Una causa civile, una esosa richiesta di risarcimento, due colossi dei media a confronto. No, non stiamo parlando di Lodo Mondadori: in questo caso davanti al gruppo del Presidente del Consiglio c’è nientemeno che Google. Mediaset ha infatto chiesto tre anni fa 500 milioni di euro di risarcimento a YouTube per illecita diffusione e sfruttamento commerciale di file audio-video di proprietà delle tre reti televisive.
Una richiesta che si è concretizzata in una citazione presso il Tribunale di Roma rivolta a Google (come proprietaria di YouTube) per chiedere il risarcimento per le «giornate di visione perdute da parte dei telespettatori»: ben 315.672 giornate di visione e relativi introiti pubblicitari. Il Tribunale di Roma ha accettato la richiesta del network televisivo di proprietà della famiglia Berlusconi e in una prima ordinanza specifica ha ottenuto la rimozione dei video del reality “Grande Fratello”. La causa civile sta seguendo il suo percorso ma non si è ancora entrati nel merito della questione. Ironia della sorte, qualora, il Tribunale dovesse un giorno dar ragione a Mediaset, il pagamento resterebbe sospeso una volta che fosse approvata la norma sulla sospensiva dei pagamenti che è stata infilata in finanziaria in questi giorni.
La posizione ufficiale di Google Italia è che non si vuole far circolare liberamente i video se i detentori dei diritti non lo consentono. Per questo è stato applicato il «content ID» che permette di verificare e, in caso di violazione del copyright, di bloccare i file video. Intanto nel solco della richiesta verso Youtube/Google, lo scorso 15 giugno il Tribunale di Milano ha accolto le richieste del gruppo del Biscione e ha stabilito che la diffusione non autorizzata di video televisivi da parte della società Italia On Line costituisce violazione del diritto d’autore. Il Tribunale ha vietato l’ulteriore diffusione fissando una penale di 250 euro per ogni video e per ogni giorno di illecita diffusione.
E sempre a giugno è arrivato un altra vittoria per Cologno Monzese: Il canale su YouTube dell’Unione nazionale consumatori è stato chiuso su istanza del titolare dei diritti perchè il canale conteneva alcuni brevi estratti di trasmissioni televisive messe in onda dalla stessa Mediaset. Un segnale di quello che potrebbe succedere su scala più ampia con la delibera AgCom? Da più parti si aspetta il testo del provvedimento per fare delle considerazioni.
«Ma dal punto di vista sostanziale la nuova disciplina andrà ad incidere sull’accertamento dei reati da parte dell’Autorità Giudiziaria e in questo senso avrebbe dei riflessi nel diritto penale? E quale reato verrà contestato?» a chiederselo è Tomaso Pisapia, avvocato esperto di diritto penale dell’informatica e diritto delle nuove tecnologie.«Mentre al momento è necessario il parere della Magistratura per rimuovere dei contenuti – continua Pisapia- con la nuova delibera si potrebbe incidere sull’accertamento dei reati da parte dell’Autorità Giudiziaria e in questo senso avrebbe dei riflessi nel diritto penale e si andrebbe a ledere la libertà d’espressione dei singoli, e con questa l’articolo 21 della Costituzione». Il tutto dando ad una autorithy amministrativa un potere che invece dovrebbe essere regolato da una legge ad hoc. Gli utenti della rete, i blogger e gli attivisti (raggruppati in vari canali tra cui sitononraggiungibile.it) sono da mesi sul piede di guerra contro questo prevvedimento che va oltre le garanzie costituzionali. Sostengono che di fatto costituisca un divieto di informarsi liberamente.
Rimangono ad ogni modo problemi di diritto internazionale con Google che fino ad oggi ha rimosso le violazioni regolate dalla legislazione di ogni singolo paese. Cosa succederà quando la nuova disciplina di AgCom sarà approvata? «Sarà più semplice cancellare i contenuti in tempi rapidissimi- sostiene l’avvocato esperto in diritto in rete Fulvio Sarzana – e si ammazzerà Internet con la possibilità di inibire agli italiani l’accesso a risorse in rete collocate fuori dal nostro Paese, nonché la rimozione selettiva dei contenuti dei siti web anche privati presenti in Italia». E, una volta approvata la delibera AgCom, si aspettano una pioggia di ricorsi al Tar per ribadire il no alla censura.