altri racconti di Crepax, ma che nelle trasposizioni qui pubblicate diventa co-autore loro pari. Sono storie ingiustamente considerate minori e nate solo per le esigenze dei suoi editori, mentre invece per la qualità della realizzazione e le idee che ne stanno alla base rappresentano tappe importanti nella sua carriera e, in generale, per la narrazione per immagine. Come nei casi della Storia immortale, dal racconto omonimo di Karen Blixen, e di Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson. Nel primo esempio, Crepax si diverte a disegnare i personaggi riprendendoli dal film omonimo che Orson Welles ha tratto dalla stessa novella. Nel secondo caso integra al racconto a fumetti anche le parti espunte dalla precedente versione del romanzo originale, parti andate perdute e di cui si ha notizia solo dalle lettere della moglie di Stevenson, mescolandole poi con citazioni tratte dalle diverse versioni cinematografiche della stessa opera. Per concludere, non è un caso che questo volume parta proprio da Jekyll: non solo perché è stato uno dei primi soggetti su cui Crepax si è cimentato come autore di fumetti già da bambino, dopo che la madre gli aveva narrato la vicenda, ma anche perché il racconto di questo dualismo irrisolto e irrisolvibile tra aspetti diversi della personalità e della coscienza ci narra anche il rapporto tra romanzo e fumetto, tra la convivenza e l’unione di parole e immagini, tra i due lati della stessa medaglia della narrazione che non smette di produrre opere che rinnovano il piacere di farsi raccontare, e che non esauriscono ciò che hanno da narrare.