L’AgCom vuole ridurre Internet a una tv sotto controllo

L’AgCom vuole ridurre Internet a una tv sotto controllo

Il 6 luglio doveva essere il giorno dell’approvazione della delibera, ma ora si parla più prudentemente di avvio di una consultazione su una bozza di regolamento. Quel che è certo è che, negli ultimi giorni, si è acceso un forte dibattito sull’ormai imminente varo da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di una nuova disciplina per la tutela del copyright on line.
Secondo l’impianto del testo, l’AgCom potrà rimuovere, su segnalazione dei titolari dei diritti e all’esito di un procedimento destinato a concludersi in cinque giorni e senza contraddittorio con l’autore che ha caricato il video, il contenuto di qualsiasi sito web che violi il copyright.
Ne abbiamo parlato con l’avvocato Guido Scorza, presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione, tra i primi a lanciare l’allarme censura e a parlare di golpe.

Avvocato Scorza, lei ha parlato di un autentico golpe? In che senso?
Si tratta di un golpe perché l’AgCom si è appropriata di un potere circoscritto, per ampliarlo a dismisura. Il decreto Romani demanda all’Autorità di regolamentare la disciplina del diritto d’autore per i soggetti fornitori di servizi audiovisivi in rete, con sede in Italia. L’AgCom invece si sta dimenticando sia del confine geografico, ossia l’Italia, sia della tipologia di servizio. L’Autorità dice infatti di poter dettare le regole anche per i fornitori di contenuti audiovisivi che stanno all’estero e di poterle stabilire per tutti i gestori di contenuti internet. In buona sostanza anche i videoblogger e i contenitori di user generated content, come Youtube, rientrerebbero nell’ambito di applicazione della delibera.

Perché questa delibera mette in discussione il principio della separazione del potere e quello del giusto processo?
Quello messo in atto è un meccanismo perverso sotto il profilo costituzionale. In primo luogo, questo regolamento mette in discussione la separazione dei poteri perché le regole che governeranno il procedimento di accertamento sono dettate dallo stesso organo deputato ad attuarle. È come se i giudici si scrivessero da soli il Codice di procedura penale e poi lo applicassero. In secondo luogo, tempi così brevi, ossia soli cinque giorni, non garantiscono la difesa e come se non bastasse non è previsto alcun contraddittorio. La delibera infatti stabilisce che sia chiamato a difendersi chi ospita il contenuto e non chi l’ha caricato. Poniamo ad esempio che una persona carichi su Youtube un video che per 20 secondi mostra il logo Mediaset e che Mediaset scriva all’Autorità sostenendo che sia illegittimo e si siano violati i diritti d’autore. Secondo le regole del giusto processo e in base all’articolo 24 della Costituzione, chi ha caricato il video dovrebbe essere chiamato a difendersi, magari potrebbe giustificare il logo in nome del diritto di cronaca, invece sarà chiamato in giudizio Youtube, che di certo preferirà rimuovere il video piuttosto che prendersi la briga di difendere la condotta di un utente, visto che quello non è il suo compito. Di fatto con questa delibera si ledono i diritti del cittadino e si attribuisce ad un’Autorità amministrativa un potere eccezionale da Stato di polizia, esautorando la magistratura.

Lei ha inviato dieci domande al presidente Calabrò per verificare se l’AgCom abbia chiari gli effetti, le conseguenze e gli scenari futuri che il varo della nuova disciplina rischia di aprire. Ha risposto?
A dire il vero le ho inviate a tutti i commissari. Ho chiesto come pensino di gestire la rimozione, quali costi abbiano stimato per l’implementazione della nuova procedura, in che misura ritengano la nuova disciplina idonea ad abbattere il danno da pirateria, se considerino la disciplina compatibile con il diritto alla difesa e al giusto processo. Ma nessuno ha risposto.

Qual è lo scopo di questa delibera? Vi è un interesse politico?
Sicuramente i due poteri che hanno influito sono la vecchia tv, che vive la circolazione dei contenuti on line come un potenziale concorrente, e l’ industria musicale e cinematografica che non ha ancora trovato un modello di business alternativo.
Non è un caso però che questa delibera sia ritornata alla ribalta dopo i referendum. In quell’occasione si è compresa l’importanza della rete rispetto all’impero televisivo e al potere politico mediatico tradizionale.
Se questo regolamento entrasse in vigore non potremmo più vedere alcuni capolavori di creatività satirica che negli ultimi anni hanno portato una ventata d’aria fresca e fatto circolare idee ed opinioni contrarie al “pensiero unico televisivo”. Mi riferisco ad esempio a “The Arcore night’s”. Nel video il sottofondo è la musica di Grease e con questa delibera potrebbe circolare appena cinque giorni, considerando che con l’alibi dell’utilizzo di una musica nota, qualcuno potrebbe chiederne la rimozione. Di fatto dovremmo dire addito a migliaia di prodotti di informazione creati da videoblogger e utenti che vogliono raccontare fatti spesso trascurati, se non censurati, dalla tv.

Perché è in contrasto con la giurisprudenza dell’Unione europea? In Spagna di fatto c’è già una legge simile alla delibera dell’AgCom.
La Legge Sinde, che è stata uno dei motivi della protesta degli indignados, è simile, ma quantomeno è nata da un dibattito parlamentare. In ogni caso per l’Unione europea provvedimenti di questo genere devono essere valutati dall’autorità giurisdizionale a tutela diritto d’autore, cioè dall’autorità giudiziaria.
In Italia i poteri che l’AgCom sta per attribuirsi sono già regolarmente esercitati dalle sezioni specializzate di proprietà intellettuale istituite presso i nostri tribunali e composte da giudici ordinari. Sono loro a dover valutare se vi è stata violazione del diritto d’autore. Cosa che Mediaset, ad esempio, sa bene, perché ha utilizzato questa via contro Youtube per l’utilizzazione dei video del Grande Fratello. La differenza sostanziale è che in questo caso decide un giudice in un regolare procedimento.

Se passasse la delibera Agcom che rischi correrebbe l’Italia?
In rete rimarrebbero in pochissimi. Il rischio è di trasformare internet in una grande televisione. In buona sostanza solo chi fa televisione potrà pubblicare i video on line, perché il piccolo utente che racimola contenuti e fa un remix è facile che incorra in violazione tecnica. La tv riportata su internet significa un controllo delle trasmissioni e la possibilità che si riproducano le stesse dinamiche che abbiamo sentito nulle intercettazioni. Invece di Annozero si chiederà di rimuovere 10 minuti su Youtube.

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La Fimi, Federazione Industria Musicale Italiana, ci ha inviato questa replica all’intervista all’avv. Guido Scorza

L’industria discografica è il settore che più di ogni altro si sta confrontando con lo sviluppo del digitale e tra download e streaming il mercato italiano sfiora il 20 % del totale, con crescite a due cifre. Tra i partner dell’industria discografica vi sono importanti operatori come Telecom Italia, Esselunga, Fastweb ed è chiaro che questo nascente mercato della musica online ha necessità di frenare l’offerta illecita che è una spina nel fianco delle piattaforme legali. Nei mesi scorsi, grazie alle denunce di FIMI, sono già stati bloccati in Italia siti come Pirate Bay e Bt Junkie, siti che oggi sono calati di oltre il 70 % come accessi. Ecco perché l’intervento Agcom, in sede amministrativa, è fondamentale, si deve colpire con rapidità ed efficacia grandi piattaforme illegali che si nascondono all’estero e offrono contenuti abusivi in Italia, garantendo così l’affermarsi dei negozi digitali e dei modelli di business legali sui quali vi sono consistenti investimenti. Non si tratta di censurare nessuno né di privare alcuno della propria libertà di stare in rete. Si tratta semplicemente di tutelare la creatività e preservare il lavoro di tantissime persone che ogni giorno si adoperano per permettere all’industria creativa di sopravvivere.

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