Gheddafi potrebbe riparare in Venezuela? Lo scorso 18 agosto “The Voice of Russia” segnalava che Muhammar Gheddafi stava preparando le sue valige per trasferirsi in Venezuela, lasciando il potere al ministro della Giustizia Mohammed al Amoudi. Le condizioni erano il cessate il fuoco e la fine degli attacchi da parte della Nato. Mentre le strade della capitale bruciano e il conto, approssimativo, supera i mille morti, altre voci sostengono che il Rais si è barricato nell’ambasciata venezuelana a Tripoli. In una comunicazione al quotidiano “El Nacional”, il Ministero degli Affari esteri venezuelano spiega che il governo venezuelano, condannata l’operazione di “massacro”, è pronto ad accogliere Gheddafi, per ordine del presidente Chávez.
Il “Times” rivela che il Sudafrica sta giocando un ruolo importante nelle trattative per l’uscita del leader libico. La meta in prima fila sarebbe il Venezuela. Anche se non sono da scartare l’isola di Cuba e la Russia stessa. Dalla convalescenza, il presidente Hugo Chávez ha chiesto al popolo venezuelano di pregare «Dio per la pace… in Libia è in corso un massacro», sostenendo che alcuni paesi europei e gli Stati Uniti stanno demolendo il paese con le bombe solo per prendere possesso delle sue ricchezze.
Già a marzo di questo anno, quando cominciava a esplodere la rivolta libica, la diplomazia inglese aveva segnalato la possibile fuga di Gheddafi e sua figlia Aisha nell’isola di Margarita, ospiti dell’amico Hugo Chávez. Ma in quei giorni il Comandante bolivariano si limitava ad incoraggiare ai sostenitori del regime alla resistenza dal suo profilo su Twitter.
Anche se le differenze storiche e culturali sono abissali, negli ultimi anni il continente latinoamericano ha stretto legami molto forti con il mondo arabo e, in particolare, con il “colonnello”. Chávez, ovviamente, fa il direttore d’orchestra. All’inizio del 2000, con il Comandante appena insediato alla presidenza, il Venezuela organizzò a Caracas il (secondo) vertice dell’Opec. Un fatto storico senza precedenti, visto che il paese sudamericano era l’unico membro non arabo dell’organizzazione dei paesi produttori di petrolio.
Durante la visita dei capi di Stato e rappresentanti arabi nella capitale venezuelana, si sono confrontati due mondi diversi ma fraterni, da “hermanos”. Appartengono tutti alla famiglia geopolitica che possiede sconfinate ricchezze petrolifere da parte di governi che hanno spesso nella forza militare il proprio punto fermo. E, soprattutto, sono tutti segnati dalla retorica antinordamericana. Tra l’altro, un ospite abituale a Caracas è il presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad. I rapporti fra Iran e Venezuela sono così stretti che Chávez ha persino difeso il diritto dell’Iran a possedere armi nucleari.
Il patto di sangue politico resta il petrolio. Una solidarietà sigillata con il greggio incluso nei momenti di difficoltà. Secondo “El Nuevo Herald”, il 31 luglio 2011, una delegazione di rappresentanti libici è stata accolta a Caracas dal ministro degli Affari esteri venezuelano, Nicolás Maduro, per concludere accordi di una consulenza in materia energetica tra i due paesi. Il costo economico del conflitto interno libico, al momento dell’incontro, superava i 50 miliardi di dollari, 20 dei quali per la paralizzazione dell’esportazione petrolifera a causa delle sanzioni internazionali. Il Venezuela stava per offrirsi come ponte per la vendita e l’elusione di queste sanzioni.
Secondo “El Nuevo Herald”, fonti dell’intelligence degli Stati Uniti avrebbero scoperto che Gheddafi proponeva a Chávez di assumere il controllo di una decina di imbarcazioni ferme nel Golfo del Messico con più di 160 mila tonnellate di greggio, per rintrodurre 1,5 milioni di barili di petrolio libico nel mercato internazionale. Una cifra piccola rispetto alla produzione e vendita di petrolio venezuelano ma con un costo molto alto in termini diplomatici.
Per Chávez, Gheddafi non è soltanto un condottiero ma un liberatore, un padre spirituale e una guida. Sempre nell’isola di Margarita, a settembre del 2009, si era svolto il secondo vertice America Latina-Africa e Chávez disse che Gheddafi è «per la Libia quello che Bolivar è per il Venezuela». Sancendo, come suo solito, equazioni spericolate ma molto efficaci sul piano della propaganda.
E ancora, nel 2009, a Tripoli durante la conferenza intitolata “Rivoluzione del XXI secolo” nel Centro mondiale di studi e ricerche sul Libro Verde. «Il socialismo – disse Chávez – è il cammino della salvezza dei nostri popoli. Socialismo o barbarie, non vogliamo la barbarie per i nostri figli. Vogliamo patria, un mondo giusto, dove regna l’uguaglianza, e quel mondo si chiama socialismo». Lì Chávez aveva lanciato una proposta di integrazione fra Sud America e Africa «nella completezza delle forze e in una maggiore profondità dell’unione dei popoli». Il legame ideologico si era consolidato con una serie di accordi energetici, economici e commerciali tra i due governi.