De Gasperi, dobbiamo rimpiangere i democristiani?

De Gasperi, dobbiamo rimpiangere i democristiani?

 https://www.youtube.com/embed/T2NFBJEYVFo/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

«Tutto, tranne le vostra personale cortesia, è contro di me». Con queste parole Alcide De Gasperi iniziò a parlare a Parigi, il 10 agosto 1946, in chiusura alle trattative di pace. Gli avevano fatto fare tre giorni di anticamera, prima di concedergli la parola di fronte ai 21 rappresentanti dei vincitori. Rappresentava una nazione sconfitta, che stava per essere amputata di territori e colonie, ma doveva anche dare il senso della discontinuità: la Repubblica italiana non era l’erede dello Stato fascista, bensì una nuova entità che intendeva ritagliarsi un ruolo accanto agli altri Stati democratici dell’Occidente. Il suo discorso fu talmente alto, illuminato e illuminante, che i delegati gli si fecero attorno per stringergli la mano. Altri tempi; negli anni a venire, qualora avesse parlato un italiano, l’alternativa sarebbe stata tra gli sbadigli e i risolini, con una netta prevalenza di questi ultimi nel periodo più recente.

De Gasperi morì il 19 agosto 1954. Fece in tempo a far uscire il Paese dalla guerra, ad avviare la ricostruzione, ma non ne vide i frutti. A Parigi limitò i danni della punizione che i vincitori volevano infliggere all’Italia sconfitta, ma fu in ogni caso pesantemente attaccato. «Austriacante» era l’accusa più benevola che gli veniva rivolta e proprio dalla destra, ovvero dagli eredi politici di chi aveva dissennatamente condotto il Paese in guerra. Ancor oggi c’è chi pensa, sbagliando, che lui, trentino, abbia barattato l’Istria con il Sud Tirolo, senza pensare che la penisola veniva reclamata da uno Stato vittorioso, la Jugoslavia, spalleggiata dall’Unione Sovietica, mentre l’Alto Adige veniva rivendicato da un’Austria che non sedeva dalla parte dei vincitori.

Alcide De Gasperi nasce nel 1881 a Pieve Tesino, nella parte meridionale del Trentino asburgico, o Welschtirol (Tirolo italiano) come si chiamava in Austria. È figlio di un gendarme e questo farà sì che sia sempre guardato con qualche diffidenza dai bambini suoi coetanei e lui mantenga sempre un certo distacco. Non era un simpaticone, come testimonia il soprannome che gli venne dato: «Polenta fredda». Ma si impegna nelle organizzazioni cattoliche, a Trento sostiene dibattiti con Cesare Battisti, suo fiero avversario politico, e con Benito Mussolini, che è venuto a fare l’insegnante in territorio asburgico. Nel 1911 viene eletto per i Popolari deputato al parlamento di Vienna. Cercherà in tutti i modi di tenere l’Italia fuori dalla guerra e, dopo il 1915, si impegna per cercare di alleviare le sofferenze dei trentini di lingua italiana internati in durissimi campi di deportazione all’interno dell’Impero austroungarico. Il suo impegno politico viene stroncato dal fascismo che vede in lui un avversario formidabile. Sarà Mussolini in persona a scrivere «niente passaporto» a margine della domanda per il documento. E con l’accusa di tentato espatrio clandestino De Gasperi viene arrestato e processato dal regime.

Si rifugia in Vaticano dove viene impiegato nella Biblioteca vaticana e lì incontra un giovane popolare di nome Giulio Andreotti. Fonda la Democrazia cristiana, fonda il Comitato di liberazione nazionale (Cnl), la sua figura di antifascista è limpida e indiscutibile. Nella Roma liberata partecipa ai governi di unità nazionale fino a diventare egli stesso presidente del consiglio. Governa assieme ai comunisti di Palmiro Togliatti: uno dei suoi maggiori successi è il recepimento nell’articolo 7 della Costituzione del concordato tra Stato e Chiesa, firmato nel 1929 da Mussolini e dal cardinal Gasparri. I comunisti votano a favore e i Patti lateranensi vengono recepiti, nonostante la furiosa opposizione dei partiti laici. Tuttavia, quando la situazione internazionale lo richiede, scarica il Pci e vara i governi centristi e anche dopo le elezioni del 1948 e il trionfo democristiano continua a formare maggioranze con i partiti – ormai ridotti a partitelli – del centro laico.

Molti degli istituti che ai nostri giorni sono vituperati e dei quali si chiede a gran voce l’abolizione furono varati in quei giorni, il bicameralismo perfetto, per esempio, o tutti i mille contrappesi tra poteri, concepiti per impedire che a prendere il potere fosse un nuovo “uomo forte”. Il finanziamento pubblico dei partiti e un congruo compenso ai parlamentari servivano a impedire che la politica fosse riservata a una piccola minoranza di notabili, com’era avvenuto nell’Italia liberale ottocentesca. L’immunità parlamentare era tesa a evitare che deputati e senatori finissero in manette per aver svolto attività sgradite alla maggioranza. È Alcide De Gasperi a schierare l’Italia sulle posizioni in cui ancor oggi si trova, per esempio nell’Alleanza atlantica o nell’Unione europea, erede di quella Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) che lo statista trentino aveva contribuito a cofondare.
Sarà stato anche «austriacante», un «trentino prestato all’Italia», come lo denigravano i suoi avversari, ma oggi in una politica sguaiatamente urlata un po’ del suo rigore asburgico, della sua riservatezza, persino delle sua tristezza, servirebbero a ridare un po’ di fiducia nella classe politica e nel Paese.

Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti nel 1947

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter