Nell’autunno dello scontento che è in arrivo, con i dati che parlano di quasi altri 90 mila posti di lavoro persi da qui a fine anno e con la prospettiva del ritorno della recessione, ma questa volta con i governi che hanno finito le munizioni, la posta in gioco è alta ma le leadership occidentali sono o in crisi o inadeguate o entrambe. Eppure forse qualcosa si muove e anche se si tratta di movimenti tardivi, almeno sono, nella maggior parte dei casi, condivisibili.
Se si guarda al mondo cattolico, dopo l’affondo dell’Avvenire sulla manovra giustamente accusata di non fare nulla per la famiglia, la Cei è intervenuta con parole dure sull’evasione fiscale. Le cifre, dice il cardinale Bagnasco «sono impressionanti». Così nel disagio già palese dentro al Pdl per le misure approntate da Tremonti, il partito dei moderati si sente ancora una volta rimproverare per la sua assenza su temi caldi per il Vaticano, come famiglia e equità sociale.
Emma Marcegaglia, e con lei Confindustria, dice anche lei cose condivisibili se non già condivise. Che bisogna aumentare l’Iva, in Germania l’hanno fatto senza danni. Che bisogna aumentare l’età pensionabile, uno dei pochi provvedimenti di risanamento strutturale della finanza pubblica, che avrebbe anche un forte elemento di equità per le generazioni più giovani. Che la lotta all’evasione fiscale è più efficace con la riduzione dei «pagamenti in contante abbassando la soglia a 500 euro». Addirittura che «nell’ambito di una riforma fiscale complessiva dove si sposta la tassazione dalla persone alle cose, si può anche ragionare sulla tassazione dei grandi patrimoni» purché «non si tratti di una tantum». Marcegaglia si oppone anche alla farsa del contributo di solidarietà che non tocca i veri ricchi come abbiamo subito scritto anche noi, e con essa anche all’insensatezza di trasferire il Tfr in busta paga magari con una tassazione penalizzante per il contribuente e in un momento in cui il credito si fa ancora più difficile. La proposta sul Tfr viene quindi definita da Confindustria come «assolutamente sbagliata» con gran dispiacere dei commercianti già preoccupati per un eventuale rialzo dell’Iva.
Insomma, forse è solo lobbying ma almeno c’è anche un’idea di Paese ben più condivisibile di quella dipinta dalla manovra del governo con il suo martellamento fiscale sui dipendenti e la sua triste rassegnazione al presente. Poi, certo, ora bisogna vedere se anche la politica saprà migliorare la sua azione e se saprà farlo in tempi rapidi. Poi, certo, avessero tutti tenuto un atteggiamento meno appiattito su un governo che, con la sua inerzia, è riuscito a portarci sull’orlo del default, forse non ci troveremmo in questa situazione o magari sarebbe meno grave. Avessero tutti cantato meno in coro, avessero tutti tenuto una distanza più critica, magari non ci troveremmo ora in un sistema democratico dove il Parlamento deve rispondere prima ai creditori che a quegli elettori cui già di sé risponde poco o niente. Però, almeno, visto che nei mesi prossimi bisognerà anche porre le basi del Paese futuro e che lunedì si apre la discussione in Senato, almeno qualcosa, forse, si muove nella giusta direzione, lasciando un barlume di speranza nell’autunno del nostro scontento, barlume che solo l’inverno saprà dirci se sarà stato solo un abbaglio.