Povera Donna Letizia, impeccabile traduttrice dello stile e dei comportamenti degli anni ’60-70, oggi morirebbe di crepacuore nell’assistere a questo scempio collettivo di decenza. E i milanesi di un tempo, financo quelli di adesso, cosa direbbero nel vedere che un illustre professionista della nostra città, agiatamente calzato e vestito, come il professor Tremonti, soggiorna “a gratis” nelle quattro stanzette a 8.500/mese che gentilmente paga e gli concede il sodale Milanese (nomen non omen). Io intanto lo so, come un tempo avrebbero ruvidamente commentato al mio bar: «Ué barbùn, ma pagatela la casa».
Nella sua analisi, ieri sera il direttore Tondelli vi ha scritto che nelle ore concitate che sappiamo, stava per partire il timer de Linkiesta. Come ogni buon giornale che si rispetti, volevamo capire quanti secondi, minuti, giorni, mesi, anni ci avrebbe messo il ministro dell’Economia a spiegare l’inghippo “immobiliare”. Mentre facevamo scattare il cronometro, da via XX Settembre è arrivato il comunicato di Tremonti, che alla fine, laconicamente, aggiungeva persino il suo immediato cambio di residenza. Pensate, poverino, al trasloco nella notte. E quanti disagi.
Mi diceva un amico, questa mattina: se ci casca anche il Tremonti, siamo fritti. Lo capisco il disagio dei tanti che in tutti questi mesi hanno visto – e vedono ancora – nella figura del ministro un presidio di serietà. Serietà sui conti pubblici, e in fondo anche serietà personale, nei comportamenti, perché no, in fondo nella grande giostra dei puttanieri incalliti, il povero Giulio ci stava proprio bene come un vecchio signore che va a letto alle nove e mezzo/dieci dopo un risino in bianco.
E capisco bene, anche in queste ore, la grande preoccupazione proprio per il suo, di default, il suo personale, lui che garantisce mercati, tiene relazioni con Paesi, perpetua la sua personalissima battaglia all’interno di una maggioranza ingrata che lo vorrebbe largo di manica e di borsa.
Epperò. Il suo scappare nottetempo da un appartamento che non gli spettava è il segnale davvero più evidente di una difficoltà personale. Se davvero fosse stata semplicemente ospitalità di un buon amico, allora perché andarsene, perché parlare di provvisorietà in modo così smaccato, perché prendere le distanze con tutto questo ritardo su indagini che raccontavano già da mesi aspetti non proprio nobilissimi di questo signor Milanese.
Lei sa bene, gentile Ministro, che in uno qualsiasi dei Paesi che lei tanto ama per il modo civilmente responsabile di interpretare la politica, l’avrebbero gentilmente invitata a lasciare non solo l’appartamento, ma addirittura il Ministero. All’estero vale ancora il peccato di leggerezza, che non è lievità, ma invece distratta pesantezza. In quei postacci, si licenzia per un marchetta non pagata alla colf, per un notarella spese appena un po’ gonfiata, per un innocente filmino porno delibato al televisore dell’albergo.
Insomma Ministro, con tutto il bene che le si vuole, un suo gesto sarebbe gradito.