BRUXELLES – No, non era questo che si era immaginato il commissario agli Affari economici Olli Rehn quando, nell’ormai “lontano” 6 agosto aveva espresso a Silvio Berlusconi apprezzamento per le «coraggiose decisioni» annunciate dal governo. Allora il finlandese aveva chiesto «alle autorità di trasformarle rapidamente in misure concrete». Rehn aveva inoltre osservato che «data la gravità della situazione» il piano del governo «dovrebbe essere sostenuto da tutte le parti politiche». Parole cui ha fatto eco il 14 agosto il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy che in una telefonata a Silvio Berlusconi definiva le misure «opportune e rigorose».
E infatti eccoci al 29 agosto: dal grande annuncio del premier sono passate quattro settimane tra risse, bisticci, minacce e quant’altro, con una continua modifica delle misure annunciate, aumento Iva sì, anzi no, tassa ai ricchi no, sì, taglio agli enti locali, forse meno, eliminazione province e chi più ne ha più ne metta. Insomma, un caos collettivo. «Le decisioni di lunedì – commenta laconico il Wall Street Journal – indicano la terza volta quest’estate che il governo proclama misure di austerity, spingendo gli analisti a mettere in dubbia la sua credibilità».
Quel che osserva il quotidiano finanziario americano rispecchia ciò che si pensa a Bruxelles.
Ufficialmente, la Commissione Europea non si pronuncia, aspetta di vedere nero su bianco le proposte. Si sa però che i contatti, come ha spiegato lo stesso portavoce del commissario Rehn, Amadeu Altafaj, «sono quotidiani». Fuori dai denti e dietro le quinte il tono dei commenti che registriamo è questo: «Di fronte alla gravità della situazione – dicono fonti comunitarie – ci saremmo aspettati delle decisioni rapide e soprattutto chiarezza, perché questo vogliono i mercati. Un continuo cambio di misure annunciate e un continuo allungamento dei tempi vanno nella direzione opposta». Le fonti aggiungono lapidarie: «la risposta l’Italia l’avrà, se non dall’Ecofin informale a Breslavia (il 16 e 17 settembre n.d.r.), dai mercati». Bruxelles preoccupata? Risposta: «eccome».
E’ chiaro che a questo punto, di fronte allo stravolgimento delle misure, la Commissione dovrà provvedere a un riesame più o meno completo della manovra. Lo stesso ministero dell’Economia, solo qualche giorno fa, l’aveva del resto preannunciato. Una cosa è già chiara: i tecnici di Rehn storcono decisamente il naso di fronte a calcoli basati su entrate derivanti dal rafforzamento della lotta all’evasione, che dovrebbe sopperire al gettito che avrebbe portato la tassa ai superricchi, cancellata dal Cavaliere. «Come si è visto nel caso della Grecia – dicono fonti comunitarie – calcoli di questo genere sono aleatori, e dunque rischiosissimi e di conseguenze difficilmente affidabili». E difficilmente la Commissione si farà abbindolare da misure grottesche come l’eliminazione delle province per via Costituzionale (cioè alle calende greche) anziché di alcune immediatamente, per decreto.
Non c’è solo Bruxelles, d’altronde. C’è anche la Banca Centrale Europea, che finora ha salvato l’Italia e la Spagna con massicci acquisti di titoli di Stato dei due paesi (6,65 miliardi di euro solo la scorsa settimana). Chi si ricorda ancora della famosa lettera congiunta inviata un mese fa al governo di Roma dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet e dal suo successore in pectore Mario Draghi? I due avevano dettato misure chiare e precise, che, insieme alla pressante telefonata al Cavaliere della cancelliera Angela Merkel, avevano spinto il governo a presentare la nuova manovra che anticipa al 2013 il pareggio di bilancio. E proprio a nuove, chiare misure da parte italiana, Francoforte aveva legato il suo massiccio intervento.
«La Bce – avvertono fonti comunitarie a Bruxelles – non potrà continuare a lungo con gli acquisti di Btp, soprattutto se la manovra italiana non sarà convincente». Del resto Trichet ha già dovuto fronteggiare le pesantissime critiche del presidente tedesco Christian Wulff, proprio per l’acquisto di titoli di stati in crisi debitoria. Ieri, in un’audizione davanti al Parlamento Europeo, Trichet ha da un lato difeso la legittimità giuridica dell’operazione, dall’altro ha lanciato un chiaro avvertimento, il cui destinatario è chiarissimo: «gli acquisti (di titoli di Stato) sul mercato secondario – ha avvertito – non possono essere usati per aggirare il principio della disciplina di bilancio». Peccato invece che proprio il calo dello spread dei Btp con i Bund tedeschi – dovuto alla Bce – abbia indotto i nostri politici a perdere il senso d’urgenza e di rigore nella manovra. Il risveglio potrebbe essere davvero spiacevole.